22 Giugno 2018

“LE CITTA’ COME I SOGNI SONO FATTE DI DESIDERI E DI PAURE” … La Strada Parking di Pescara

La vicenda trentennale

Trent’anni fa la dismissione della vecchia linea ferroviaria che tagliava in due la città donò a Pescara un’opportunità meravigliosa: disporre del vecchio tracciato ferroviario per un utilizzo pubblico. La nuova strada che si venne a realizzare fu denominata “Via Castellamare Adriatico”, ma tutti la ribattezzarono “Strada Parco” per la rigogliosa presenza di piante ed alberi ai suoi lati, ma soprattutto per il ruolo identificativo che venne fin da subito ad assumere, diventando meta privilegiata di pedoni, ciclisti, anziani e bambini.  Come in una metamorfosi ovidiana la linea che divideva si stava trasformando nell’asse che unificava.

La vicenda si cominciò a complicare, quando nei primi anni novanta le amministrazioni comunali di Silvi, Città S. Angelo, Pescara e Francavilla ottennero un finanziamento di circa 60 miliardi di lire per la realizzazione di un sistema metropolitano di filobus pubblici su sede protetta e la Strada Parco fu individuata come possibile tracciato. È in quel momento che iniziarono le prime manifestazioni di dissenso da parte dei cittadini che in breve tempo si organizzarono in comitati allo scopo di opporsi al progetto. Il conseguimento del finanziamento e le successive modifiche al progetto originario, determinate in parte da oggettive condizioni di irrealizzabilità e in parte dalle proteste dei cittadini, diedero luogo ad una successione di scelte amministrative che alla prova dei fatti si sono rilevate inefficaci se non addirittura contraddittorie, prova ne sia che dopo trent’anni la questione della Strada Parco è ancora aperta.

Sarebbe interessante sgomberare il campo dai pregiudizi e analizzare scientificamente i motivi che hanno trasformato l’acquisizione di un finanziamento pubblico da un fattore di merito ad un problema collettivo, generando un forte effetto NIMBY e determinando un impasse politico che da allora è divenuto una costante spina nel fianco delle amministrazioni pubbliche di ogni colore che si sono succedute in città.  E’ come se il complesso iter amministrativo per l’ottenimento del finanziamento avesse gradualmente allontanato le soluzioni ideali (da un punto di vista sociale), dalle soluzioni possibili (da un punto di vista tecnico-politico), facendo rientrare questo caso di studio tra gli esempi poco virtuosi di utilizzo di fondi pubblici.

Oggigiorno le questioni sul tappeto sono almeno due: l’utilizzo della strada parco nell’immediato ed il suo ruolo nel sistema urbano di mobilità sostenibile nel medio-lungo periodo.

Strada Parking?…

Come ogni anno con la stagione estiva gli amministratori pubblici pescaresi sono chiamati a dare una risposta su come soddisfare la bulimia di parcheggi per raggiungere gli stabilimenti balneari soprattutto da parte dei residenti nella cintura collinare metropolitana.  L’amletico dubbio è sempre lo stesso: utilizzare o meno la strada parco come parcheggio estivo a pagamento.  I proprietari degli stabilimenti balneari spingono verso questa soluzione; i comitati della strada parco e le associazioni ambientalistiche si oppongono. Siccome ambedue le fazioni rappresentano bacini elettorali consistenti, gli amministratori non sanno che pesci prendere. Ed è proprio questo il punto: avere chiare le idee sul modello di città che si vuole perseguire.

E’ evidente che non ci possano essere soluzioni ottimali in assoluto, ma che la bontà delle decisioni sia in relazione alle priorità che si vogliono assumere.  Si ha come obiettivo facilitare l’accessibilità dell’auto privata ai principali poli di attrazione economica della città? Allora va bene la “strada parking”!  Si vuole perseguire un’idea di città ecosostenibile basata su un sistema di “soft mobility”? Allora le auto sulla strada parco non sono accettabili!  In ambedue le opzioni però bisogna comprendere bene vantaggi e svantaggi, progettare soluzioni sistematiche adeguate (a breve e a lungo termine) e operare uno sforzo comunicativo che possa far comprendere le strategie adottate contribuendo a modificare le abitudini e i comportamenti dei cittadini.  Ma soprattutto bisogna pensarci in tempo e non considerare il problema solo in fase emergenziale (che anche quest’anno sarebbe arrivata l’estate penso si potesse prevedere…!).

… No grazie!

La mia posizione personale sull’argomento, è netta: ritengo un errore trasformare la strada parco in un parcheggio, seppur temporaneo, perché significa non aver compreso l’enorme fortuna che ci è capitata a seguito della defunzionalizzazione del vecchio tracciato ferroviario.  Pescara e Montesilvano  grazie a quella dismissione si sono trovate in mano – come fosse piovuto dal cielo – un corridoio ecologico potenziale di livello internazionale paragonabile ad altri esempi di greenway europee.  Se si hanno esigenze, comprensibilissime, di aumentare la dotazione di parcheggi estivi per facilitare un bacino di utenza che va ad alimentare le attività economiche balneari, si possono mettere in campo soluzioni alternative.  Mi pare che alcune proposte in tal senso ci siano state, ad esempio quella di organizzare un servizio di bus navetta (meglio sarebbe se fossero elettrici e di piccole dimensioni… ma per adesso accontentiamoci!) che percorrendo la strada parco in un’unica direzione di marcia da sud a nord formino un anello con il lungomare collegando le spiagge ai parcheggi scambiatori (in primo luogo la aree di risulta della stazione, ma io direi anche i parcheggi delle Naiadi, quello della Stella Maris e del cinema multisala di Montesilvano, e forse anche altri).  Ci si potrebbe addirittura spingere oltre e dire che si potrebbe pensare che il senso unico di percorrenza dell’anello dei bus navetta potrebbe invertirsi nell’arco della giornata in ragione dell’origine-destinazione dei flussi di traffico, per aumentare la velocità commerciale del servizio… ma non esageriamo.  In ogni caso ciò consentirebbe alla strada parco di poter mantenere il suo ruolo primario di corridoio verde per pedoni e ciclisti garantendo al tempo stesso la possibilità di un trasporto pubblico adeguato e compatibile con le caratteristiche del tracciato.

Desideri e paure

Vi invito a seguirmi in un ragionamento.  La risposta tradizionale alla richiesta di migliorare l’accessibilità ai centri urbani è sempre stata l’aumento dell’offerta di infrastrutture:  più strade, più parcheggi.  In questo modo le politiche urbanistiche italiane hanno governato il boom economico del dopoguerra dando inizio alla stagione delle grandi opere infrastrutturali e dei grandi piani di espansione delle città.  Oggigiorno però le condizioni sono radicalmente cambiate e l’equazione “più infrastrutture = meno traffico” non torna più!  Ci si è resi conto che superata una certa soglia nell’utilizzo dell’auto privata, la necessità di infrastrutture non aumenta più in modo lineare, ma in modo esponenziale e quindi la corsa al soddisfacimento della domanda può diventare una corsa surreale che vede continuamente spostarsi in avanti la linea del traguardo.  In pratica una maggiore disponibilità di infrastrutture e di parcheggi induce un maggior utilizzo dell’auto privata: il gatto che si morde la coda!

La maggiore sensibilità verso le tematiche ecologico ambientali, la grande sfida alle cause dei cambiamenti climatici, i costi (non solo in termini economici) dei sistemi di mobilità tradizionale, hanno reso necessario un cambio di paradigma nei trasporti e nelle modalità di accesso della maggior parte delle capitali occidentali.  A Copenhagen, Amsterdam, Strasburgo i sistemi alternativi pubblici e privati per il tragitto casa-lavoro sono di gran lunga più diffusi dell’utilizzo dell’auto privata.  A nessun abitante di NY verrebbe in mente di andare a Manhattan in auto!  A Londra si progettano grattacieli come lo Shard di Renzo Piano che attraggono decine di migliaia di persone al giorno, ma non prevedono posti auto.

E’ ovvio che ciò sia possibile perché in queste città vi è un servizio pubblico di trasporto performante e vi sono reti ciclopedonali integrate che possono effettivamente considerarsi concorrenziali all’utilizzo del mezzo di trasporto privato.  Ma l’esperienza ci dice che questi modelli (che sono culturali prima ancora che infrastrutturali) saranno molto probabilmente adottati anche da noi: è solo una questione di tempo e di ricambio generazionale.  Perché ciò sia possibile è necessario però che fin da ora i  sistemi di trasporto pubblico siano incentivati e al tempo stesso sia disincentivato l’utilizzo dell’auto privata.  I comportamenti virtuosi devono essere indotti da politiche virtuose capaci di attenuare le iniziali resistenze al cambiamento insite nella natura umana attraverso alternative valide, strategie convincenti e campagne comunicative efficaci.

Insomma… anche in questo caso siamo chiamati ad un salto culturale, non certo indolore, rispetto a dei comportamenti consolidati.   Ma come scriveva Calvino “le città come i sogni sono fatte di desideri e di paure, che noi possiamo affrontare avendo ben chiara la meta da raggiungere!  E qui – ahimè – ritorniamo al punto di partenza: quale idea di città vogliamo perseguire?

Nell'immagine di copertina: la "strada parking" in versione estiva. Qui sopra la strada parco come si presenta normalmente.
La strada parco in una insolita veste invernale con la neve.
Il Messaggero 30.06.18
www.primadanoi.it - 25.06.18
FEATURED
12 Luglio 2025

IL FUTURO E’ GIA’ QUI: riflessioni sull’Intelligenza Artificiale applicata alle città

L’intelligenza artificiale sta ridisegnando le città. La sfida è culturale oltre che tecnologica.

Sono stato intervistato da TV6, dove ho presentato i mio libro “Hypercity: intelligenza artificiale e città del futuro” pubblicato da FrancoAngeli.

Nell’intervista abbiamo parlato di:

  • IA e trasformazioni urbane
  • Il rovescio della medaglia dell’IA
  • Le applicazioni IA alla scala locale

Ecco il video completo dell’intervista

3 Luglio 2025

ABBRACCI & BACI PARTY 2025 – TRA VINO, CUCINA E ARCHITETTURA

Chi segue questo blog sa che, di norma, lo utilizzo con misura, non pubblico molto e gli argomenti che tratto sono di norma (“noiosissimi”) legati al mio lavoro accademico, all’urbanistica e alle riflessioni che ne scaturiscono. Raramente mi concedo di deviare verso temi più leggeri.

Ebbene, questa è una di quelle rare eccezioni.
Perché quando si tratta della festa universitaria di fine corso, il mio blog diventa anche spazio di condivisione, di racconti e – perché no – di sano “cazzeggio”.

Un appuntamento diventato tradizione

Martedì 8 luglio 2025 con i colleghi Susanna Ferrini e Carlo Prati – che hanno tenuto il corso di Composizione Architettonica 2, mentre io mi sono occupato di Urbanistica 2 – ci ritroveremo insieme ai nostri 120 studenti per celebrare la fine di un biennio intenso, complesso ma, credo, anche fruttuoso.

Mi sento di dire che gli obiettivi formativi che ci eravamo dati sono stati raggiunti. Da parte di tutti – studenti e docenti – c’è stato impegno, serietà, fiducia reciproca. Abbiamo mantenuto il nostro tacito “Gentlemen’s Agreement”. E ora, è giusto festeggiare.

Abbracci & Baci Party 2025: tra cucina, vino e architettura”

La festa ha un ingrediente al centro dell’attenzione. Anzi, molti ingredienti: quelli del concorso eno-gastronomico “Studentesse e studenti ai fornelli”, un momento ormai iconico della nostra chiusura d’anno accademica.

Un’occasione per unire tre grandi passioni: la cucina, il vino e l’architettura. E per trasformare i Laboratori al piano terra del Polo Micara in un palcoscenico di sapori, ricette, storie della tradizione.

Tutti i nostri studenti sono invitati a partecipare! L’unica regola? Cucinare!

  • un piatto tipico della propria regione
  • un dolce della tradizione
  • oppure portare una bottiglia di vino locale (per i più prudenti ai fornelli)

Il piatto lo preparerete a casa e poi lo porterete in facoltà per il contest (e la degustazione). La giuria che valuterà tutte le proposte in gara, sarà composta da personaggi prestigiosi del mondo dell’enologia, della cucina, del giornalismo e un sindaco emerito: Manuela Corneli, Federico Cieri, Lilli Mandara e Marco Alessandrini.

Le categorie in concorso:

  • Originalità
  • Territorialità
  • Miglior dolce
  • Piatto migliore in assoluto
  • Miglio vino tipico in abbinamento ai piatti (nuova categoria 2025!)

Naturalmente, il concorso è aperto anche agli studenti Erasmus, che potranno farci scoprire qualcosa della loro cucina nazionale. Ogni piatto è benvenuto, l’unico limite: la commestibilità!  Chi non si sente adeguato sotto questo aspetto può chiedere aiuto in famiglia.

Ah, dimenticavo… chi non cucina, rassetta. Ma festeggia lo stesso!


PROGRAMMA – Martedì 8 luglio 2025 ore 12:30

Laboratori piano terra edificio Micara

12:00-12:30 – Allestimento aula e disposizione dei piatti
12:30 – Arrivo degli studenti dopo la proclamazione dei voti di Composizione
12:45-13:00 – Presentazione della Giuria
13:00-14:00 – Rassegna Culinaria Regionale “Studentesse e studenti ai fornelli”
14:00-14:30 – Saluti, abbracci, qualche lacrimuccia e… sistemazione finale dell’aula


#Abbracci&Baci2025 #StudenteAiFornelli #FestaUniversitaria #Architettura #FineAnnoAccademico #Urbanistica #Composizione #StudentLife #UdA

Il Messaggero 10.07.25
28 Giugno 2025

PROBLEMI E PROSPETTIVE DELL’UNIVERSITA’

Il 27 giugno a Napoli si è tenuta la Conferenza Universitaria Italiana di Architettura (CUIA) dove si riuniscono tutti i Direttori dei Dipartimenti di Architettura, Urbanistica e Design d’Italia per analizzare problemi e prospettive dell’Università italiana dal punto di vista delle discipline del progetto. Nel corso dell’evento è stato presentato il White Paper che contiene la posizione della CUIA  riferita alle prospettive delle tre missioni universitarie: didattica, ricerca e terza missione.  A me è stato affidato il compito di occuparmi di ricerca in questo particolare momento in cui le Università italiane si trovano tra l’incudine della riduzione dei finanziamenti pubblici e il martello di sistemi di valutazione sempre più farraginosi.

Di seguito il contenuto testuale del mio contributo.

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L’illustrazione dei contenuti del White Paper elaborato dalla CUIA e oggi messo a disposizione della comunità scientifica nazionale, inizia con il mio intervento. A me in particolare è stato affidato il compito riflettere sul tema della RICERCA.

Mi fa piacere incominciare questa mia relazione citando l’incipit del recente libro di Tomaso Montanari “Libera Università” edito da Einaudi: “Il momento non è qualunque“. Ed in effetti questo non è un momento qualunque, ma è un tempo che potremmo definire di crisi permanente – climatica, sociale, geopolitica, democratica –  in cui, inaspettatamente, l’Università è tornata al centro del dibattito politico mondiale.  Ma non per ciò che rappresenta o produce, ma per ciò che minaccia o smentisce!

In questi mesi i nostri campus sono stati in fermento. Studentesse e studenti, con a fianco i loro docenti, hanno messo in evidenza tematiche importanti: prima la questione climatica, poi il diritto allo studio, ora la pace minacciata dai folli venti di guerra di questi giorni. E’ un segnale potente, che ci ricorda quanto l’Università sia ancora percepita come luogo simbolico e concreto di elaborazione critica e di mobilitazione etica.

Contro questo risveglio si è alzato, tuttavia, un rigurgito populista e autoritario. In molte democrazie – più o meno consolidate – si sta registrando un attacco sistemico all’Università e alla sua autonomia. Negli Stati Uniti, con l’amministrazione Trump, si sta assistendo a un’esplicita delegittimazione delle istituzioni accademiche, accusate di “elitismo ideologico” e sottoposte a tagli ai finanziamenti, limitazioni ai visti per studenti stranieri e pressioni politiche. In Ungheria, il governo Orban ha imposto controlli sulle nomine accademiche e costretto, di fatto, molti docenti all’esilio. In Turchia, il presidente Erdogan ha operato trasferimenti di massa del corpo docente e imposto i Rettori in diverse Università.

Perché accade tutto questo?

La risposta è semplice, quanto drammatica: le Università danno fastidio.  Sono, per loro natura, luoghi della complessità, del pensiero critico, dove maturano riflessioni divergenti dal pensiero dominante.  In un tempo in cui si esige semplificazione, conformismo e luoghi comuni, il libero pensiero rappresenta un ostacolo. Nel nostro Paese, per fortuna, non si registrano – almeno finora – derive così eclatanti, ma sarebbe un grave errore cullarci in questa fragile normalità. L’Italia continua ad essere tra i Paesi europei che meno investono in istruzione universitaria: appena lo 0,6% del PIL, contro una media europea dell’1%.  E non è un dettaglio: è la misura di una disattenzione strutturale e prolungata nel tempo! Gli effetti sono noti: precarizzazione delle carriere, fuga dei cervelli, innalzamento dell’età media dei docenti, scarsa attrattività internazionale, limitata autonomia finanziaria.

Le Università, schiacciate tra la riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario e la crescente pressione dei sistemi valutativi sempre più farraginosi, si trovano costrette a operare scelte difficili: rallentamento del turn over, tagli interni anche per le attività ordinarie, aumento delle tasse universitarie. Oppure si vedono costrette a intraprendere l’opzione salvifica: la ricerca di fondi esterni.

E qui veniamo al tema centrale di questo mio intervento: il fundraising come necessità, ma anche ambiguità.

In tutti i Dipartimenti italiani si è ormai instaurata una vera e propria cultura del bando.  Non si tratta più solo di “eccellenza”: si tratta di “sopravvivenza”! La ricerca competitiva è diventata condizione necessaria non solo per finanziare progetti innovativi, ma anche per coprire le spese ordinarie come missioni, pubblicazioni, seminari, eventi, … In questo senso, la stagione dei finanziamenti straordinari – dal Next Generation EU al PNRR – ha rappresentato un’importante boccata d’ossigeno, ma ha condizionato pesantemente i comportamenti all’interno dei gruppi di ricerca.

Naturalmente non voglio dimenticare gli aspetti positivi che la ricerca competitiva porta con sè, oltre a quelli economici: migliora la capacità di lavorare in gruppo, di fare rete, aumenta il coinvolgimento dello staff amministrativo. Ma bisogna anche considerare che questo slancio verso il fundraising ha prodotto effetti collaterali importanti, che meritano la nostra attenzione critica.

Analizziamoli per punti.

  1. Ampliamento dei divari

Il primo effetto collaterale è l’accentuazione dei divari interni al sistema universitario:

  • Divari generazionali: i più giovani, nativi digitali e “nativi da bando”, si muovono con maggiore agilità nella progettazione competitiva. I colleghi più anziani, formatisi in un contesto differente, appaiono disorientati.
  • Divari geografici: le Università collocate in contesti territoriali forti, con economie dinamiche e reti consolidate, risultano più competitive rispetto a quelle del Centro-Sud.
  • Divari strutturali: alcune sedi riescono a fare della ricerca un pilastro identitario; altre, pur con ammirevole dignità e profonda dedizione, faticano a mantenere livelli adeguati di didattica. Questo riapre la discussione – mai neutra – sui modelli: teaching university vs research university.
  • Divari disciplinari: settori come medicina o ingegneria sono naturalmente predisposti alla raccolta di fondi esterni. Altri, come le scienze umane, risultano marginalizzati. Noi architetti ci troviamo in una posizione intermedia.
  1. Sovraccarichi di lavoro

La ricerca competitiva comporta fasi complesse: scouting dei bandi, formazione dei partenariati, scrittura progettuale, fino ad arrivare alla famigerata rendicontazione. Tutto questo grava non poco su un corpo docente già saturo di impegni in attività didattiche e scientifiche, ma anche su un personale tecnico-amministrativo spesso sottodimensionato, quasi sempre inadeguatamente formato (sono stati assunti con altre mansioni), e non di rado con età media prossima al pensionamento.

  1. Deriva aziendalistica

La logica del fundraising modifica, anche inconsapevolmente, le traiettorie di ricerca. Si orientano le scelte verso ciò che è finanziabile, non necessariamente verso ciò che è rilevante per l’avanzamento della conoscenza. I giovani ricercatori crescono in un sistema che li induce a selezionare temi spendibili. I bandi europei – quando virtuosi (e non sempre lo sono) – premiano sfide cruciali come la transizione ecologica, digitale, la coesione sociale. Ma in tanti casi, le agende dei finanziamenti sono dettate da logiche meno comprensibili, e l’attenzione viene posta più sulla tabella excel dei punteggi da raggiungere, piuttosto che sull’utilità scientifica o sociale della ricerca da applicare. Quante volte si sono ottenuti dei finanziamenti per la realizzazione di opere che si sono poi rivelate inutili se non addirittura dannose per gli stessi promotori (es. spese di gestione) o per i contesti urbani dove sono collocate?

Il rischio, dunque, quale è? L’abbandono dei temi non “bancabili”, semplicemente perché non hanno mercato. Lo sappiamo bene. Chi oggi finanzierebbe, ad esempio, una ricerca sulla suddivisione del comparto edificatorio nelle Norme Tecniche di Attuazione dei PRG? (non è una citazione a caso: è la mia tesi di dottorato!). Eppure, anche questi temi, apparentemente marginali, rappresentano un tassello fondamentale nella costruzione  del sapere.

Conclusione

Non voglio concludere dicendo che la ricerca di finanziamenti esterni a quelli ministeriali sia il male assoluto da cui doversi difendere, è evidente che non sia così. Io stesso, nel mio ruolo di Direttore di Dipartimento, incito i miei colleghi al fundraising. Ma non è accettabile neppure la narrazione secondo la quale sia la soluzione miracolosa a cui tutti noi dobbiamo immolarci! Serve un atteggiamento consapevole. Un atteggiamento che non rinunci alle opportunità della progettazione competitiva, ma che non dimentichi i suoi effetti distorsivi. Bisogna pretendere che l’Università venga sostenuta adeguatamente dai fondi pubblici e che il fundraising esterno sia una componente aggiuntiva e non predominante per il funzionamento della complessa macchina della ricerca universitaria. Non possiamo accontentarci dei Dipartimenti di Eccellenza, gli unici ad essere finanziati in modo strutturale per sostenere tutte le componenti della ricerca universitaria, e neppure possiamo affidarci solo alla selezione “darwiniana” della competizione tra le sedi o addirittura tra i settori disciplinari.

Dobbiamo difendere – e pretendere – un investimento strutturale diffuso nel sistema universitario. Non solo in termini economici, ma anche di visione: programmazione, reclutamento, supporto amministrativo, valorizzazione delle diversità disciplinari. Dobbiamo rivendicare, con forza, il ruolo dell’UNIVERSITA’ PUBBLICA come presidio di libertà. E non dobbiamo lasciarci ipnotizzare da quel “mantra” che ci viene continuamente ripetuto: “non ci sono risorse, dovete cercarvele fuori.”

Ok va bene lo faremo, ma ricordiamoci che questo è il modello anglosassone d’oltreoceano fondato su grandi fondazioni, alumni multimilionari, una connessione strettissima tra Università, industria e potere economico. Facciamo attenzione perché in questo momento in cui l’Occidente sembra orientarsi acriticamente verso un aumento imponente delle spese militari, non vorrei che ciò giustificasse – magari tra qualche tempo – da un lato il perpetuarsi delle ristrettezze del finanziamento pubblico, e dall’altra l’ineluttabilità della ricerca orientata sulle tematiche belliche, quelle sì lautamente finanziate dalle multinazionali della guerra (a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!).

Noi abbiamo una storia diversa!

Una storia che parla di sapere pubblico, di accessibilità, di pluralismo, di inclusione. Se esiste uno stile di vita europeo, molto si deve a questa matrice culturale, che è nata ed è stata custodita gelosamente proprio dalle nostre Università pubbliche.

A noi, dunque, il compito di continuare a difendere questo bene prezioso!

5 Giugno 2025

PROGETTO DI AMPLIAMENTO DEL CAMPUS DI PESCARA: TERZO INCONTRO CON GLI STAKEHOLDERS

Giovedì 5 giugno si è tenuto presso il Dipartimento di Architettura di Pescara il terzo incontro didattico di partecipazione con gli Stakeholders del progetto di ampliamento del Campus di Pescara.

L’incontro è servito per verificare lo stato di avanzamento delle idee progettuali in fase di elaborazione all’interno dei Laboratori di Laurea dove sono attualmente impegnati decine di studenti e docenti dell’area Politecnica dell’Università G. d’Annunzio.

L’incontro rappresenta un momento di confronto e di verifica intermedia all’interno del processo partecipativo “dal basso” che ha contraddistinto fin dall’inizio questo progetto di ampliamento della sede universitaria pescarese.

Sono stati presentati gli sviluppi progettuali work in progress dei Laboratori di Laurea sui singoli lotti funzionali individuati dal Masterplan presentato al pubblico il 2 dicembre 2024.

Sono state condivise con la comunità di esperti di settore, associazioni di categoria e del terzo settore, alcune intenzioni progettuali con l’obiettivo di ricevere consigli e
suggerimenti utili.

Tutto ciò ai fini di poter passare alle fasi successive: 1) l’ultimazione dei lavori dei
Laboratori di Laurea con le tesi di luglio (DdA); 2) la predisposizione del bando di gara per la realizzazione del primo lotto di ampliamento sulle aree di proprietà (UdA), sulla base delle indicazioni e dei requisiti progettuali emersi dai Laboratori di Laurea.

L’appuntamento del 5 giugno p.v. segna quindi un ulteriore importante passo nel progetto di riqualificazione urbana, che grazie al coinvolgimento attivo della comunità locale si conferma come un modello partecipativo efficace per costruire una visione condivisa di Cittadella Universitaria integrata con il tessuto urbano che sia quanto più possibile aderente alle esigenze e i desiderata dei futuri fruitori del progetto.

14 Maggio 2025

FIRMATO IL PROTOCOLLO DI INTESA TRA COMUNE DI PESCARA E DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA

Un passo che potrebbe essere importante verso una città più sostenibile.

Il Comune di Pescara e il Dipartimento di Architettura dell’Università hanno siglato un Protocollo d’intesa che sancisce la collaborazione su temi ambientali strategici, in linea con Green Deal europeo e Agenda 2030 dell’ONU.

Il Protocollo prevede la definizione di successivi accordi attuativi su azioni specifiche:
– riqualificazione dell’ambito fluviale
– qualità della fascia costiera
– mobilità sostenibile
– partecipazione pubblica nei processi decisionali

Il Dipartimento mette a disposizione della città le proprie competenze scientifiche e la spinta creativa di docenti, giovani ricercatori e studenti, collaborando con gli uffici comunali alla progettazione di un futuro più verde e inclusivo.

Un impegno che diventa ancora più significativo in vista delle scelte strategiche che si dovranno fare con la fusione tra Pescara, Montesilvano e Spoltore prevista per il 2027.

Questo per noi è il senso profondo del concetto di “Città Universitaria“, molte volte evocato, ma che ha stentato ad affermarsi: un luogo in cui ricerca, pensiero critico e azione concreta si incontrano per costruire il bene comune.

Sarà la volta buona?  Noi ci vogliamo credere!

Il Centro 15.05.25
Il Messaggero 15.05.25
Il Pescara 15.05.25
Pescara News 15.05.25
Abruzzo Live 15.05.25
18 Gennaio 2025

DECRETO SVILUPPO E VALIGIA DELLE INDIE

Stimolato dalle domande di Paolo Mastri del Messaggero mi sono ritrovato a riflettere su due argomenti apparentemente distanti tra loro: gli esiti della recente Sentenza del Consiglio di Stato sul Decreto Sviluppo e la vicenda della “Valigia delle Indie”.  Ne è uscita fuori un’intervista che vale la pena che vi racconti, perché forse qualcuno può essere incuriosito dalle due storie: una intricata, l’altra intrigante.

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[PM] – Professore a suo parere dopo la recente sentenza del Consiglio di Stato sul Decreto sviluppo, esiste un rischio “paralisi edilizia”? Come potrebbe uscirne il Comune bilanciando incentivi alla rigenerazione urbana e tutela delle aree già densamente urbanizzate? 

In effetti la recente Sentenza del Consiglio di Stato, ribadisce quanto già espresso dal TAR a maggio, e cioè che il Decreto Sviluppo e i relativi incentivi volumetrici nelle operazioni di demolizione-ricostruzione, devono essere applicati solo in presenza di particolari condizioni di degrado del contesto urbano, e non in modo diffuso allo scopo di rinnovare il patrimonio edilizio. Ricordiamoci che in Abruzzo agli incentivi volumetrici del Decreto Sviluppo si vanno a sommare quelli della Legge regionale del 2012 arrivando alla possibilità di sfiorare il doppio della volumetria di partenza. Incentivare la rigenerazione urbana attraverso operazioni di demo-ricostruzione è corretto, non fosse altro che per scongiurare nuovo consumo di suolo, ma le percentuali massime degli incentivi devono essere consentite solo in casi eccezionali dove è effettivamente necessario e a determinate condizioni. Ci sarà un effetto paralisi dopo la Sentenza? Non le so dire anche perché le confesso di non sapere quanti altri cantieri o progetti simili a quello di via Oberdan oggetto della sentenza ci sono in questo momento in città.  Certo è che gli operatori del settore, ma direi i cittadini tutti, hanno necessità che venga fatta chiarezza su una questione oggettivamente ingarbugliata. Cosa si potrebbe fare? Credo che il Sindaco abbia dato una delega specifica a Marcello Antonelli e questo è un primo passo importate, dato che l’ex assessore all’urbanistica ha certamente le competenze tecniche per occuparsi della questione. Quello che mi auspico è che, seguendo l’esempio di altre Regioni e altre città, si avvii una perimetrazione accurata degli ambiti di rigenerazione urbana, basandosi su analisi e parametri oggettivi, magari distinguendoli per diverse soglie di premialità. E soprattutto che si leghi la possibilità di utilizzo delle percentuali massime degli incrementi volumetrici al raggiungimento di obiettivi che corrispondano a bisogni della collettività, come l’incremento degli spazi pubblici, i servizi collettivi e la sostenibilità ambientale o sociale.  Non credo che il problema siano solo le percentuali degli incrementi perché anche un 10% potrebbe essere devastante se applicato male nella zona sbagliata, mentre un incremento anche del doppio rispetto al volume di partenza potrebbe essere idoneo se utilizzato per raggiungere obiettivi di pubblico interesse, con un buon progetto, in una zona correttamente individuata.  Come sempre è un discorso legato alla “qualità” della pianificazione urbanistica e del progetto architettonico.

[PM] – Cambiando argomento, dal punto di vista urbanistico quali sono i valori del tessuto edilizio intorno alla stazione di Porta Nuova in cui spicca l’edificio dell’ex Grand Hotel?

Forse perché sono oriundo genovese, forse perché dirigo il Dipartimento di Architettura, spesso mi si chiede un giudizio di valore sulla “bellezza” di Pescara. Di solito rispondo che il concetto di bellezza in Architettura, soprattutto se lo riferisce ad una città italiana, lo si lega principalmente ai centri storici: i borghi medievali toscani, piuttosto che le città rinascimentali padane, o le grandi capitali barocche del centro meridione, etc.  Da questo punto di vista è evidente che Pescara paghi lo scotto di essere una città giovanissima. Ma questo non significa che Pescara non abbia una sua storia, e che alcuni aspetti di questa sua storia siano particolarmente “intriganti”. Nella zona della stazione di Porta Nuova ci sono alcune testimonianze architettoniche del primo Novecento molto interessanti, che per altro la Soprintendenza ha già individuato come meritevoli di tutela: innanzitutto il Grand Hotel, di cui meritoriamente il Messaggero si è occupato nei giorni scorsi, e poi Palazzo Perenich, il Museo dell’Ottocento (ex Banca d’Italia), il Teatro Michetti, Villino Bucco ed altri edifici storici.

[PM] – Oltre agli edifici vincolati quali sono gli altri elementi di pregio architettonico in questa zona?

C’è un insieme di edifici che pur non essendo sottoposti direttamente al vincolo storico-architettonico, contribuiscono a creare un tessuto urbano omogeneo tipicamente novecentesco. Hanno elementi stilistici che li rendono facilmente individuabili: il numero dei piani fuori terra, di solito due/tre; le cornici marcapiano, le volute e i rilievi delle facciate; i balconcini con balaustre, le ringhiere in ferro battuto, il rapporto pieni/vuoti, etc.  Poi le strade di accesso, ampie e quasi sempre alberate. Insomma, un piccolo pezzo di città novecentesca molto gradevole.

[PM] – La facciata della stazione di Portanuova, che insieme all’ex Grand Hotel conserva la memoria dell’epopea della “Valigia delle Indie”, fu salvata dalla demolizione durante i lavori di ammodernamento dello scalo: è sufficiente questa citazione o si poteva fare di più?

Lei fa riferimento ad una storia, quella della Valigia delle Indie, che è la ragione per cui io prima ho utilizzato l’aggettivo “intrigante” riferito alla città di Pescara.  E’ una storia che già dal nome esprime tutto il suo fascino. Fine Ottocento-inizio Novecento, fase matura dell’impero coloniale inglese, un periodo di relativa pace in Europa e nel mondo, prima del caos della guerra mondiale. L’India, il territorio più prezioso e popoloso dell’impero, che necessita di essere collegata con un servizio postale moderno ed efficiente capace di trasportare, oltre alla posta e ai giornali, anche alti funzionari e ricchi viaggiatori. Il canale di Suez appena inaugurato che consente di non dover più circumnavigare l’Africa. Il viaggio da Londra a Bombay, che alterna il treno con la nave, diventa un cult per la ricca borghesia europea, l’equivalente dell’altro viaggio mitico, l’Orient Express Parigi-Istanbul. Questo straordinario percorso internazionale, denominato per l’appunto “Valigia delle Indie”, prima di arrivare a Brindisi per l’imbarco su un piroscafo verso Port Said, fa tappa a… Castellamare Adriatico! E proprio li, di fronte alla stazione, i viaggiatori si trovano ad accoglierli il modernissimo Grand Hotel. Questa storia penso sia sufficiente a far capire come questa parte di città conservi le vestigia del suo passato, al pari di altre zone come la pineta dannunziana con le sue ville liberty, o la parte centrale con gli edifici pubblici del ventennio intorno a Piazza Italia.

[PM] – L’esempio della tutela diffusa nella zona Aurum-Pineta secondo lei sarebbe quindi replicabile anche nel cuore della Porta Nuova novecentesca?

Probabilmente il vincolo puntuale che la Soprintendenza ha posto su alcuni edifici non è ancora sufficiente a garantire la tenuta dell’omogeneità novecentesca di questa parte di città. Le faccio un esempio. Proprio dietro il Grand Hotel su via Orazio, una strada con edifici dall’impronta novecentesca con quelle caratteristiche stilistiche che abbiamo descritto prima, sorge un palazzo moderno, un bel palazzo con una facciata in vetro.  Dal punto di vista del progetto architettonico nulla da dire, ma dal punto di vista dell’inserimento urbanistico, quell’edificio risulta essere in evidente contrasto con il contesto urbano. Se pensiamo alle recenti normative urbanistiche nazionali e regionali di cui abbiamo parlato all’inizio, che incentivano la demolizione e ricostruzione con premi volumetrici anche consistenti, è chiaro che il rischio di perdere il valore identitario di alcune zone fragili esiste eccome! So che è difficile trovare il punto di equilibrio tra esigenze di conservazione della memoria storica e incentivi al rinnovo del patrimonio edilizio, ma ci sono alcune scelte che devono essere fatte. Una città come Pescara, così proiettata verso il futuro, se vuole conservare il suo fascino deve custodire gelosamente le testimonianze urbane e le storie che raccontano del suo passato e certamente la storia delle Valigia delle Indie, è  – come detto  – una fra le più “intriganti”.

Il Messaggero 18.01.25
Il tracciato della Valigia delle Indie
Porto di Brindisi sbarco della Valigia delle Indie
La Valigia delle Indie nella stazione di Castellamare adriatico
Vagone ristorante del treno Calais-Brindisi (Valigia delle Indie)
1890 manifesto del treno Peninsular Express (Valigia delle Indie)
L'ex “Grand Hotel” di Pescara, oggi in vendita
23 Dicembre 2024

HYPERCITY: INTELLIGENZA ARTIFICIALE E CITTA’ DEL FUTURO

E’ uscito nelle librerie di tutta Italia il mio ultimo libro: HYPERCITY intelligenza artificiale e città del futuro.

Si tratta di un lavoro che mi ha impegnato per quasi due anni e che nasce dall’interesse verso alcune delle sfide globali che il XXI secolo sta affrontando: l’adattamento ai cambiamenti climatici e le applicazioni (ma anche le implicazioni) dell’intelligenza artificiale nella città del futuro.

Una delle immagini chiave che il libro introduce è quella di “Hypercity”, un’evoluzione della Smart City in cui l’intelligenza artificiale integrata nei sistemi urbani, interagisce con le dinamiche sociali, economiche e ambientali, avendone la capacità di condizionarle.

Quello che stiamo vivendo è solo l’inizio di un percorso.  Gli algoritmi generativi alla base dell’IA sono stati introdotti da pochi anni e il ritmo del progresso tecnologico, con la sua curva di crescita esponenziale, rende difficile prevedere gli sviluppi a lungo termine.

Questa rapida evoluzione, se da un lato è entusiasmante, dall’altro genera incertezza e preoccupazione, poiché la capacità umana di comprendere e gestire tali fenomeni fatica a tenere il passo dell’innovazione tecnologica.

L’obiettivo del libro è quindi analizzare il presente, con le sue opportunità e i suoi rischi, ma soprattutto delineare un futuro in cui l’intelligenza artificiale possa essere impiegata per rendere le città più efficienti e inclusive, promuovendo un rapporto più armonioso tra uomo, tecnologia e natura.

Ci riusciremo?

Beh… vi invito a leggere il libro!

Per saperne di più o acquistare il libro potete cliccare sull'immagine qui sopra
30 Novembre 2024

SUMMER SCHOOL 2024: MASTER PLAN CAMPUS PINDARO

Il 2 dicembre presso l’Aurum di Pescara sono stati presentati i risultati della Summer School 2024 del Dipartimento di Architettura di Pescara, un workshop di 12 giorni full immersion che quest’anno è coinciso con i programmi d’interscambio europei (BIP) e ha visto la partecipazione di circa 200 studenti provenienti da 15 atenei di 12 paesi europei.

L’oggetto dell’esercitazione progettuale è stato l’ampliamento del Campus universitario pescarese, che interessa diverse aree di proprietà pubblica che si affacciano su viale Pindaro. Il programma e la locandina dell’evento si possono scaricare di seguito.

La Summer School è stata il primo contributo dei Dipartimenti Politecnici (Architettura e InGeo) al progetto di ampliamento, ed è servita a elaborare una visione complessiva, il masterplan.

L’impegno dei Dipartimento Politecnici pescaresi proseguirà con il secondo contributo, i laboratori multidisciplinari di laurea appena iniziati, che si concluderanno con le tesi della sessione estiva 2025 (aprile-luglio).

I laboratori di laurea approfondiranno i progetti sui singoli lotti funzionali individuati dal masterplan, e consegneranno al nostro Ateneo il materiale propedeutico che gli consentirà di dare avvio alla successiva fase attuativa, la predisposizione dei bandi di gara per il Progetto di Fattibilità Tecnico Economica previsto dal Codice degli appalti.

Si inizierà dalle aree di nostra proprietà alle spalle del Polo Pindaro dove il masterplan prevede l’edificio della Scuola Politecnica (aule, uffici, laboratori), l’aula magna, la biblioteca centrale del Campus, gli spazi di relazione pubblici, le piazze e le aree verdi.

Oltre alle aree di proprietà dell’Università, il masterplan estende il proprio interesse anche ad altre aree pubbliche, in particolare quelle della ex Caserma Di Cocco (proprietà del Ministero della Difesa) e quelle della Caserma dei Vigili del Fuoco (proprietà Demanio dello Stato).

E’ chiaro che il processo di ampliamento dell’Università su queste aree, soprattutto quella dei VV.FF., ha tempi dilatati perché è necessario prima individuare una delocalizzazione adeguata e soprattutto provvedere a realizzare la nuova caserma.  Si parla quindi di anni, ma è importante fin d’ora sottolineare l’importanza che queste strutture hanno nel progetto complessivo di ampliamento dell’Università.

In quelle aree il Masterplan localizza alcune strutture indispensabili per conferire competitività all’Università pescarese: la casa dello studente con annessa foresteria, nella caserma dei VV.FF., e l’incubatore di impresa per start up e spin off, nella ex caserma Di Cocco e nel parco retrostante (che naturalmente resterebbe di uso pubblico).

E’ nostra convinzione, che nel pieno rispetto delle esigenze operative delle attuali caserme e con i tempi necessari affinché le delocalizzazioni effettivamente rappresentino un valore aggiunto per la loro funzionalità, se si impedisse all’Università di espandersi sull’area delle caserme di viale Pindaro, si compirebbe un duplice errore.

In primo luogo, si ridimensionerebbe l’idea di “cittadella universitaria aperta alla città”, che renderebbe maggiormente competitiva l’Università e rilancerebbe tutta l’area di Porta Nuova.

In secondo luogo, i primi ad essere penalizzati dalla localizzazione attuale, sarebbero proprio i Vigili del Fuoco perché in una città di 120mila abitanti (che per altro sta apprestando a fondersi con due città confinanti), su cui giornalmente ne gravita il triplo, la caserma dei VV.FF. deve essere posta in una posizione baricentrica e soprattutto in diretta connessione con gli svincoli della viabilità veloce.

L’area di Viale Pindaro non ha questi requisiti, anzi ha un ulteriore “problema” rappresentato dai flussi lenti degli studenti che si muovono prevalentemente a piedi, in bicicletta o col mezzo pubblico, che conferiscono all’intera zona una forte propensione verso la pedonalizzazione o quantomeno la limitazione delle velocità di transito (zona 30). Che non sono esattamente le caratteristiche che dovrebbero avere le strade di accesso dei veicoli dei VV.FF.

Se si confermasse la presenza delle caserme nella zona universitaria di viale Pindaro anche nel futuro, si ripeterebbe una situazione che la città ha già subito anni or sono quando si è vista precludere la permeabilità, visiva e funzionale, verso il porto turistico dall’edificio della Guardia di Finanza: del tutto legittimo dal punto di vista delle procedure amministrative, del tutto “insensato” dal punto di vista delle strategie urbanistiche!

Tornando al contributo dei Dipartimenti Politecnici UdA al progetto di ampliamento del Campus di Pescara, possiamo dire che è un’esperienza unica nel suo genere nel panorama nazionale: l’Università che, avendo esigenza di ampliare le proprie strutture, dà vita ad un processo partecipativo “dal basso” coinvolgendo centinaia di persone: decisori pubblici, esperti di settore, portatori di interesse, associazioni di categoria e del terzo settore, l’intera comunità di docenti, studenti e amministrativi.

Un vero e proprio “laboratorio di progettazione partecipata” che vede protagonisti gli stessi fruitori del progetto.

Si tratta – come è evidente – di un’esperienza didattica, che però può dare un apporto fattivo non solo alla comunità accademica, ma a tutta la città contribuendo a dare forma a quell’idea di Cittadella universitaria aperta alla città che tutti noi, da tempo, auspichiamo.

Dal punto di vista delle politiche universitarie pescaresi questo progetto rappresenta una svolta epocale. Dopo decenni di interminabili discussioni accademiche, di “stop and go”, di “allettanti” soluzioni alternative, che di fatto hanno bloccato lo sviluppo dell’Università per molti anni, finalmente la comunità accademica si è trovata d’accordo sul progetto di ampliamento che conferma la vocazione universitaria di questa parte di città. E di questo dobbiamo rendere merito al nuovo Rettore.

Io mi auguro che grazie a questa metodologia di “coinvolgimento dal basso”, vedremo crescere intorno a noi una comunità non solo di studenti e di docenti, ma di residenti, di associazioni, di imprenditori, di commercianti, di professionisti… che si innamora di questo progetto, lo prende a cuore e lo fa suo, avendone intuito l’importanza strategica per l’Università, ma soprattutto per la città!

I diversi lotti funzionali previsti dal masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara
Il masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara. 1 viale Pindaro; 2 strada verde; 3 fermata FS; 4 Parco Di Cocco; 5 Casa dello studente e foresteria; 6 Scuola Politecnica; 7 Laboratori; 8 Biblioteca e aula magna
Le tavole esposte alla mostra del masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara
Alcune immagini tratte dalla mostra del masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara
Il Messaggero 03.12.24
Il Centro 03.12.24
Il Pescara 16.12.24
Il Messaggero 19.12.24
15 Novembre 2024

GLORIOSO PASSATO E INCERTO FUTURO DELL’EX CEMENTIFICIO DI PESCARA

Colgo l’occasione della presentazione dello straordinario reportage fotografico di Luciano D’Angelo che verrà presentato in anteprima il 26 novembre 2024 presso il Dipartimento di Architettura di Pescara, per fare una breve riflessione sul futuro dell’ex cementificio di via Raiale a Pescara.

Costruito negli anni Cinquanta in prossimità delle sponde del fiume, è stato al tempo stesso testimone e protagonista della crescita della città adriatica, rappresentando non solo un simbolo dello sviluppo edilizio di quegli anni, ma anche un elemento fondamentale per l’occupazione locale.

La vita produttiva dell’impianto ha cominciato a indebolirsi con la fine della fase di espansione della città, quando dal mercato edilizio è venuta meno la richiesta di cemento da costruzione, ma soprattutto quando sono cominciati a manifestarsi i primi segnali di incompatibilità del cementificio con il tessuto urbano circostante ed i suoi abitanti. Se negli anni del boom economico si era disposti a sacrificare sull’altare dello sviluppo e dell’occupazione le più elementari precauzioni ambientali, venuta meno la fase propulsiva del secolo scorso con la sua contropartita sociale, in tutta Italia incomincia un lento, ma inesorabile processo di dismissione e delocalizzazione dei grandi impianti industriali, che nati ai margini delle città, nel frattempo erano stati inglobati dall’espansione dei tessuti urbani. Ed è così anche per il cementificio di Pescara, che una decina di anni fa è stato dismesso.

La peculiarità di questa struttura consiste in almeno un paio di fattori.

Il primo è legato al luogo dove sorge, a fianco del fiume, lungo il cannocchiale prospettico che collega il mare con la montagna madre, la Majella.  Questo luogo, già di per sé così ricco di significati identitari, è poi entrato nella memoria collettiva dei pescaresi anche in ragione del fatto che è lambito dall’asse attrezzato, e di fatto costituisce una sorta di porta di ingresso della città varcata ogni giorno da decine di migliaia automobilisti.   Una città che, è bene ricordarlo, è certamente giovanissima, se paragonata ai centri storici millenari italiani, ma non per questo priva di segni della sua storia.  E il cementificio, con i suoi fuori scala, con i suoi impianti tecnologici, con le sue ambientazioni post-industriali, come magistralmente ci illustrano le immagini di Luciano D’Angelo, è certamente un luogo della memoria che ci restituisce una connotazione identitaria molto marcata e di grande significato.

Come sappiamo, la conoscenza dei luoghi è legata anche alle velocità di percorrenza.

Se attraversiamo lo stesso territorio con diversi mezzi di locomozione (in auto, in bicicletta, a piedi) le sensazioni che proviamo sono diverse.  Nel caso del cementificio di via Raiale, tutti noi abbiamo una consolidata percezione visuale del luogo visto dall’asse attrezzato alla velocità dell’automobile: i grandi serbatoi che piano piano si avvicinano; l’improvviso fuori scala degli edifici che ci sovrastano quando, subito dopo la curva, passiamo a fianco delle strutture industriali; l’imponenza del groviglio degli impianti tecnologici che per un attimo ci rimanda al suo glorioso passato.  Il tutto si consuma in pochi secondi.

Quasi nessuno di noi ha idea di che sensazioni si provino entrando a piedi nel micromondo della struttura abbandonata: l’atmosfera intrisa di storia industriale, gli scorci visuali tra i giganteschi impianti e gli skyline delle montagne, i silenzi surreali di un luogo circondato dai rumori, le atmosfere cangianti al mutare della luce del sole.  L’immaginazione ci fa rivedere su quel palcoscenico i suoi protagonisti di un tempo: le maestranze che mettevano in scena ogni giorno la rappresentazione della vita di un Italia, orgogliosa ed entusiasta, che stava uscendo dalle macerie della guerra per andare incontro al suo futuro.  I magnifici ritratti di D’Angelo degli ex operai ripresi nei luoghi del loro lavoro, esprimono esattamente queste emozioni.

Ora è il momento di pensare al futuro.

È chiaro che l’ex cementificio debba essere destinato a funzioni compatibili con il luogo dove sorge e che queste debbano avere come prerogativa primaria il servizio pubblico o di uso pubblico.  Ma per il rispetto del significato di quell’impianto per la città, ciò deve avvenire preservandone la memoria storica.  Un’operazione di completa demolizione-ricostruzione che cancelli del tutto il valore testimoniale del sito, sarebbe un’interpretazione riduttiva del contesto storico, ambientale e sociale.

In Europa sono molti gli esempi di ristrutturazione e rifunzionalizzazioni di impianti produttivi dismessi, anche ex cementifici, che nel pieno rispetto delle nuove necessità recuperano le vecchie strutture industriali con sapienti trasformazioni architettoniche che le restituiscono a nuova vita.

Ne sono una dimostrazione le architetture post-industriali di Esch, città nel cuore del bacino minerario del Sud del Lussemburgo un tempo meta dei migranti di tutta Europa, oggi scelta per ospitare gli eventi legati alla capitale europea della cultura 2022. Ma si possono citare anche la casa-studio di Ricardo Bofill, un intervento iniziato negli anni ’70, che ha trasformato, attraverso demolizioni chirurgiche e rifunzionalizzazioni mirate, gli impianti dell’ex cementificio di Barcellona in uno spazio scultoreo in continua evoluzione. Oppure l’ex cementificio West Bund a Shanghai che diventerà un quartiere culturale e ricreativo grazie al progetto conservativo di MVRDV.

Insomma… grazie a Luciano D’Angelo e al suo enorme lavoro, abbiamo elementi su cui riflettere.

Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
28 Settembre 2024

SPOILER: LE PRIME IMMAGINI DEL NUOVO CAMPUS PINDARO

Si è appena conclusa la Summer School 2024 del Dipartimento di Architettura di Pescara, che quest’anno è coincisa con i Blended Intensive Programme (BIP) e il progetto europeo Ex Mind. Un totale di circa 200 studenti provenienti da 15 Università straniere di 12 Paesi europei*.

Una bella atmosfera universitaria che ha pervaso di energia positiva il Polo Pindaro per 12 giorni full immersion.

I lavori della Summer School, primo step del contributo dei Dipartimenti politecnici UdA al progetto di ampliamento del Campus di Pescara, saranno presentati al pubblico il 2 dicembre 2024 all’Aurum, dove mostreremo per la prima volta il Master Plan della nuova Cittadella universitaria che stiamo progettando**.

Intanto vi “spoilero” alcune immagini del progetto di riqualificazione degli spazi esterni del vecchio Polo Pindaro, l’attuale sede universitaria, elaborati all’interno dei Laboratori di laurea dello scorso anno***.

Per vedere invece il Master Plan dell’ampliamento del Campus, elaborato all’interno dell’esperienza didattica della Summer School di quest’anno, dovete aspettare l’evento di dicembre.

Il secondo step saranno i Laboratori di laurea, appena iniziati, che ci attendiamo portino le prime tesi per la sessione estiva 2025 ad aprile, tutte le altre a luglio. In quelle date saremo in grado di consegnare al nostro Ateneo i progetti di dettaglio di ogni lotto funzionale e i relativi costi, propedeutici all’avvio delle successive fasi realizzative.

I lotti funzionali sui quali interverranno le tesi sono:

  1. ristrutturazione del vecchio Pindaro e dei suoi spazi aperti (quelli “spoilerati” oggi);
  2. nuovi edifici per i Dipartimenti politecnici nelle aree di proprietà UdA sul retro del Polo attuale;
  3. nuova Biblioteca e nuova Aula magna nelle aree di proprietà UdA sul retro del Polo attuale;
  4. casa dello studente, foresteria e servizi per gli studenti nell’area della caserma dei Vigili del Fuoco;
  5. nuovi uffici nell’edificio ex Caserma di Cocco e rigenerazione del Parco pubblico con infoltimento della vegetazione attuale e nuovi impianti sportivi all’aperto;
  6. rete degli spazi pubblici di connessione della Cittadella universitaria con il tessuto urbano esistente e nuova stazione ferroviaria;

Un progetto didattico ambizioso, che vedrà la compartecipazione di molti attori e che potrebbe dare origine ad un importante processo di rigenerazione urbana di questa parte di città.  Un progetto complesso che si dovrebbe realizzare per fasi attuative pluriennali: la prima è quella in corso della riqualificazione degli spazi aperti del vecchio Pindaro.  Poi la ristrutturazione dell’edificio esistente e la realizzazione dei nuovi edifici, delle piazze e degli spazi verdi sulle aree retrostanti. L’ultima fase dovrebbe essere la casa dello studente e la foresteria nell’area attualmente occupata dai VV.FF., perché si dovrebbe prima provvedere a trovare una localizzazione per i vigili del fuoco e realizzare la nuova caserma.

Il Master Plan ha di conseguenza una dimensione temporale di lungo periodo, un iter di realizzazione che si protrarrà negli anni, e che certamente sarà costellato di difficoltà di ogni tipo, a cominciare dalle coperture finanziarie, dalla disponibilità delle aree delle caserme e dalle decine di complicazioni tecniche, amministrative, politiche, che certamente incontreremo.

Ma questo progetto rappresenta una svolta epocale nelle politiche universitarie pescaresi. Dopo decenni di interminabili discussioni accademiche, di “stop and go”, di “allettanti” soluzioni alternative, che hanno di fatto bloccato lo sviluppo dell’Università pescarese, finalmente la comunità accademica si è trovata d’accordo sul progetto di ampliamento che conferma la vocazione di Cittadella universitaria aperta, di questa parte di città. Se siete interessati a conoscere la storia di questo complesso processo potete cliccare questo link.

Siamo quindi consapevoli delle problematicità che ci attendono, ma siamo determinati come mai nel volerle affrontare!

Vediamo all’orizzonte quello che è stato per anni il sogno di alcuni visionari, e che ora grazie alla nuova governance può diventare una stupenda realtà collettiva per conferire all’Università G. d’Annunzio e alla città di Pescara la competitività che meritano nel panorama nazionale, dove non è più sufficiente la qualità della didattica e il valore della ricerca, ma diventa sempre più necessaria anche l’attrattività della sede universitaria e i servizi che vengono offerti agli studenti, dall’Università e dalla città.

Se siete interessati a questa esperienza didattica di “sviluppo dal basso” (gli anglosassoni lo definirebbero bottom up), che può diventare un modello di progettazione partecipata di un moderno campus universitario aperto alla città, rimanete in contatto con noi. Saremmo davvero felici di veder crescere una comunità non solo di studenti e di docenti, ma di residenti, di associazioni, di imprenditori, di commercianti, di professionisti,… che prende a cuore questo progetto capendone l’importanza strategica per l’Università, ma soprattutto per la città!

Vi aspettiamo all’Aurum il 2 dicembre, intanto godetevi queste prime immagini “spoilerate”…

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Credits:

* I BIP ed Ex Mind sono stati coordinati dai proff. Pignatti, Angrilli, Potenza, Gruosso, Mastrolonardo, Angelucci e Camiz, con la collaborazione dei dottorandi Morelli, D’Ignazio, Di Cinzio e Ciuffreda.

** La Summer School 2024 è stata coordinata dai proff. Bilò, Clemente e Misino, con la collaborazione dei dottorandi Costantino, Gabriele, Nanni e Almonti.

*** Le immagini dei progetti presenti in questo articolo sono tratte dal Laboratorio di laurea 2023 coordinato dai proff. Calabrese, Basti, Montelpare; laureati sessione estiva 2023-24 archh. Marzi, Giancola, Di Giambattista, Carbone, Remigio, Giannotta; borsisti Melideo, Mora, Sammartino, Gregori.

PS: Cliccando sulle immagini dei progetti si possono ingrandire per meglio evidenziare la comparazione con lo stato di fatto, riportato in alto a destra.

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Vecchio Pindaro ristrutturato: confronto stato di fatto e progetto
Ingresso lato Architettura: confronto stato di fatto e progetto
Corridoio esterno di collegamento: confronto stato di fatto e progetto
Corridoio esterno di collegamento: confronto stato di fatto e progetto
Ingresso lato Economia: confronto stato di fatto e progetto
Laboratorio di Tesi 2023
Laboratorio di Tesi 2023
Laboratorio di Tesi 2023
Laboratorio di Tesi 2023
Foto di gruppo del BIP internazionale
Foto di gruppo del progetto internazionale Ex Mind 2024
Summer School 2024 DdA
Studenti dei BIP al lavoro durante la Summer School
Summer School 2024 DdA
BIP con gli studenti europei
Summer School 2024 DdA
Studenti armeni che raccontano l'esperienza fatta a Pescara, al loro rientro all'Università di Yerevan
Rimaniamo in contatto!! presto ci saranno altre novità...
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