20 Aprile 2021

IL DIFFICILE RUOLO DI CITTA’ UNIVERSITARIA

Si fa presto a riempirsi la bocca col termine “Città universitaria”, ma Pescara e la sua Università sono davvero fatte una per l’altra?

L’ultima volta che sono intervenuto in sede pubblica sul tema dell’edilizia universitaria pescarese è stato poco più di un anno fa e l’ho fatto attraverso il mio blog con un articolo sull’ipotesi di trasferire la sede universitaria pescarese, o parte di essa, nell’area dell’ex Cofa, il Consorzio Ortofrutticolo.

Nel post manifestavo tutte le mie perplessità su questa ipotesi, cercando comunque di mantenere un atteggiamento equidistante, tra le due fazioni cittadine che si erano venute nel frattempo a creare: coloro che si erano “messi in testa un’idea meravigliosa” di avere una nuova sede universitaria in riva al mare e coloro che invece si mostravano freddi se non addirittura contrari a quell’ipotesi.  Allora feci un ragionamento piuttosto complesso – una sorta di Swot Analisi – e descrissi i diversi scenari che si sarebbero potuti verificare, mettendo in evidenza i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce, di ognuna delle ipotesi in campo.  A conclusione di quel ragionamento, la mia posizione fu chiara: io ero contrario al trasferimento dell’Università all’ex Cofa!

Le ragioni che mi portavano a quella convinzione erano diverse:

  • prima di tutto perché si sarebbe spaccata in due la comunità accademica pescarese, perché gli spazi a disposizione non erano sufficienti per trasferire tutti i corsi di laurea, per cui alcuni Dipartimenti sarebbero dovuti rimanere in Viale Pindaro;
  • poi la viabilità inadeguata a sopportare un ulteriore carico insediativo;
  • l’assenza del collegamento diretto con la ferrovia;
  • la complessità politico-amministrativa dell’area che poteva rappresentare un rischio di impresa per l’Università (per es. l’iter approvativo non solo del progetto, ma anche delle necessarie opere infrastrutturali aggiuntive sarebbe dipeso non da noi ma da altre amministrazioni);
  • senza contare naturalmente che – guardando la questione dal punto di vista della città – era evidente che: 1) andando via l’Università da viale Pindaro tutta l’area di Porta Nuova ne avrebbe risentito negativamente; 2) l’obiettivo di consentire il pubblico accesso a quelle aree così strategiche per la città, non poteva essere garantito dall’Università, che per sua natura non può consentire la libera circolazione nelle sue aule, nei suoi costosi laboratori, nei suoi uffici. Tuttalpiù si possono lasciare aperti al pubblico alcuni percorsi di attraversamento tra le strutture.

Quello che però emergeva con evidenza da quel dibattito di un anno fa, era la completa mancanza di un’idea strategica del ruolo che l’Università avrebbe dovuto assumere all’interno della città: non c’era un’idea di città universitaria. Gli amministratori locali ci stavano offrendo le loro aree pregiate defunzionalizzate – passatemi l’immagine – così come un mercante arabo offre la propria mercanzia ad un compratore straniero in un bazar del Cairo.   Il Sindaco di Pescara ci accompagnava a visitare l’ex Cofa; quello di Montesilvano la Colonia Stella Maris.  Altri enti pubblici ci offrivano la Caserma dei VV.FF. o l’ex Caserma Cocco.  Stessa cosa facevano i privati, come i proprietari dell’area ex Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria.  Iniziò una sorta di “tiro alla giacchetta” dell’Università bancomat che sinceramente mi diede fastidio, ma che soprattutto, con la pianificazione urbanistica aveva poco a che fare.  Ma quel che è peggio è che noi stessi, l’Università G. d’Annunzio, non avevamo – e purtroppo non abbiamo tutt’ora – le idee chiare in merito ad un disegno strategico che possa soddisfare le nostre necessità di ampliamento a Pescara.

Io mi prendo naturalmente tutte le responsabilità che mi competono.

Sono Urbanista, per professione e per ruolo accademico, ho svolto i due mandati istituzionali da Direttore del Dipartimento di Architettura di Pescara, ciononostante non sono stato in grado di far capire neppure ai vertici della mia Università che l’errore più grande in questi casi è di andare dietro alle opportunità che si presentano di volta in volta – che prese singolarmente possono anche apparire allettanti – senza una visione complessiva di quello che si vuole ottenere.  In altre parole, alla base della discussione non c’era un’idea strategica di sviluppo dell’Università G. d’Annunzio dentro la città, ma un patchwork di proposte scollegate tra loro, senza né capo né coda.

E la città di Pescara, purtroppo, da questa punto di vista è recidiva: mi riferisco per esempio al pot-pourri di idee sulle Aree di risulta ferroviarie, alle scelte schizofreniche sulla Strada Parco (da alcuni ritenuta un prezioso corridoio ecologico, da altri indicata come parcheggio estivo), fino ad arrivare alla scelta delle aree dove espandere l’Università.

A questo punto direi che è utile fermarsi un attimo e ricordare a tutti quanti come siamo arrivati a questo punto.

È da vent’anni che il nostro Ateneo manifesta l’esigenza di espandere la sua sede pescarese, sia per mancanza di spazi e di dotazioni, sia per l’obsolescenza delle strutture.

La prima ipotesi è del 1998 (Rettore Cuccurullo, DG Napoleone) a seguito della quale vi fu l’adesione al PRUSST “Città lineare della costa”, successivamente ammesso a finanziamento dal Ministero dei LL.PP.

Poi nel 2001 ci fu l’Accordo di Programma, tra Comune Provincia e Università, per la realizzazione del cosiddetto Nuovo Pindaro, nell’area sul retro della sede attuale, che nel frattempo era stata acquisita dall’Università in permuta con il complesso “ex AURUM”.  Il progetto “Nuovo Pindaro” prevedeva aule, laboratori, uffici, biblioteca, oltre a piazze coperte e scoperte e spazi verdi.

Con il cambio di governance di Ateneo nel 2012 (Rettore Di Ilio, DG Del Vecchio) cambiarono anche le prospettive di ampliamento della sede pescarese.  Il progetto Nuovo Pindaro venne congelato e ridimensionato, stralciando le aule e mantenendo solo l’edificio della Biblioteca.

Alla governance attuale insediatasi nel 2017 (Rettore Caputi, DG Cucullo) va il merito di aver investito risorse per l’adeguamento tecnologico del vecchio Polo Pindaro e di avere riproposto il tema dell’ampliamento della sede di Pescara, anche se come dicevo prima, senza avere le idee chiare sul da farsi.

A Caputi voglio dire, con la franchezza che contraddistingue il nostro rapporto di amicizia, che la scelta migliore a questo punto è una sola: portare a compimento il progetto del cosiddetto “Nuovo Pindaro” nelle aree a fianco del Palazzo Micara!  È l’ampliamento “naturale” essendo le aree attaccate a quelle del vecchio Polo Pindaro.  Per altro sono aree di proprietà dell’Università, acquisite all’interno dell’Accordo di Programma del 2001 specificatamente per questa funzione, per cui se non si dovesse dar seguito al progetto previsto dall’Accordo di Programma, si dovrebbero addurre convincenti giustificazioni! Per altro, per preparare le aree all’edificazione si sono già spese diverse centinaia di migliaia di euro per deviare Fosso Bardet, il canale che attraversava l’area, e si è pagata (correttamente) circa un milione di euro la parcella dei professionisti che hanno redatto il progetto esecutivo della nuova Biblioteca e del nuovo Pindaro.  Ma soprattutto continuare con il progetto Nuovo Pindaro significa portare a compimento il masterplan seguendo un disegno strategico, che se venisse interrotto lascerebbe le strutture universitarie “monche”.

OVVIAMENTE il progetto Nuovo Pindaro va aggiornato in considerazione delle nuove esigenze che nel frattempo si sono venute a determinare (laboratori specialistici, performance ecologico-ambientali, etc.). OVVIAMENTE il progetto va integrato con i nuovi assetti del tessuto urbano entro il quale è inserito. OVVIAMENTE vanno fatte le dovute verifiche di fattibilità, a cominciare da quelle economiche sulla capienza del nostro bilancio di Ateneo.   Ma è essenziale a questo punto tirare una linea, assumere una vision complessiva, condividerla con gli Organi di Ateneo e con i Dipartimenti pescaresi, e cominciare a programmare un’attuazione per stralci funzionali, ogni qualvolta il nostro bilancio ce lo consentirà, avendo chiaro il disegno da perseguire, senza più farci distrarre dalle sirene di qualche altra ipotesi immobiliare – pur allettante – che ci venga proposta da chicchessia.

Il Polo Pindaro, sede pescarese dell'Università G. d'Annunzio, e l'area ex Cofa sul retro del porto turistico.
Progetto "Nuovo Pindaro" completo
Progetto "Nuovo Pindaro: la Biblioteca

Ora un cenno ad un paio di altre “aree calde” che si trovano in prossimità del Polo Pindaro di cui si sono occupati gli organi di informazione locali sempre in prospettiva dell’ampliamento delle strutture universitarie.

La prima è quella costituita dalle due caserme prospicienti tra loro, non distanti dall’Università: quella dei VV.FF. e la ex caserma Cocco con annesso parco pubblico.  Sono due aree molto interessanti di proprietà del Demanio dello Stato e del Ministero della Difesa, che potrebbero essere inserite in un ragionamento complessivo di “cittadella universitaria aperta”, così come d’altronde aveva fatto Stefano Civitarese, quando era assessore del Comune di Pescara, con il suo Master Plan “Polo della cultura e della conoscenza”, ispirato per altro, ad un imponente lavoro di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura e raccolto nel libro “Verso Pescara 2027”.

A mio avviso però, l’interesse di poter intervenire su queste aree con un accordo tra amministrazioni pubbliche (quindi con un iter facilitato ex L. 241/90), non sarebbe tanto quello di soddisfare la necessità di nuove aule: sarebbe contraddittorio –  come detto – rispetto alla scelta che abbiamo già assunto di realizzare la nuova Biblioteca sul retro di palazzo Micara.  Le due caserme invece potrebbero essere ottimi contenitori di attività complementari a servizio della didattica e della ricerca universitaria: si potrebbe pensare, ad esempio, ad una casa dello studente (pubblica) con foresteria nell’area della Caserma VV.FF. e a un incubatore di impresa per start up e spin off nell’area ex Cocco in partnership con la Regione, le associazioni di categoria e altri investitori privati. O anche altre funzioni legate ad es. alla terza missione universitaria.

A proposito di case dello studente (pubbliche o private), chiudo il ragionamento con un commento al progetto apparso di recente sui giornali che interessa le aree ex Di Bartolomeo. Si tratta di aree private, adiacenti al Polo universitario, ma sempre aree private sui cui i proprietari vantano legittimi diritti edificatori, per cui i nostri margini di manovra sono esigui, se non nulli.  Ma siccome sono aree su cui in questi anni si è concentrata una moltitudine di progetti elaborati dal Dipartimento di Architettura e dal Dipartimento di Ingegneria (esercitazioni, tesi di laurea, addirittura una Summer School), credo sia doveroso esprimere la nostra opinione.

Dico subito che non condivido l’impostazione progettuale assunta.

E non è un giudizio sulla qualità architettonica del progetto, firmato da un collega che non conosco, ma che ha tutto il mio rispetto. Io discuto a monte – le precondizioni tecniche e funzionali che sono state poste alla base di quel progetto. Gli infiniti esercizi progettuali che abbiamo fatto fare ai nostri studenti in questi anni, pur presentando una gamma di soluzioni molto diversificata, avevano tutte un filo conduttore, un assioma: creare un sistema di relazioni pedonali, ciclabili, di spazi pubblici, di verde… tra il Polo universitario e il mare passando attraverso le aree Di Bartolomeo, la zona stadio e la Pineta Dannunziana.

Il progetto che vedo pubblicato sui giornali locali (queste al momento sono le mie fonti di informazione) attraverso cosa attua questo importante compito di connessione tra Università, Stadio, Pineta e mare?  Attraverso il parcheggio di un supermercato! E il verde? E la connessione pedonale e ciclabile? E gli spazi di aggregazione? Le piazze?

Certo… se si deve raggiungere la cubatura prevista dalle norme del PRG (che non ho controllato, ma immagino siano state verificate dagli uffici competenti del comune di Pescara), una volta che si mette dentro l’area un supermercato, i parcheggi di legge, la palazzina residenziale, gli accessi carrabili… spazio per altre dotazioni non ne rimane tanto.  E allora il verde e gli spazi pubblici dove si mettono? Nelle aree di scarto! Ossia nei ritagli residuali della viabilità, nelle aiuole, nelle fioriere del parcheggio…

Non entro quindi nel merito del progetto architettonico, discuto – e punto il dito accusatorio – sul paradigma progettuale alla base del progetto, che è il vecchio modo di fare che abbiamo utilizzato per cinquant’anni a partire dal boom economico del secolo scorso, quando le pressioni della rendita immobiliare portavano a realizzare prima i “palazzi” e poi, nelle aree di scarto che rimanevano, si mettevano i famosi 18 metri quadri ad abitante di verde, necessari per vedersi approvare il progetto dagli uffici comunali.  Che è esattamente l’opposto di quello che la buona pianificazione urbanistica suggerisce oggi: prima si progetta la spina dorsale degli spazi di relazione, del verde, della mobilità sostenibile (l’interesse pubblico) e poi, di conseguenza, si progettano gli edifici (l’interesse privato).

È come sempre una “questione di priorità” o se vogliamo di “idea di città”.

Il Polo Pindaro e le aree strategiche che lo circondano.
Planimetria del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara. Il progetto prevede un supermercato e una palazzina ad uso residenze private per studenti.
Immagine tratta dai media del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara.
Locandina della giornata di studio sull'ampliamento del Polo Universitario di Pescara
27 Marzo 2021

8 LEZIONI SU HABITAT SOSTENIBILE E CITTA’ DEL FUTURO

Un esperimento.

Voglio provare a far uscire dalle mura accademiche un ciclo di 8 lezioni estratte dal mio Corso di Urbanistica, portandolo a casa di tutti coloro che ne sono interessati o semplicemente incuriositi.

Un ciclo di lezioni di circa un’ora l’una, su tematiche ambientali che spiegano con parole semplici la mia posizione scientifica, e soprattutto il mio desiderio di divulgazione del sapere.

D’altronde chi se non l’Università pubblica ha il compito di diffondere le conoscenze su tematiche così importanti per il futuro del nostro Pianeta come i cambiamenti climatici, il metabolismo urbano, le politiche ambientali, le smart cities, etc.

E’ l’ora di voltare pagina.

Lo dico con calma, senza toni allarmistici, ma nella profonda convinzione che il modello di sviluppo “depredatorio” nei confronti del nostro Pianeta, che ha contraddistinto gli ultimi cento anni di vita della nostra società, vada modificato senza indugi.

Certamente dobbiamo continuare a progredire, ma dobbiamo farlo nel pieno rispetto degli equilibri naturali.  Non vuol dire cambiare radicalmente stile di vita, ma rinunciare al primato dell’uomo sulla natura, accettando la condizione di far parte di un habitat complesso in continua evoluzione.

Non essere consapevoli del problema, o anche semplicemente lavarsene le mani, significa non tanto mettere a rischio il futuro del nostro Pianeta (che per milioni di anni ha fatto a meno di noi e potrebbe tranquillamente continuarlo a fare), quanto rendere instabile il futuro delle prossime generazioni.

Ecco le lezioni

Sostenibilità

L’evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile ricostruito attraverso i passaggi storici che lo hanno determinato: dalla caduta del muro di Berlino fino al New Green Deal Europeo

Economia

Dal modello di sviluppo economico “depredatorio” della seconda metà del ‘900 al concetto di metabolismo urbano e di economia circolare del futuro.

Habitat

Dalle definizioni di habitat ad una riflessione sull’aumento e la concentrazione della popolazione mondiale nei grandi agglomerati urbani, fino al tema del “diritto all’acqua”.

Clima

Il fenomeno dei cambiamenti climatici e le azioni di mitigazione e adattamento che possono essere messe in campo per contenerli, dal punto di vista dell’architetto.

Network

L’evoluzione lessicale del termine “rete” nella lingua italiana. Dalle reti naturali alle reti infrastrutturali, con uno sguardo al passato, al presente e al futuro.

Internet

Dagli albori del web negli anni della Guerra Fredda, al web dinamico 2.0 parlando di sistemi di telecomunicazioni, aspetti sociali e dimensione ecologica delle reti digitali.

Globalizzazione

Globalizzazione dei mercati e globalizzazione culturale, attraverso crisi globali, distorsioni sociali e rischi per l’habitat.

Città

Che volto avrà la città del futuro? Una riflessione sulla “Complex E-city” di domani, a partire dai problemi degli slums di oggi, dove vive circa un quinto della popolazione mondiale.

22 Marzo 2021

Next Generation EU: un’economia a misura d’uomo per affrontare il futuro

Continua l’esperimento di portare l’Università a casa vostra, soprattutto quando si parla di argomenti così importanti come quelli che riguardano l’ambiente e il futuro del nostro pianeta.

Domani Venerdì 23 aprile 2021 Ermete Realacci (Fondazione Symbola) tiene una lezione all’interno del mio corso di urbanistica dal titolo “Next Generation EU: un’economia a misura d’uomo per affrontare il futuro“.

Chi fosse interessato può seguire l’evento cliccando il link qui sotto

Inizio ore 10:00 puntualissimi!!

e mi raccomando… entrate in aula qualche minuto prima e spegnete la vostra telecamera e il vostro microfono per non disturbare.

La lezione durerà circa 45 minuti, poi alla fine ci sarà un dibattito con gli studenti e allora si che potrete fare domande o intervenire con delle vostre considerazioni.

A domani!

12 Novembre 2020

CONVERSAZIONI SULLA CITTA’ DEL FUTURO

Città post pandemica, crisi climatica, temi della città del futuro.

Di ciò si è parlato in questo talk inserito nel programma di iniziative culturali promosse dalla Fondazione Palazzo Ducale di Genova, a cui ho aderito con piacere nonostante i rinvii causa Covid.  Avrebbe dovuto tenersi nella splendida cornice della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.  Invece gli organizzatori, il prof. Musso e la prof.ssa Ghiara, erano sul palco, mentre io e Stefano eravamo collegati on line.

A Genova torno sempre con gran piacere, anche in modalità virtuale!

16 Giugno 2020

LE DISCOTECHE RIAPRONO E LE UNIVERSITA’ NO… CI SARA’ UN MOTIVO!?

[Sono stati mesi impegnativi questi ultimi durante i quali docenti e studenti, con una full immersion lavorativa encomiabile, hanno garantito la completa continuità dell’attività didattica. Le lezioni, gli esami e le tesi sono state riconvertite on line e non hanno subito flessioni così pure l’attività tecnico amministrativa. Altro che chiuse… le Universitá non si sono mai fermate!]

 

 

In questi giorni si sta molto discutendo a livello nazionale su come attuare le (forse troppe) direttive in materia di emergenza sanitaria Covid-19.  Siamo ancora in fase II, ma tutti abbiamo già lo sguardo proiettato verso la fase III, che per le Università coincide grosso modo con il primo ciclo di lezioni del prossimo a.a. 2020-21.

Dagli organi di informazione apprendiamo di pareri contrastanti tra gli scienziati in merito alla previsione di una seconda ondata autunnale di Covid-19, che per alcuni è inevitabile, per altri è solo probabile.  Pareri diversi sono stati espressi recentemente dalla comunità scientifica addirittura in merito alla capacità di contagio degli asintomatici.

Neanche il Ministero dell’Università ha assunto fino ad oggi una posizione chiara circa le modalità di svolgimento della didattica nella fase III.   Il susseguirsi di interviste di questi giorni al Ministro Manfredi ha portato alcune testate giornalistiche ad interpretare che le lezioni in presenza sarebbero riprese a febbraio, altre a dare per certa la riapertura a settembre, e altre ancora a parlare (senza capirci un granché) di un doppio canale didattico misto.

In questo stato di incertezza gli Atenei sono chiamati a prendere provvedimenti importanti e a comunicarli (adesso, non tra qualche mese) attraverso le attività di orientamento alle famiglie degli studenti e delle future matricole che si stanno apprestando a loro volta a prendere decisioni rilevanti.

È bene ricordare che applicando alla lettera le Linee Guida INAIL sul distanziamento sociale le nostre aule universitarie vedrebbero la capienza ridursi a 1/4-1/5 dei posti a disposizione (per intenderci in un’aula da 100 posti potrebbero trovare posto al massimo 20-25 studenti).

In merito tutto ciò esprimo alcune perplessità sull’ipotesi di un eventuale piena ripresa delle attività didattiche in presenza già a partire da settembre, per una serie di ragioni.

  • Distanziamento sociale. Come detto le nostre aule vedrebbero ridurre la capienza a 1/4-1/5 dei posti a disposizione.  Come fare a garantire il rispetto delle norme di distanziamento sociale e dell’uso corretto dei dispositivi di protezione? Dovremmo forse fare delle turnazioni degli studenti che possono assistere in presenza, 20 in aula e 80 a casa?  Organizzarci in altri spazi, ma quali? Sperimentare le lezioni all’aperto fin tanto che la stagione lo consente?  Duplicare i corsi?
  • Metodologia didattica. In questi mesi di lockdown dopo un iniziale smarrimento abbiamo imparato ad utilizzare la piattaforma Teams in tutte le sue potenzialità ed è mia opinione che per particolari tipologie di lezioni si sia rilevata più performante di quanto immaginassimo.  Intanto ci ha dato la possibilità di non sospendere l’attività didattica, e non è poco!  Poi abbiamo imparato che la piattaforma da la possibilità di “ingegnerizzare” le lezioni dividendole in moduli didattici rigorosi (anche preregistrati) di 15-20 minuti l’uno; abbiamo utilizzato le sessioni Live di interazione per mantenere attiva la classe virtuale con domande e commenti; abbiamo capito che possiamo offrire agli studenti, attraverso specifici test da effettuarsi subito dopo aver assistito alla lezione, la possibilità di misurare in tempo reale il loro processo di apprendimento individuale; abbiamo arricchito le lezioni con contenuti extra (video, siti, bibliografie interattive, etc.)  Non sto ovviamente dicendo che la presenza degli studenti in aula sia tranquillamente sostituibile da una piattaforma telematica!  Conosco bene il valore imprescindibile dell’interazione delle intelligenze tipica dei processi di apprendimento in presenza.  E soprattutto so bene che ci sono materie e attività didattiche che si prestano meglio di altre ad essere erogate in forma digitale.  Sto solo dicendo che l’upgrade informatico a cui siamo stati costretti dal lockdown è un patrimonio di innovazione che non va disperso, anzi se possibile va perfezionato e messo in sinergia con i metodi tradizionali di trasmissione del sapere.
  • Telecamera nelle aule. Chiarito che la didattica frontale e la teledidattica sono profondamente diverse (per metodologie di apprendimento, tempi di erogazione, mezzi di comunicazione, strumenti di supporto) e che non sono alternative una dell’altra, casomai possono essere fra loro complementari, la risposta “blended” da più parti ventilata che consiste nella telecamera che riprende il professore mentre fa la lezione frontale a quei pochi studenti cui è consentito entrare nelle aule, a mio modo di vedere, non è utile al nostro scopo prioritario, che è quello di mantenere alto il profilo qualitativo della didattica. Non è possibile fare contestualmente buona didattica in presenza e buona didattica a distanza.  Se devo fare teledidattica molto meglio continuare ad utilizzare la Piattaforma Teams (o altre piattaforme progettate specificamente per l’e-learning).  Viceversa, se devo fare lezione frontale, dove il tono colloquiale fa parte della metodologia di trasmissione del sapere, sia io che gli studenti che interagiscono con domande e commenti, preferiamo non essere ripresi in diretta e trasmessi in streaming via web.
  • Responsabilità oggettive in caso di contagio. Su questo punto non ho certezze, magari chiedo ai colleghi giuristi se ce ne siano; anche se credo che il terreno sia scivoloso, almeno questa è l’opinione che mi sono fatto avendo seguito sui media il dibattito sollevato dai datori di lavoro in questa fase II.  Mi chiedo: se uno studente si dovesse contagiare durante una lezione in aula (è dimostrabile?), di chi è la responsabilità? Del Rettore? Del Direttore? Del Professore in aula?

A fronte delle riflessioni e dei dubbi sopra esposti; nell’incertezza di quello che potrà accadere in autunno; nella necessità di dare immediatamente (non tra qualche tempo) una risposta chiara e rassicurante alle famiglie dei nostri studenti, il Consiglio del Dipartimento che dirigo pro tempore ha deliberato le seguenti proposte in merito alla ripresa delle attività didattiche dei CdS di Architettura e Design nel nuovo anno accademico 2020-21:

  1. gli esami e le tesi di laurea della sessione estiva di luglio sono previsti in modalità on-line;
  2. il test di ingresso al Corso di Laurea in Architettura è organizzato in modalità on-line;
  3. non è previsto per l’a.a. 2020/21 il numero chiuso e il conseguente test di ingresso per l’accesso al CdS in Design;
  4. gli Esami di Stato per l’esercizio della professione di Architetto della prima sessione di luglio 2020 sono programmati in modalità on-line;
  5. le attività didattiche teoriche con prevalenza di lezione ex cathedra sono state calendarizzate nel primo semestre;
  6. le attività didattiche che prevedono una attività esercitativa che necessita di un’interazione diretta docente-studente (in particolari i laboratori di progettazione) sono state spostate nel secondo semestre;
  7. le attività didattiche del primo semestre 2020-21 saranno progettate per essere erogate integralmente on-line attraverso la Piattaforma Teams;
  8. le attività didattiche del secondo semestre 2020-21 si svolgeranno regolarmente nelle aule in presenza (a meno ovviamente di eventuali diverse disposizioni ministeriali in relazione all’andamento della curva epidemiologica);
  9. le attività di ricerca, riprese già nella fase II, andranno a regime regolarmente nella fase III, con docenti, ricercatori, borsisti, tesisti, etc. che nell’osservanza rigorosa delle disposizioni sanitarie tornano gradualmente a ripopolare gli uffici del nostro Dipartimento;
  10. Per quanto riguarda il personale e le attività t.a.b. ci stiamo attenendo al piano di rientro predisposto dal DG. Anche qui però sottolineando l’importanza di non disperdere il valore dell’esperienza smart working, che potrebbe essere utile mantenere, ovviamente in percentuali e modalità studiate ad hoc, anche nella fase di ritorno alla “normalità”.

Queste considerazioni, che ho svolto a partire da un angolo visuale preciso, quello del Dipartimento di Architettura di Pescara e dei suoi Corsi di Laurea, penso siano comuni anche ad altri Corsi di Laurea, soprattutto quelli ad alto numero di studenti che hanno difficoltà a garantire le distanze di sicurezza e a limitare gli assembramenti.   Cosa diversa invece potrebbe essere per quelle attività e quei Corsi di Laurea (ad es. alcune specialistiche) con un numero limitato di studenti, in cui attraverso opportune cautele si potrebbe garantire il distanziamento sociale.

Sta di fatto che la didattica a distanza, fin tanto che permangono le norme sul distanziamento sociale, non potrà non esserci nella fase III, mentre le attività in presenza possono essere previste come parziali ed eventuali, ma solo in quei casi in cui si riescano a garantire i criteri di prevenzione sanitaria.

Quindi al di la del desiderio di tutti noi di tornare quanto prima nelle aule, le disposizioni elencate sopra consentono di dare alle famiglie dei nostri studenti e delle nostre future matricole, in questo momento di grande disorientamento, una comunicazione molto chiara:

– in termini di sicurezza sanitaria (nessun pericolo di contagio, anche nella malaugurata eventualità di un rigurgito epidemiologico in autunno);

– in termini economici (nessun costo di mantenimento fuori sede fino a gennaio);

– in termini di metodologia didattica (nessuna confusione tra teledidattica e didattica frontale);

– in termini di qualità dell’insegnamento (massimo impegno e concentrazione per perfezionare le metodologie on-line; garanzia di poter svolgere in presenza nel II ciclo le attività didattiche che necessitano di una interazione diretta docente-discente);

– in termini organizzativi (nessun problema di “rotazione” degli studenti nelle aule, o di ricerca affannata di nuovi spazi).

SIA BENE INTESO.  Il punto non è discutere in termini retorici se sia meglio la didattica frontale o la teledidattica: l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento è uno scontro ideologico!  La posizione che ho esposto, e che è stata assunta all’unanimità dal Consiglio di Architettura di Pescara, è intesa a far fronte alla fase emergenziale.  È un atteggiamento prudenziale da “buon padre di famiglia”, chiamato a prendere decisioni rapide in una situazione contestuale incerta e in evoluzione.

Preferisco di gran lunga essere tacciato di atteggiamento iper-prudente tra qualche mese, nella speranza che non ci sia nessuna ondata di ritorno, piuttosto che avere sulla coscienza anche un solo caso di contagio nei nostri campus universitari.

È altresì chiaro che, ove dovesse essere decretato a livello nazionale il termine anticipato della fase III e delle misure restrittive conseguenti, ripenseremo il da farsi.

Da rappresentante della componente politecnica posso usare la metafora degli edifici e delle infrastrutture che si devono progettare per resistere a terremoti, tifoni, alluvioni, fenomeni meteorologici estremi, anche se questa resilienza raramente (speriamo mai) viene messa alla prova.

Dico questo perché proprio in questi giorni si è acceso anche all’interno della comunità accademica un dibattito tra coloro che vorrebbero una riapertura integrale delle attività didattiche già a partire da settembre e le governance delle Università che sono più prudenti avendo sulle spalle il peso delle decisioni da assumere.  A ciò si aggiungono legittime pressioni che gli operatori economici dell’indotto universitario stanno manifestando (proprietari di case in affitto per gli studenti, esercenti commerciali, prestatori di servizi) e che i politici locali ovviamente raccolgono e amplificano.

Io penso che noi dobbiamo essere pronti a discutere di tutto con tutti, assumendoci le responsabilità che ci sono proprie, ma in questo momento credo che la nostra missione prioritaria sia quella di garantire ai nostri studenti e alle loro famiglie il massimo sforzo per erogare una didattica di qualità in totale sicurezza sanitaria.

Non vorrei che l’euforia di questi giorni di inizio estate ci avesse già fatto dimenticare la tragedia che abbiamo vissuto non più tardi di un paio di mesi fa.

2 Giugno 2020

DIRETTA LIVE DI PRESENTAZIONE DEL NUOVO ANNO ACCADEMICO 2020-21 DEL DIPARTIMENTO ARCHITETTURA DI PESCARA

Come ci siamo organizzati nella fase di “lockdown”.

Le nostre attività didattiche e di ricerca nella fase II (fino ad agosto 2020)

e soprattutto le nostre strategie per il nuovo anno accademico 2020-21 a partire da settembre (fase III).

Obiettivi: qualità della didattica e sicurezza sanitaria dei nostri studenti e della nostra comunità accademica.

Non dimenticando i costi in termini di vite umane di Covid-19, pensiamo al futuro.

Resilienza, progettualità e profondo amore per l’Università pubblica italiana!!

 

LIVE Dipartimento di Architettura Pescara Orientamento On Line

Il Direttore del Dipartimento di Architettura di Pescara, prof. Paolo Fusero, illustra le iniziative per far fronte all’emergenza sanitaria e le novità che riguardano l'offerta didattica del prossimo anno accademico. Se hai domande da fare, sei il benvenuto!.

Pubblicato da Dd'A – Dipartimento di Architettura Pescara su Lunedì 1 giugno 2020

11 Marzo 2020

AVVISO AGLI STUDENTI DEL MIO CORSO DI URBANISTICA

Cari studenti del mio corso di Urbanistica_1 del Dipartimento di Architettura di Pescara.

L’emergenza sanitaria Covid-19 ci impedisce di svolgere il corso in modo tradizionale, con lezioni frontali, seminari pubblici, esercitazioni di gruppo, sopralluoghi, plastici, progetti, etc.

Dobbiamo utilizzare tutte le precauzioni possibili per contenere le occasioni di contagio, non uscendo di casa o comunque solo per lo stretto necessario, evitando i luoghi affollati e seguendo scrupolosamente le disposizioni sanitarie oramai note a tutti.

Questo non significa sospendere la nostra vita, ma semplicemente cambiare le nostre abitudini, a cominciare dal modo di studiare.

Come tutte le Università italiane la nostra Università si è dotata a tempo di record di una piattaforma on-line per svolgere le attività didattiche a distanza.  Vi invito fin da subito a scaricare l’applicazione, creare il vostro account e cominciare ad impratichirvi con l’uso.

A breve comincerò ad inserire nella piattaforma le lezioni che aggiornerò settimanalmente negli orari prefissati dal corso.  Voi potrete seguire le lezioni in diretta oppure scaricarle successivamente in streaming.

Naturalmente ho adeguato il programma delle lezioni e della parte esercitativa alle nuove modalità didattiche però è chiaro che siamo in fase sperimentativa, sia della componente tecnica (piattaforma) che di quella scientifica (lezioni e esercitazioni online) e valutativa (esami finali).

Per cui è prevedibile che ci siano disfunzioni, a cominciare dal sovraccarico della rete.  Mettiamolo in conto.  Ma non sono certo le difficoltà ad intimorirci, anzi da queste sfide traiamo la ragione stessa del nostro lavoro.

Io, voi, gli assistenti, i docenti, i tecnici, gli amministrativi, i bibliotecari… SIAMO L’UNIVERSITA’ PUBBLICA ITALIANA!!  Con secoli di storia.  Con risultati scientifici di eccezionale valore riconosciuti in tutto il mondo, nonostante le nostre ataviche difficoltà economiche.

Non sarà certo un virus a fermarci!

Forza allora, rimbocchiamoci le maniche e facciamo il nostro dovere… studiamo!

E vedrete sarà un piacere farlo, nella consapevolezza che – soprattutto in questo momento – fare il proprio dovere individuale, significa contribuire ad un bene collettivo immenso: la cultura del nostro Paese!

Via aspetto in classe (virtuale)

Stay Tuned!

________________________________

PS:

un grazie di cuore – sottovoce, quasi con pudore, sapendo di scivolare nella retorica – al gruppo di lavoro che intorno al Rettore sta lavorando giorno e notte per far fronte a questa emergenza sanitaria.  A tutti i tecnici amministrativi bibliotecari che continuano a lavorare negli uffici semivuoti e a casa in smart working.  Ai colleghi docenti che si stanno prestando a questo salto multimediale con senso del dovere (me li vedo… qualcuno tra i più anziani – quindi anch’io – che sta maledicendo la nuova piattaforma online però è lì, a notte fonda davanti al computer con sotto il pigiama e sopra giacca e cravatta a registrare la sua lezione del giorno dopo).

E grazie soprattutto a voi studenti che avete capito il momento…

4 Marzo 2020

NUOVE DISPOSIZIONI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI PER IL CONTRASTO E IL CONTENIMENTO SULL’INTERO TERRITORIO NAZIONALE DEL DIFFONDERSI DEL VIRUS COVID-19

Si avvisano gli studenti, il personale docente, tecnico, amministrativo, bibliotecario, etc. che è in data odierna è stato emanato un nuovo decreto della presidenza del consiglio dei ministri inerente disposizioni per il contrasto e il contenimento su tutto il territorio nazionale del diffondersi del virus Covid-19.

In particolare si evidenzia che:

  1. sono sospese le manifestazioni e gli eventi di qualsiasi natura, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro di cui all’allegato 1, lettera d).
  2. da oggi  e fino al 15 marzo 2020, sono sospese  le attività didattiche nelle Università compresi i corsi professionali e master, ferma in ogni caso la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza; sono esclusi dalla sospensione i corsi post universitari connessi con l’esercizio di professioni sanitarie, ivi inclusi quelli per i medici in formazione specialistica, i corsi di formazione specifica in medicina generale, le attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie.

Aggiornamento del 4 marzo ore 19.00

16 Dicembre 2019

Università & Città e… auguri di Buon Natale!

Il 17 dicembre 2019 si tiene un interessante convegno sui modelli di città del futuro organizzato dall’OAPPC.

A me è stato assegnato il tema “Università & Città“, un argomento per altro di grande attualità in questi giorni qui a Pescara.

Purtroppo nella stessa data sono relatore in un meeting internazionale sui Climate Changes e ciò mi impedisce di partecipare a questo Convegno.

Ci ho tenuto comunque ad inviare agli organizzatori questo video, che in pochi minuti sintetizza la mia posizione, perché la tematica mi appassiona e perché il Dipartimento di Architettura di Pescara in questi anni ha lavorato moltissimo su questo filone di ricerca.

Il mio breve intervento – pochi minuti – è rivolto quindi ad una platea di tecnici, gli architetti dell’OAPPC di Pescara, ma forse può interessare anche ad altri.  Per questo lo pubblico sul mio Blog.

Calendario alla mano, ne approfitto anche per porgere a tutti voi e alle vostre famiglie

I MIEI PIU’ CALOROSI AUGURI DI BUON NATALE!!!

Programma del Convegno "Quale Città" - Pescara 17.12.19
13 Novembre 2019

TRASFERIRE IL POLO UNIVERSITARIO DI PESCARA NELL’AREA EX COFA?

Premessa

L’Università G. d’Annunzio come è noto ha due sedi: il Campus di Chieti e il Polo di Pescara. Di recente le cronache locali si sono molto occupate dell’ipotesi di trasferimento della sede pescarese da viale Pindaro all’area ex COFA, un’area dismessa adiacente al porto turistico e al fiume fino a qualche anno fa occupata dal Mercato ortofrutticolo (COFA per l’appunto significa Consorzio Orto Frutticolo d’Abruzzo).

La questione non è banale, anzi è piuttosto complessa e per essere affrontata ha necessità di tempo: analisi, riflessioni, elaborazione di scenari alternativi, insomma di tutto quello che non si può fare sui social che invece prediligono un linguaggio asciutto, comunicativo, “di pancia”.  O bianco o nero!

Ma questa volta non è questione di colore, né tantomeno di cori da stadio.  È in gioco una fetta di futuro non solo della nostra Università, ma anche della nostra città, dell’area metropolitana Chieti-Pescara, e della Regione Abruzzo.

Quindi, come è abituato a fare chi fa il mio mestiere, bisogna prendere in considerazione le varie ipotesi, confrontarle, verificarne la fattibilità non solo tecnica (urbanistica ed economica), ma anche sociale (politica e collettiva).  Insomma, bisogna intraprendere un percorso di approfondimento e di ampia partecipazione alle scelte, che possa poi garantire le condizioni concrete per la trasformazione.

Va detto a beneficio dei non abruzzesi, che quest’area dismessa insieme ad un’altra la cosiddetta Aree di risulta (uno spazio adibito a parcheggio situato di fronte alla stazione di Pescara) sono due “spine nel fianco” delle amministrazioni che si sono succedute: aree potenzialmente straordinarie, sulle quali si sono concentrate una moltitudine di idee progettuali, che però in tutti questi anni non sono mai riuscite a tradursi in progetti reali di trasformazione urbana.

Breve cronistoria dell’ampliamento del Polo Pindaro

È da vent’anni che l’Ateneo G. d’Annunzio manifesta all’Amministrazione Comunale di Pescara l’intenzione di realizzare una serie di interventi finalizzati allo sviluppo e all’ampliamento della sede pescarese. Alla prima richiesta dell’aprile 1998 (Rettore Cuccurullo, DG Napoleone), con la quale si chiedeva al Comune la disponibilità di aree attigue all’esistente complesso universitario di viale Pindaro, è seguita nell’estate del 1999 la proposta di adesione al PRUSST “Città lineare della costa”, programma successivamente ammesso a finanziamento dal Ministero dei LL.PP.

Contestualmente veniva perfezionato, tra Comune Provincia e Università, l’ Accordo di Programma conseguente al Programma Integrato di Intervento denominato “Polo Universitario-Giudiziario” (siamo agli inizi del 2001) che prevedeva la realizzazione di nuove strutture universitarie da articolare su due aree d’intervento: la prima quella dove poi furono effettivamente realizzate le Segreterie studenti (l’edificio che si affaccia sulla rotonda dell’Agip), e la seconda per l’appunto dove avrebbe dovuto sorgere il Nuovo Pindaro, nell’area sul retro della sede attuale, acquisita dal Comune di Pescara in permuta con il complesso “ex AURUM”, già di proprietà dell’Ateneo.  Il “Nuovo Pindaro” prevedeva un edificio lineare posto parallelamente al tribunale dove sarebbero dovute andare le aule, i laboratori e gli uffici dei dipartimenti; un secondo edificio per la nuova biblioteca con spazi studio per gli studenti. I due edifici erano arricchiti da piazze pubbliche coperte e spazi verdi.

Con il cambio di governance di Ateneo nel 2012 (Rettore Di Ilio, DG Del Vecchio) cambiano anche le prospettive di ampliamento della sede pescarese.  Il progetto Nuovo Pindaro viene ridimensionato stralciando l’edificio destinato alle attività didattiche e mantenendo solo l’edificio della Biblioteca.  Il resto è storia recente: nella primavera scorsa il progetto della biblioteca viene sottoposto al parere del Provveditorato delle OO.PP.  Nella relazione del Provveditorato, resa pubblica nei giorni scorsi dagli organi di informazione, si evincono una serie di osservazioni critiche sul sistema di fondazioni adottato e si ritiene il progetto “non meritevole di approvazione”, invitando i progettisti ad ulteriori approfondimenti prendendo in considerazioni un’altra tipologia di fondazioni (in altre parole a sostituire le fondazioni “a platea” con quelle “a pali profondi”).

Un assioma: le impellenti esigenze di ampliamento del Polo Pindaro

Sono quindi due decenni che la sede pescarese dell’Università d’Annunzio manifesta la necessità di ampliare le proprie strutture.  L’esigenza espressa inizialmente da Cuccurullo e congelata da Di Ilio, è stata ripresa dal nuovo Rettore Caputi insediatosi nel 2017, che fin da subito dimostra la sua volontà di investire sulle strutture universitarie della città adriatica.

D’altronde l’edificio principale di viale Pindaro è stato costruito nella seconda metà degli anni ’80, ha quasi trent’anni e li dimostra tutti!  Proprio per questo è attualmente in fase di ristrutturazione con un impegno economico complessivo di qualche milione di euro.

Come tutti i colleghi sto seguendo i lavori edilizi e il trasloco temporaneo degli uffici che si stanno effettuando in questi mesi e posso dire a ragion veduta che le esigenze in termini di spazi sono pressanti: servono nuove aule per la didattica, un auditorium, uffici per docenti e tecnici e amministrativi, laboratori specialistici, aree aperte di uso comune, aree riservate allo studio individuale degli studenti, etc.

Le tre ipotesi di ampliamento

Sgomberato il campo dai dubbi sulle necessità di ampliamento e di rigenerazione del Polo Pindaro, vediamo quali sono ad oggi le ipotesi sul tappeto:

  1. Progetto di ampliamento sulle aree retrostanti. Sarebbe il progetto Nuovo Pindaro che andrebbe però aggiornato sulla base di nuove esigenze nel frattempo intercorse, sia in termini di dotazioni (nuovi laboratori, nuove esigenze per aule e uffici) sia soprattutto in termini di fondazioni, per rispondere alle criticità evidenziate dal Provveditorato.
  2. Trasferimento della sede nelle aree ex Cofa. E’ un’idea recente maturata questa estate che prende in considerazione l’ipotesi di uno scambio con la Regione Abruzzo, proprietaria delle aree dell’ex Mercato ortofrutticolo, anch’essa alla ricerca di una sede unificata per i propri uffici sparsi in città.
  3. Progetto “Città della conoscenza”. È un progetto maturato dalla scorsa amministrazione di centro sinistra (Sindaco Alessandrini, assessore Civitarese), per altro sulla base di uno studio precedentemente elaborato dal Dipartimento di Architettura di Pescara dal titolo #VersoPescara2027, dove si indica la possibilità di utilizzare gli edifici della ex Caserma Cocco e della attuale caserma dei Vigili del Fuoco per attività a servizio dell’Università, non aule o uffici, ma studentati e incubatori di impresa.

Quale delle tre ipotesi è preferibile?

Non c’è una risposta corretta e due errate.  Come succede spesso nell’analisi urbanistica di processi di trasformazione urbana complessi, si possono distinguere scenari differenziati tra loro alternativi. Analizziamoli sinteticamente evidenziandone aspetti positivi e criticità.

Scenario_1: Ampliamento Polo Pindaro.

Aspetti a favore:

  • è lo scenario naturale. Esiste un progetto che andrebbe aggiornato e modificato secondo le nuove esigenze;
  • gli spazi e gli indici edificatori sono coerenti con le esigenze universitarie;
  • i terreni sono di proprietà dell’Università, ottenuti dalla permuta dell’ex Aurum proprio a questo scopo;
  • la zona è già ricca di servizi di supporto (attività commerciali, ristorazione, case in affitto, etc.) ed ben servita dal trasporto pubblico (piste ciclabili, svincoli stradali, ferrovia);
  • si continuerebbe ad investire sul Polo Pindaro in sintonia con i recenti investimenti.

Aspetti contro:

  • i problemi geotecnici evidenziati dal parere del Provveditorato richiedono un rafforzamento delle fondazioni e quindi costi aggiuntivi da stimare;
  • l’area del Polo Pindaro è stata oggetto di inondazioni causate da fenomeni di precipitazioni estreme, per questo motivo l’amministrazione comunale ha recentemente provveduto ad attuare importanti lavori di potenziamento del collettore e dei sistemi di smaltimento delle acque del viale;
  • il vecchio edificio Pindaro, per quanto ristrutturato, rimane un edificio di trent’anni che ha evidenziato nel tempo una serie di problematiche tecniche dovute all’età;
  • anche gli impianti e le attrezzature dell’edificio Micara hanno problematiche evidenti.

Scenario_2: ex Cofa

Aspetti a favore:

  • l’area è molto interessante, forse la più attraente di Pescara;
  • si potrebbe progettare un Campus tutto nuovo, tecnologicamente avanzato, secondo le esigenze dell’Università in termini di didattica, ricerca e spazi di relazione;
  • sarebbe il Campus più moderno d’Italia e ciò sicuramente rappresenterebbe un valore aggiunto in termini di attrattività;
  • un concorso internazionale di Architettura garantirebbe la qualità architettonica dell’intervento.

Aspetti contro:

  • la situazione amministrativa e politica dell’area è particolarmente complessa. Lo stesso iter autorizzativo potrebbe rivelarsi incerto e ciò rappresenta un rischio di impresa per chi deve investire (tempi incerti);
  • ci sono da verificare i vincoli e le normative esistenti (PRG, Piano alluvioni, esondabilità e geologia dei terreni, etc.)
  • la viabilità è al momento inadeguata. Il carico insediativo portato dall’Università si andrebbe a sommare alla saturazione dei flussi automobilistici sul terminale dell’asse attrezzato. Non ci sarebbe poi la possibilità di un collegamento diretto con la ferrovia;
  • è da verificare se le aree pubbliche della Regione possano contenere tutte le volumetrie di cui necessitiamo per trasferire l’intero Polo universitario di Pescara. Sono infatti assolutamente contrario a prendere in considerazione un’ipotesi di trasferimento parziale (solo alcune facoltà).  Verrebbe meno l’idea di Campus necessaria per creare comunità accademica, creare sinergie tra i corsi di studio e servizi condivisi.

Scenario_3: ex Caserma Cocco e Caserma VVFF

Aspetti a favore:

  • interessante l’idea di rifunzionalizzare le due caserme per attività complementari a servizio della didattica e della ricerca universitaria;
  • si potrebbe pensare ad esempio ad una casa dello studente (Caserma VVFF) e a un incubatore di impresa per start up e spin off (ex Cocco) con una partnership con la Regione, le associazioni di categoria e altri investitori privati.

Aspetti contro:

  • le due caserme per tipologia, stato di conservazione e ubicazione non si prestano ad un utilizzo diretto dell’Università (aule, laboratori, uffici, etc.) e quindi su quelle aree devono essere altri soggetti pubblici e privati gli investitori principali;
  • i tempi tecnici e amministrativi per realizzare questa ipotesi sono lunghi (ad esempio bisogna trovare un’area idonea per trasferire l’attuale caserma dei VVFF).

RIASSUMENDO.  La questione può avere quindi risposte diverse a secondo del punto di vista dalla quale si analizza.  Proviamo quindi a fare uno sforzo mettendoci di volta in volta nei panni di ciascuno dei tre attori che hanno un ruolo in questa vicenda misurandone convenienze e rischi (in realtà ce ne sono anche altri di attori, ad esempio i privati proprietari delle aree limitrofe all’ex Cofa, ma ora per semplicità di ragionamento limitiamoci a questi tre).

  1. Dal punto di vista dell’Università.  L’idea di un Campus tutto nuovo, per altro nel luogo più strategico della città, è sicuramente accattivante.  Non si può dire diversamente. Una competizione internazionale garantirebbe un progetto architettonico di qualità e la nostra sede potrebbe diventare una delle più attrattive della fascia medio adriatica. Quali sono gli elementi critici di questa ipotesi?  A parte l’elenco di criticità tecniche (in parte superabili) riportato in precedenza, è il rischio di impresa che induce prudenza.  La complessità politico amministrativa di quest’area potrebbe dare incertezza sui tempi di realizzazione delle opere. Anche le carenze infrastrutturali (viabilità, mezzi di trasporto pubblici, parcheggi) andrebbero sanate con investimenti che non dipendono dalla nostra volontà.  Il quadro economico poi va valutato con molta attenzione e verificato nel suo complesso, anche perché un conto è operare all’interno di uno scambio tra enti pubblici, un altro è mettere a bilancio il costo di acquisto di terreni privati qualora le aree pubbliche fossero insufficienti a soddisfare le nostre esigenze di ampliamento.  Per altro la Corte dei Conti potrebbe intervenire dicendo la sua in considerazione della permuta con l’ex Aurum di cui si è detto.  Infine un ragionamento sulle capacità dell’intervento di generare un processo osmotico con la città: l’Università è forse la più grande azienda abruzzese, se non per fatturato, per numero di fruitori.  Come tutte le Università ha la capacità di creare intorno a sé un indotto di attività che rendono viva la parte di città in cui è localizzata: attività commerciali, attività di servizio, spazi di relazione, case in affitto, etc.  Spostarsi in nuova parte di città significa rimettere in moto da capo il meccanismo e naturalmente ci vuole tempo per metterlo a regime; bisogna anche capire in che modo la zona della Marina può essere spontaneamente sensibile alla pressione osmotica dell’Università.
  2. Dal punto di vista della Città.  Quale potrebbe essere l’ideale processo di trasformazione delle aree ex Cofa per Pescara e i suoi cittadini?  Non c’è dubbio che la soluzione migliore sarebbe localizzare lì una dotazione territoriale di scala ampia e di fruizione pubblica che faccia da attrattore per flussi di visitatori anche internazionali.  Le città moderne si distinguono anche per l’attrattività delle loro dotazioni territoriali: a Genova si va per visitare l’acquario, a Bilbao per il museo Guggenheim, a Parigi Euro Disney è diventata un’attrazione che richiama visitatori da tutto il mondo al pari della Tour Eiffel.  Per quale motivo si viene a Pescara? La città ha una serie di importanti attrezzature alla scala territoriale: porto, aeroporto, polo giudiziario, stadio, shopping area diffusa, la stessa Università, etc., ma sono ancora insufficienti per giustificare l’inserimento della città nei grandi circuiti economici e turistici europei.  La Vision che il Dipartimento di Architettura un paio di anni fa ha costruito con la ricerca #VersoPescara2027, suggeriva di rafforzare le dotazioni territoriali della città con alcune proposte strategiche che vadano nella direzione di conferirle nuova attrattività, e quindi riconoscibilità, che si traduce in maggiore competitività nel panorama europeo.  Qual è l’elemento critico di questo ragionamento?  È evidente che sia la fattibilità economica!  L’attuale momento di recessione economica globale, se pur con timidi segnali di ripresa, non garantisce alcuna sicurezza di investimento né privato, né tantomeno pubblico per questa tipologia di funzioni.  In questo momento non temo smentita nel dire che se non è l’Università che investe, l’area ex Cofa è destinata a rimanere congelata per molti altri anni. E allo stesso modo mi sento di dire che se l’Università va via da viale Pindaro, tutta l’area di Porta nuova ne risentirebbe negativamente.  Anche se fosse sostituita dalla Regione, che ha altri flussi di utilizzatori e altre fasce orarie di utilizzo.
  3. Dal punto di vista degli Enti locali.  E infine quali ragioni spingono la Regione Abruzzo a scambiare le aree con l’Università per soddisfare le reciproche esigenze di ampliamento e concentrazione?  Le tipologie degli edifici del Polo Pindaro sono adeguate alle esigenze dell’Ente regionale?   L’Amministrazione comunale di Pescara (prima ho parlato di Città di Pescara, c’è una sottile differenza) in questa vicenda non ha il “portafoglio”, ma ha un ruolo centrale perché “da le carte”: l’iter autorizzativo.  Il Comune sa perfettamente che, se non investe l’Università, l’area ex Cofa è destinata a rimanere defunzionalizzata per chissà quanto tempo ancora.  Però ha capito anche l’importanza della vocazione pubblica e attrattiva dell’area.  Per questo (almeno leggendo sui giornali il dibattito politico) tenderebbe a volere la “botte piena e la moglie ubriaca”: un po’ di Università all’ex Cofa, però un po’ anche in viale Pindaro; la Regione a Pindaro, però altre attività attrattive legate al turismo all’ex Cofa; volumetrie che richiamino investitori all’ex Cofa, però anche ampi parchi pubblici, etc.  Ma attenzione: è proprio il pot-pourri di idee che bisogna evitare!   Bisogna avere un’idea di città, una strategia di futuro e perseguirla con coerenza!

CONCLUSIONI (finalmente direte voi…)

Qui ritorno schematico.

  1. Bene ha fatto il Rettore a sottolineare la necessità di ampliamento del Polo universitario di Pescara. Ricordiamoci che la precedente amministrazione aveva ridimensionato il progetto di ampliamento del Polo Pindaro riducendolo alla sola Biblioteca.
  2. Bene ha fatto il Rettore a guardarsi intorno per valutare le diverse possibilità di ampliamento che offre il mercato. Ha fatto quello che farebbe un buon padre di famiglia che di fronte alle necessità di comperare una nuova casa, riflette se gli conviene ampliare l’appartamento che già possiede ricavandone alcune stanze in più, oppure comperarne uno nuovo più grande in un’altra parte della città.
  3. Ora però il Rettore deve farsi promotore di un’idea strategica (un master plan) di sviluppo edilizio, non decidendo da solo, ma facendosi supportare da esperti nell’analisi costi/benefici di tutte le opzioni; sono necessarie attente verifiche di fattibilità tecnica, economica, sociale.  Poi bisogna portare la discussione negli organi deputati, Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione, e nei Dipartimenti pescaresi chiamati in causa in prima persona.
  4. È inoltre necessario condividere un percorso di partecipazione con tutte le forze attive sul territorio (sociali, economiche, culturali, etc). È chiaro che l’Università non ha nessuna convenienza a forzare la mano su una specifica soluzione, se la stessa dovesse comportare evidenti reazioni di contrasto in città.  Guidare questo percorso di partecipazione però è compito del Comune, non certo dell’Università.
  5. L’Università ha fatto quello che doveva fare, guardarsi intorno per capire come soddisfare la sua esigenza di spazi. Ora deve aspettare gli esiti delle verifiche di fattibilità, valutarne le risultanze per poi decidere dove sia opportuno investire i propri sforzi, non solo economici, in piena sintonia con la città.  Perché il potenziamento delle strutture universitarie, a cominciare dalla realizzazione della Biblioteca, è un obiettivo strategico decisivo per il futuro non solo dell’Università G. d’Annunzio, ma di tutto l’ambito geografico metropolitano abruzzese.

Il mio orientamento, alla fine di queste riflessioni è chiaro: trasferire il Polo Universitario di Pescara all’ex Cofa? NO, grazie!  Bisogna ridurre al minimo e, laddove possibile, rinunciare a qualsiasi impegno economico inerente all’ampliamento del patrimonio edilizio UdA su aree diverse da quelle di proprietà attigue a quelle esistenti.  Portare in discussione, nelle sedi opportune, un programma edilizio riguardante un Master Plan per la riqualificazione del Campus di Chieti e del Polo di Pescara (aggiornamento del “Nuovo Pindaro”), e poi una volta condiviso il progetto complessivo di sviluppo, programmare un’attuazione per stralci funzionali ogni qualvolta il nostro bilancio ce lo consenta o ogni qualvolta si presentino risorse straordinarie, senza più farci distrarre dalle “sirene” di proposte – pur allettanti – che però non rientrano in questo disegno strategico.

Area ex Cofa zenitale
Polo Pindaro zenitale
06 - Panoramica aree ex Cofa
Progetto "Nuovo Pindaro" completo
Planimetria generale Nuovo Pindaro - visione notturna
Biblioteca - Planimetria (i settori 7, 8 e 9 sono il sedime dove dovrebbero sorgere gli edifici delle aule dei dipartimenti)
Progetto "Nuovo Pindaro: la Biblioteca
Biblioteca - Ingresso
Biblioteca Visione notturna lato piazza
Biblioteca - vista dall'interno
Biblioteca - Ingresso
Biblioteca - Piano terra
Biblioteca - sezione longitudinale
Biblioteca - Sezione longitudinale

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