25 Febbraio 2023

LA CAMPAGNA ELETTORALE PER IL NUOVO RETTORE UDA È GIUNTA AL TERMINE

É stata una campagna intensa, per certi versi anomala, dato che è iniziata l’anno scorso quando pareva che fosse in scadenza il mandato del Rettore uscente, per poi continuare dopo la proroga ministeriale.  All’inizio sembrava potessero esserci quattro o cinque candidati.  Ad un certo punto invece era data per certa un’unica candidatura dal Polo di Pescara e due in ambito medico dal Campus di Chieti.

Abbiamo dovuto aspettare il 23 gennaio, scadenza per la presentazione delle candidature, per scoprire che eravamo solo noi due: io e Rino.

Alla fine, è giusto così.

Il prof. Stuppia ed io siamo fra i docenti del nostro Ateneo che possono vantare un curriculum adeguato al ruolo, non fosse altro che per ragioni anagrafiche: due volte direttori di dipartimento, due volte consiglieri di amministrazione, due volte senatori accademici; abbiamo lavorato fianco a fianco in importanti commissioni di Ateneo.  Siamo stati addirittura entrambi candidati nella precedente competizione elettorale 2017.  Vent’anni di governance in UdA.

Io e Rino siamo amici, abbiamo un profondo rispetto uno dell’altro, una stima che ci deriva dalla conoscenza reciproca. Abbiamo dato, ciascuno a modo suo, un contributo che credo tutti ci abbiano riconosciuto, in questa campagna elettorale.  C’è stato un grandissimo fair play tra di noi.  Siamo entrambi consapevoli che l’apporto che ciascuno di noi ha saputo dare non andrà perduto, ma costituirà una “dote” importante per il nuovo Rettore.

Nel corso della campagna elettorale si è aperto un dibattito costruttivo sul futuro della nostra Università e delle sue due città universitarie, era una delle ragioni della mia candidatura.  Una riflessione sui nostri punti di forza, sulle nostre criticità, senza nascondere la polvere sotto il tappeto, con l’obiettivo di rendere Uda e il suo territorio più competitivi a scala nazionale e internazionale.

Anche quando sono state sottolineate opinioni divergenti rispetto ad alcune strategie poste in essere dalle precedenti amministrazioni, lo si è fatto nel pieno del rispetto delle istituzioni, rimanendo coerenti a posizioni assunte da tempo, esercitando quel “senso critico” che è l’anima stessa dell’accademia.  Guai se l’Università si appiattisse al pensiero unico!

Desidero cogliere questa occasione per ringraziare il Rettore uscente, prof. Caputi, per il lavoro che ha svolto.  Sergio ha ottenuto risultati importanti nonostante abbia dovuto operare in un contesto ambientale difficilissimo: le vicende giudiziarie ereditate dalla precedente amministrazione, la pandemia, la guerra, il rincaro dell’energia.

Ora mi godo un paio di giorni riposo, aspettando con serenità l’esito del voto il 28 febbraio.  Allora capirò se l’impegno che ci ho messo, le “100 idee” del mio Documento Programmatico ed io stesso siamo stati apprezzati, nella forma e nei contenuti.

In ogni caso… grazie di cuore dell’attenzione che mi avete riservato!

PF

Intervista al Prof. Paolo Fusero sul rapporto tra l'Università G. d'Annunzio e la città di Chieti
Il Centro 28.02.23
Il Messaggero 28.02.23
Il Messaggero 25.02.23
Il Messaggero 26.02.23
6 Febbraio 2023

LE IDEE HANNO GIÀ VINTO!

Sta avvenendo una cosa straordinaria!

La nostra comunità accademica (e non solo…) in questi giorni sta finalmente discutendo sul proprio futuro e quello delle nostre due città universitarie.

Era una delle ragioni della mia candidatura!

Io e il prof. Rino Stuppia, i due candidati Rettori, in un clima costruttivo di reciproca stima e di assoluto fair play, abbiamo iniziato il faticoso, ma entusiasmante giro di consultazioni con tutte le componenti del nostro Ateneo: i dipartimenti, il personale docente e tecnico amministrativo, gli studenti, etc.

È stato predisposto un fitto calendario di incontri di cui alcuni plenari, presso l’auditorium di Chieti e l’aula rossa di Pescara, aperti al pubblico.

Le “100 IDEE” di cui mi sono fatto portatore stanno alimentando il dibattito: c’è chi si dichiara d’accordo su tutto, chi mi rimprovera di non aver sottolineato abbastanza alcune criticità, chi è perplesso su alcune mie posizioni, ma soprattutto da questa riflessione collettiva stanno emergendo ulteriori suggerimenti, suggestioni, proposte.

Posso dire, a ragion veduta, che la nostra Università ha già raggiunto un risultato importantissimo: dal confronto dei due programmi elettorali ne scaturisce una prospettiva di complementarità che, indipendentemente dall’esito del voto, costituirà un riferimento solido per il prossimo Rettore.

Le idee hanno già vinto!  

Adesso c’è “solo” da stabilire chi sarà a portarle in attuazione, ma sia io che Rino sappiamo che dalle urne non uscirà un vincitore e uno sconfitto, ma una comunità scientifica più motivata, ricca di progetti e obiettivi per il futuro.

Ed eccole le “100 IDEE” contenute nel mio Documento Programmatico.   Per facilitarne la lettura le ho sintetizzate in forma di PILLOLE.

Il Messaggero 25.01.23
Il Centro 24.01.23

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    17 Gennaio 2023

    INIZIA LA CORSA ELETTORALE PER IL NUOVO RETTORE DELL’UNIVERSITA’ G. D’ANNUNZIO

    Mi candido!

    Dopo essermi consultato con molti colleghi, in questi mesi, ed aver ascoltato le loro riflessioni sul futuro della nostra Università, mi sono reso conto dell’utilità di una candidatura proveniente dal Polo di Pescara, complementare a quelle che ci potranno essere dall’area medica del Campus di Chieti, che tradizionalmente esprime i Rettori della nostra Università potendo contare sui due terzi della forza elettorale.

    Ho la assoluta convinzione che un cambio di prospettiva in tal senso possa essere molto utile alla nostra Università e che i benefici risulterebbero evidenti per entrambe le sedi, per entrambe le città e per tutti i Dipartimenti, a cominciare da quelli dell’area medica di Chieti che ovviamente godrebbero della massima attenzione.

    Ho già partecipato alle elezioni del 2017 e proprio da quell’esperienza traggo la convinzione che il confronto elettorale sia un momento straordinario in cui la comunità accademica nel suo complesso è chiamata a riflettere su sé stessa, discutere progetti, proporre strategie, ampliare i propri orizzonti.  Da questa fase scaturisce quel crogiuolo di idee che sarà la preziosissima dote consegnata al prossimo Rettore.  Ben vengano dunque più candidature!

    Saluto e ringrazio il Rettore uscente, prof. Caputi. Sergio è un amico, prima ancora che un collega. A lui va riconosciuto il merito di aver guidato con impegno la nostra Università in un periodo particolarmente tormentato: le vicende giudiziarie ereditate dalla precedente amministrazione, la pandemia, ora la crisi energetica e l’aumento dei costi di gestione.

    Certo, ci sono state alcune sue decisioni che non ho condiviso, a cui mi sono opposto nella mia qualità di Consigliere di Amministrazione, ad esempio quelle relative alla politica edilizia universitaria o all’idea di trasformare la nostra Università in una Fondazione privata, ma ho sempre espresso il mio dissenso pubblicamente, anche dal mio blog, con la franchezza e il rispetto che contraddistingue il nostro rapporto.

    Adesso aspetto il 23 gennaio, data di scadenza per la presentazione delle candidature, per potermi confrontare con gli altri colleghi candidati, ma già ora voglio augurare a loro e a tutta la comunità accademica dell’Università G. d’Annunzio una “buona campagna elettorale”, basata sul fair play, sulla stima e il rispetto reciproco.  Guardando al futuro della d’Annunzio sono fiducioso, non intravedo in questa competizione alcun pericolo da scongiurare, ma solo prospettive di crescita per la nostra Università e per i nostri territori di appartenenza.

    Dalle urne non uscirà un vincitore e uno sconfitto, ma una comunità scientifica più motivata, ricca di progetti, di idee e di obiettivi per il futuro.

    Il Centro 17.01.23
    Il Centro 04.01.23
    6 Ottobre 2022

    IL PROGETTO DEGLI HABITAT COSTIERI NELLA RICERCA E NELLA FORMAZIONE

    “A che punto sono i processi di trasformazione delle aree costiere italiane? In che modo i cambiamenti climatici, l’erosione, la fruizione turistica, la pressione insediativa stanno incidendo su uno degli ecosistemi più preziosi e delicati della penisola? Quali sono le best practice in ambito nazionale ed internazionale?”.

    Per dare risposta a queste domande Legambiente, l’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani, il Dipartimento di Architettura di Pescara e il Corso di Laurea in Scienze dell’Habitat Sostenibile di Pescara hanno organizzato la Conferenza internazionale dei paesaggi costieri “COSTE IN MOVIMENTO”, 6-7 ottobre 2022, Aurum Pescara.

    Nel video che segue è riportata la sessione “Il progetto degli habitat costieri nella ricerca e nella formazione“, in cui Carola Hein, Maria Chiara Tosi, Nicola Martinelli e Michelangelo Russo hanno presentato alcuni loro casi di studio, ed io ho provato a trarre le conclusioni.

     

    21 Febbraio 2022

    UNA RIFLESSIONE SUL PNRR A PARTIRE DALLA VICENDA EX COFA A PESCARA

    Torno ad occuparmi di un argomento di politica universitaria locale (l’ampliamento della sede universitaria di Pescara nelle aree dell’ex mercato ortofrutticolo) per esporre la mia posizione e per fare una riflessione di carattere più generale sull’utilizzo dei fondi di finanziamento del PNRR. 

    Nei giorni scorsi il CdA della mia Università (di cui faccio parte) ha posto in votazione la proposta di partecipare al bando dell’Agenzia della Coesione Territoriale per la realizzazione nell’area ex Cofa di Pescara di un edificio universitario denominato “EASSITECH (Ecosistema dell’Adriatico per la sostenibilità, salute, clima e innovazione tecnologica)”. I principali partner di questa iniziativa oltre all’Università G. d’Annunzio (soggetto proponente) sono: Regione Abruzzo, Comune di Pescara, Confindustria Chieti-Pescara, Camera di Commercio Chieti-Pescara, Fondazione Ud’A, Università Politecnica delle Marche.

    Io già in diverse occasioni – ricordo, ad esempio, un convegno sull’argomento tenutosi nella scorsa primavera (vai al link) – ho manifestato la mia contrarietà ad investimenti edilizi della nostra Università su aree pescaresi che non siano quelle di proprietà pubblica attigue al Polo Pindaro, dove sorge l’attuale sede universitaria.

    Mi riferisco all’ipotesi di qualche tempo fa, che era stata anche riportata dagli organi di informazione locale, di trasferire la sede universitaria pescarese (vai al link) o parte di essa proprio nell’area ex Cofa.  Allora mi opposi con fermezza a quell’ipotesi di trasferimento, totale o parziale, della sede universitaria pescarese in una localizzazione certamente prestigiosa, ma non adeguata alla nostre esigenze.

    Ora la delibera assunta del CdA riguarda la stessa area – l’ex Cofa – però un oggetto diverso: non più il trasferimento dell’Università, ma (come si legge nella delibera) – “un contenitore polifunzionale dove vengono svolte attività di innovazione tecnologica, formazione, ricerca e iniziative culturali” … che di fatto è l’Università!”

    La delibera assunta, per adesso, ci impegna anche alla copertura delle spese per la progettazione dell’intervento, stimate fino ad un massimo di 200.000 euro, che poi saranno affidate a soggetto esterno.   E’ chiaro però che a questi costi iniziali dovrebbero essere aggiunti quelli (non ancor preventivati, ma stimabili in qualche milione) per l’allestimento, gli arredi, le attrezzature, la manutenzione e la gestione nel tempo della struttura.

    Più volte, anche in sede di Consiglio di Amministrazione UdA, ho contestato al Rettore prof. Caputi che l’errore più grande che possiamo fare dal punto di vista urbanistico è quello di andare dietro alle opportunità edilizie che si presentano di volta in volta – che prese singolarmente possono anche apparire molto allettanti (come questa) – senza avere una visione complessiva, un’idea di città universitaria che vogliamo perseguire.

    Più volte ho sottolineato l’esigenza di portare in discussione, nelle sedi opportune, una visione d’insieme di un Piano di ampliamento e rigenerazione del Campus di Chieti e del Polo di Pescara, (chiamatelo “Masterplan”, chiamatelo “Progetto strategico”, chiamatelo come volete) e poi una volta condiviso il progetto complessivo di sviluppo, programmare un’attuazione per stralci funzionali ogni qualvolta il nostro bilancio ce lo consente o ogni qualvolta si presentano risorse straordinarie, senza più farci distrarre dalle sirene di proposte che non rientrano in questo disegno strategico.

    La mia idea – lo ricordo per l’ennesima volta – è che l’ampliamento della nostra Università a Pescara debba concentrarsi sulle aree di proprietà pubblica attigue al Polo Pindaro esistente, senza disperdere energie economiche e intellettive, su altre aree defunzionalizzate che ci sono in città o nell’area metropolitana e che ci vengono generosamente proposte dagli amministratori locali.  Le aree sul retro della nostra Università (quelle a fianco del Tribunale verso via Falcone Borsellino, per intenderci) sono di nostra proprietà: sono state oggetto di una permuta con l’edificio ex Aurum proprio allo scopo di realizzare l’ampliamento del Polo universitario pescarese.  Sempre allo stesso scopo in questi anni l’Università ha deviato il fosso Bardet che tagliava in due quelle aree e ha addirittura commissionato (e pagato) il progetto di ampliamento del “Nuovo Pindaro” ad uno degli studi di architettura più importanti d’Italia.  Per cui mi si deve spiegare la ragione per cui in questi ultimi anni invece di utilizzare quelle aree di “naturale espansione” le abbiamo lasciate in abbandono e siamo andati cercando altre aree su cui ampliarci in giro per la città.

    Sarebbe un errore procedere all’ampliamento del Polo universitario in aree diverse da quelle attigue, anche perché ci troveremmo con gli edifici universitari posti in siti satellite distanti qualche chilometro l’uno dagli altri.  La natura dei flussi di utenza delle attività universitarie impone la concentrazione dei servizi e degli spazi per la didattica e la ricerca.  La biblioteca deve essere il cuore pulsante (anche simbolico) della vita universitaria; le aule, i laboratori, i centri di ricerca, gli edifici di servizio per gli studenti (mensa, foresteria, studentato) e quelli a servizio delle attività di III missione (incubatori d’impresa, spazi per startup) devono essere tra loro facilmente raggiungibili perché i fruitori sono gli stessi studenti, docenti e tecnici amministrativi che si muovono quotidianamente da un edificio all’altro del campus a seconda dell’attività che devono svolgere. Le aree pedonali, le piazze, il verde, gli esercizi commerciali, le piste ciclabili, formano la rete connettiva di fruizione pubblica che garantisce la vita del complesso organismo universitario mettendolo in osmosi con il tessuto urbano circostante.  Questo è un Campus urbano!

    Per capirci – quindi – se la proposta di un nuovo Centro di eccellenza a servizio delle attività universitarie pescaresi avesse potuto riguardare, anziché le aree ex Cofa, quelle aree in disuso di nostra proprietà sul retro del Polo Pindaro di cui ho detto, oppure la Caserma dei Vigili del Fuoco o la caserma Cocco, attigue alla nostra sede universitaria, io avrei plaudito all’operazione, purtroppo invece così non è, data la natura e i vincoli imposti dal bando stesso.

    Ampliando l’Università sulle aree di proprietà sul retro del Polo esistente, e coinvolgendo nel processo di rigenerazione la caserma dei VV.FF. e la ex Caserma Cocco (sedi ideali per servizi agli studenti e neo laureati), si trasformerebbe il Polo Pindaro in un vero e proprio Campus urbano; una cittadella universitaria aperta alla città con casa dello studente, foresteria, mensa, spazi di coworking per start up, etc. Tutta la zona di Porta Nuova ne avrebbe un evidente beneficio.

    L’ex Cofa, dal canto suo, ha un potenziale enorme, probabilmente è la più pregiata tra le aree defunzionalizzate pescaresi, è comprensibile che gli enti locali chiedano all’Università di farsi promotrice del suo processo di trasformazione.  Meno comprensibile è l’atteggiamento dell’Università che si lascia “tirare per la giacchetta” senza aver ancora messo a fuoco un suo disegno strategico di ampliamento delle strutture universitarie.  Senza parlare del fatto che un’area di waterfront così strategica come l’ex Cofa, cerniera tra la città, il lungofiume e il porto turistico, ha una vocazione evidente per un utilizzo aperto al pubblico.  E l’Università, per sua natura, non può garantire questo tipo di uso pubblico “aperto” alla cittadinanza: le aule universitarie, i suoi uffici, i suoi laboratori dotati di costose attrezzature, non possono essere di libero accesso.  Tuttalpiù si possono lasciare aperti alcuni percorsi di attraversamento tra le strutture.  E questo non è esattamente quello che ci si aspetta da un’operazione strategica di waterfront che vuole invece spazi pubblici e attrezzature collettive di libera fruizione, magari di riferimento territoriale, come si vedono in tutti gli waterfront del mondo.

    Morale della favola: la delibera del CdA è stata comunque assunta. Io, per le ragioni esposte, ho votato contro. Non è da escludere che il progetto possa essere finanziato dal Ministero… vedremo.

    Cosa ci insegna questa vicenda?

    Che la logica di aggiudicazione del finanziamento straordinario (fondi europei, PNRR, fondi ministeriali, etc.) vince sulla logica di individuazione delle esigenze collettive.

    Le opere pubbliche oramai si realizzano non tanto in ragione di uno studio complessivo dei fabbisogni, delle prospettive e delle sinergie che possono determinare, ma in ragione delle occasioni “random” che derivano dai bandi competitivi di finanziamento.  Può succedere che un’opera pubblica venga promossa sui tavoli decisionali non perché risponde ad una richiesta specifica della collettività, ma perché risponde alle caratteristiche tecniche (in termini di punteggi da attribuire) richieste dal bando di gara.

    Quante volte è successo che un progetto europeo si sia trasformato da un fattore di merito ad un problema collettivo? Quante volte la rendicontazione del progetto europeo è diventato il vero obiettivo su cui si sono focalizzati tutti gli sforzi degli enti locali, indipendentemente dall’utilità pubblica di ciò che si sta realizzando? A volte addirittura questo disallineamento tra obiettivi politico-amministrativi (ottenere il finanziamento e rendicontarlo) e obiettivi sociali (ottenere interventi che soddisfino le esigenze reali espresse dalla comunità) porta all’insorgere di fenomeni di rifiuto da parte della popolazione residente (effetto NIMBY).

    Attenzione perché se questo ragionamento fosse corretto, a livello nazionale noi ci potremmo ritrovare tra qualche anno ad essere riusciti a realizzare tutti i progetti del PNRR, per poi accorgerci che molte delle opere costruite non sono prioritarie rispetto ai fabbisogni collettivi.

    E allora forse sarebbe meglio lasciarci sfuggire qualche “occasione imperdibile” di finanziamento straordinario, concentrandoci solo su quegli interventi che effettivamente rientrano nella visione strategica di città (universitaria) che vogliamo perseguire.

    C’è materia su cui riflettere…

    Il Messaggero 2 marzo 2022
    4 Ottobre 2021

    INAUGURAZIONE “SCIENZE dell’HABITAT SOSTENIBILE”

    Venerdì 8 ottobre 2021 è una data importante per tutti noi.

    E’ la data di nascita del nuovo corso di laurea triennale in “Scienze dell’habitat sostenibile” dell’Università G. d’Annunzio.  L’inaugurazione dell’anno accademico è affidata a Ermete Realacci, noto ambientalista; seguiranno altri incontri di divulgazione scientifica sul tema dell’habitat con Luca Mercalli e Mario Tozzi.

    Il percorso per arrivare a dar vita a questa nuova creatura del Dipartimento di Architettura di Pescara è stato complesso.  L’idea parte nel 2017 quando, in piena crisi del mercato edilizio e conseguenze difficoltà di inserimento dei nostri laureati nel mondo del lavoro, iniziammo una ricerca di mercato per capire quali fossero le prospettive occupazionali future per il mondo dell’architettura.  Poco prima avevamo aperto il corso di laurea in Design, che si dimostrò subito un successo in termini di iscrizioni.  La ricerca ci indicò in modo inconfutabile che il mercato del lavoro avrebbe avuto di li a poco una forte sterzata ecologico-digitale (allora non si chiamava ancora “transizione”) determinata dalla crisi ambientale che stavamo vivendo e dalle esigenze espresse dalle giovani generazioni che si andavano coagulando intorno a neonati movimenti giovanili sensibili al futuro del nostro Pianeta (“Fridays for future“, per es.).

    Agenda 2030 era appena stata sottoscritta da 193 Paesi dell’ONU, e gli obiettivi n. 11 e n. 13 (progettare città sostenibili e lottare contro i cambiamenti climatici) diventarono per noi segnali luminosi che ci indicavano la strada verso l’innovazione.

    Iniziò un percorso impegnativo per l’accreditamento del corso di laurea al Ministero dell’Università.  Incominciammo a costruire una rete di stakeholders locali che ci accompagnò nella definizione dei contenuti professionalizzanti. Coinvolgemmo nel nostro progetto colleghi di diverse discipline scientifiche, sia dell’Università G. d’Annunzio che di altre Università.  Studiammo nuovi programmi didattici su tematiche ambientali e nuove metodologie di insegnamento con utilizzo diffuso di strumenti ICT. Cominciammo con sempre maggiore interesse a stringere collaborazioni scientifiche con enti e scienziati che prima di noi avevano intrapreso questo percorso.  Formammo una comunità accademica intorno al tema dell’habitat sostenibile prima ancora di aprire il Corso di Laurea.

    Il resto è storia recente: la Pandemia Covid-19 ci ha tenuti fermi al palo per un anno intero; il New Generation UE ha sancito la bontà della nostra intuizione ponendo le tematiche ambientali e digitali al centro degli interessi della Comunità Europea; il PNRR sta convogliando cospicue risorse europee sui temi di cui ci stiamo occupando, moltiplicando – di fatto – le occasioni di lavoro per i nostri futuri laureati.

    Ed eccoci qua… un po’ emozionati… come scolaretti il primo giorno di scuola ad aspettare che suoni la campanella per correre nelle nostre aule a fare il nostro mestiere… formare professionisti consapevoli, ma soprattutto cittadini responsabili.

    Questa è l’Università che ci piace!

    20 Aprile 2021

    IL DIFFICILE RUOLO DI CITTA’ UNIVERSITARIA

    Si fa presto a riempirsi la bocca col termine “Città universitaria”, ma Pescara e la sua Università sono davvero fatte una per l’altra?

    L’ultima volta che sono intervenuto in sede pubblica sul tema dell’edilizia universitaria pescarese è stato poco più di un anno fa e l’ho fatto attraverso il mio blog con un articolo sull’ipotesi di trasferire la sede universitaria pescarese (vai al link), o parte di essa, nell’area dell’ex Cofa, il Consorzio Ortofrutticolo.

    Nel post manifestavo tutte le mie perplessità su questa ipotesi, cercando comunque di mantenere un atteggiamento equidistante, tra le due fazioni cittadine che si erano venute nel frattempo a creare: coloro che si erano “messi in testa un’idea meravigliosa” di avere una nuova sede universitaria in riva al mare e coloro che invece si mostravano freddi se non addirittura contrari a quell’ipotesi.  Allora feci un ragionamento piuttosto complesso – una sorta di Swot Analisi – e descrissi i diversi scenari che si sarebbero potuti verificare, mettendo in evidenza i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce, di ognuna delle ipotesi in campo.  A conclusione di quel ragionamento, la mia posizione fu chiara: io ero contrario al trasferimento dell’Università all’ex Cofa!

    Le ragioni che mi portavano a quella convinzione erano diverse:

    • prima di tutto perché si sarebbe spaccata in due la comunità accademica pescarese, perché gli spazi a disposizione non erano sufficienti per trasferire tutti i corsi di laurea, per cui alcuni Dipartimenti sarebbero dovuti rimanere in Viale Pindaro;
    • poi la viabilità inadeguata a sopportare un ulteriore carico insediativo;
    • l’assenza del collegamento diretto con la ferrovia;
    • la complessità politico-amministrativa dell’area che poteva rappresentare un rischio di impresa per l’Università (per es. l’iter approvativo non solo del progetto, ma anche delle necessarie opere infrastrutturali aggiuntive sarebbe dipeso non da noi ma da altre amministrazioni);
    • senza contare naturalmente che – guardando la questione dal punto di vista della città – era evidente che: 1) andando via l’Università da viale Pindaro tutta l’area di Porta Nuova ne avrebbe risentito negativamente; 2) l’obiettivo di consentire il pubblico accesso a quelle aree così strategiche per la città, non poteva essere garantito dall’Università, che per sua natura non può consentire la libera circolazione nelle sue aule, nei suoi costosi laboratori, nei suoi uffici. Tuttalpiù si possono lasciare aperti al pubblico alcuni percorsi di attraversamento tra le strutture.

    Quello che però emergeva con evidenza da quel dibattito di un anno fa, era la completa mancanza di un’idea strategica del ruolo che l’Università avrebbe dovuto assumere all’interno della città: non c’era un’idea di città universitaria. Gli amministratori locali ci stavano offrendo le loro aree pregiate defunzionalizzate – passatemi l’immagine – così come un mercante arabo offre la propria mercanzia ad un compratore straniero in un bazar del Cairo.   Il Sindaco di Pescara ci accompagnava a visitare l’ex Cofa; quello di Montesilvano la Colonia Stella Maris. Stessa cosa facevano i privati, come i proprietari dell’area ex Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria.  Iniziò una sorta di “tiro alla giacchetta” dell’Università bancomat che sinceramente mi diede fastidio, ma che soprattutto, con la pianificazione urbanistica aveva poco a che fare.  Ma quel che è peggio è che noi stessi, l’Università G. d’Annunzio, non avevamo – e purtroppo non abbiamo tutt’ora – le idee chiare in merito ad un disegno strategico che possa soddisfare le nostre necessità di ampliamento a Pescara.

    Io mi prendo naturalmente tutte le responsabilità che mi competono.

    Sono Urbanista, per professione e per ruolo accademico, ho svolto i due mandati istituzionali da Direttore del Dipartimento di Architettura di Pescara, ciononostante non sono stato in grado di far capire neppure ai vertici della mia Università che l’errore più grande in questi casi è di andare dietro alle opportunità che si presentano di volta in volta – che prese singolarmente possono anche apparire allettanti – senza una visione complessiva di quello che si vuole ottenere.  In altre parole, alla base della discussione non c’era un’idea strategica di sviluppo dell’Università G. d’Annunzio dentro la città, ma un patchwork di proposte scollegate tra loro, senza né capo né coda.

    E la città di Pescara, purtroppo, da questa punto di vista è recidiva: mi riferisco per esempio al pot-pourri di idee sulle Aree di risulta ferroviarie, alle scelte schizofreniche sulla Strada Parco (da alcuni ritenuta un prezioso corridoio ecologico, da altri indicata come parcheggio estivo), fino ad arrivare alla scelta delle aree dove espandere l’Università.

    A questo punto direi che è utile fermarsi un attimo e ricordare a tutti quanti come siamo arrivati a questo punto.

    È da vent’anni che il nostro Ateneo manifesta l’esigenza di espandere la sua sede pescarese, sia per mancanza di spazi e di dotazioni, sia per l’obsolescenza delle strutture.

    La prima ipotesi è del 1998 (Rettore Cuccurullo, DG Napoleone) a seguito della quale vi fu l’adesione al PRUSST “Città lineare della costa”, successivamente ammesso a finanziamento dal Ministero dei LL.PP.

    Poi nel 2001 ci fu l’Accordo di Programma, tra Comune Provincia e Università, per la realizzazione del cosiddetto Nuovo Pindaro, nell’area sul retro della sede attuale, che nel frattempo era stata acquisita dall’Università in permuta con il complesso “ex AURUM”.  Il progetto “Nuovo Pindaro” prevedeva aule, laboratori, uffici, biblioteca, oltre a piazze coperte e scoperte e spazi verdi.

    Con il cambio di governance di Ateneo nel 2012 (Rettore Di Ilio, DG Del Vecchio) cambiarono anche le prospettive di ampliamento della sede pescarese.  Il progetto Nuovo Pindaro venne congelato e ridimensionato, stralciando le aule e mantenendo solo l’edificio della Biblioteca.

    Alla governance attuale insediatasi nel 2017 (Rettore Caputi, DG Cucullo) va il merito di aver investito risorse per l’adeguamento tecnologico del vecchio Polo Pindaro e di avere riproposto il tema dell’ampliamento della sede di Pescara, anche se come dicevo prima, senza avere le idee chiare sul da farsi.

    A Caputi voglio dire, con la franchezza che contraddistingue il nostro rapporto di amicizia, che la scelta migliore a questo punto è una sola: portare a compimento il progetto del cosiddetto “Nuovo Pindaro” nelle aree a fianco del Palazzo Micara!  È l’ampliamento “naturale” essendo le aree attaccate a quelle del vecchio Polo Pindaro.  Per altro sono aree di proprietà dell’Università, acquisite all’interno dell’Accordo di Programma del 2001 specificatamente per questa funzione, per cui se non si dovesse dar seguito al progetto previsto dall’Accordo di Programma, si dovrebbero addurre convincenti giustificazioni! Per altro, per preparare le aree all’edificazione si sono già spese diverse centinaia di migliaia di euro per deviare Fosso Bardet, il canale che attraversava l’area, e si è pagata (correttamente) circa un milione di euro la parcella dei professionisti che hanno redatto il progetto esecutivo della nuova Biblioteca e del nuovo Pindaro.  Ma soprattutto continuare con il progetto Nuovo Pindaro significa portare a compimento il masterplan seguendo un disegno strategico, che se venisse interrotto lascerebbe le strutture universitarie “monche”.

    OVVIAMENTE il progetto Nuovo Pindaro va aggiornato in considerazione delle nuove esigenze che nel frattempo si sono venute a determinare (laboratori specialistici, performance ecologico-ambientali, etc.). OVVIAMENTE il progetto va integrato con i nuovi assetti del tessuto urbano entro il quale è inserito. OVVIAMENTE vanno fatte le dovute verifiche di fattibilità, a cominciare da quelle economiche sulla capienza del nostro bilancio di Ateneo.   Ma è essenziale a questo punto tirare una linea, assumere una vision complessiva, condividerla con gli Organi di Ateneo e con i Dipartimenti pescaresi, e cominciare a programmare un’attuazione per stralci funzionali, ogni qualvolta il nostro bilancio ce lo consentirà, avendo chiaro il disegno da perseguire, senza più farci distrarre dalle sirene di qualche altra ipotesi immobiliare – pur allettante – che ci venga proposta da chicchessia.

    Il Polo Pindaro, sede pescarese dell'Università G. d'Annunzio, e l'area ex Cofa sul retro del porto turistico.
    Progetto "Nuovo Pindaro" completo
    Progetto "Nuovo Pindaro: la Biblioteca

    Ora un cenno ad un paio di altre “aree calde” che si trovano in prossimità del Polo Pindaro di cui si sono occupati gli organi di informazione locali sempre in prospettiva dell’ampliamento delle strutture universitarie.

    La prima è quella costituita dalle due caserme prospicienti tra loro, non distanti dall’Università: quella dei VV.FF. e la ex caserma Cocco con annesso parco pubblico.  Sono due aree molto interessanti di proprietà del Demanio dello Stato e del Ministero della Difesa, che potrebbero essere inserite in un ragionamento complessivo di “cittadella universitaria aperta”, così come d’altronde aveva fatto Stefano Civitarese, quando era assessore del Comune di Pescara, con il suo Master Plan “Polo della cultura e della conoscenza”, ispirato per altro, ad un imponente lavoro di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura e raccolto nel libro “Verso Pescara 2027”.

    A mio avviso però, l’interesse di poter intervenire su queste aree con un accordo tra amministrazioni pubbliche (quindi con un iter facilitato ex L. 241/90), non sarebbe tanto quello di soddisfare la necessità di nuove aule: sarebbe contraddittorio –  come detto – rispetto alla scelta che abbiamo già assunto di realizzare la nuova Biblioteca sul retro di palazzo Micara.  Le due caserme invece potrebbero essere ottimi contenitori di attività complementari a servizio della didattica e della ricerca universitaria: si potrebbe pensare, ad esempio, ad una casa dello studente (pubblica) con foresteria nell’area della Caserma VV.FF. e a un incubatore di impresa per start up e spin off nell’area ex Cocco in partnership con la Regione, le associazioni di categoria e altri investitori privati. O anche altre funzioni legate ad es. alla terza missione universitaria.

    A proposito di case dello studente (pubbliche o private), chiudo il ragionamento con un commento al progetto apparso di recente sui giornali che interessa le aree ex Di Bartolomeo. Si tratta di aree private, adiacenti al Polo universitario, ma sempre aree private sui cui i proprietari vantano legittimi diritti edificatori, per cui i nostri margini di manovra sono esigui, se non nulli.  Ma siccome sono aree su cui in questi anni si è concentrata una moltitudine di progetti elaborati dal Dipartimento di Architettura e dal Dipartimento di Ingegneria (esercitazioni, tesi di laurea, addirittura una Summer School), credo sia doveroso esprimere la nostra opinione.

    Dico subito che non condivido l’impostazione progettuale assunta.

    E non è un giudizio sulla qualità architettonica del progetto, firmato da un collega che non conosco, ma che ha tutto il mio rispetto. Io discuto a monte – le precondizioni tecniche e funzionali che sono state poste alla base di quel progetto. Gli infiniti esercizi progettuali che abbiamo fatto fare ai nostri studenti in questi anni, pur presentando una gamma di soluzioni molto diversificata, avevano tutte un filo conduttore, un assioma: creare un sistema di relazioni pedonali, ciclabili, di spazi pubblici, di verde… tra il Polo universitario e il mare passando attraverso le aree Di Bartolomeo, la zona stadio e la Pineta Dannunziana.

    Il progetto che vedo pubblicato sui giornali locali (queste al momento sono le mie fonti di informazione) attraverso cosa attua questo importante compito di connessione tra Università, Stadio, Pineta e mare?  Attraverso il parcheggio di un supermercato! E il verde? E la connessione pedonale e ciclabile? E gli spazi di aggregazione? Le piazze?

    Certo… se si deve raggiungere la cubatura prevista dalle norme del PRG (che non ho controllato, ma immagino siano state verificate dagli uffici competenti del comune di Pescara), una volta che si mette dentro l’area un supermercato, i parcheggi di legge, la palazzina residenziale, gli accessi carrabili… spazio per altre dotazioni non ne rimane tanto.  E allora il verde e gli spazi pubblici dove si mettono? Nelle aree di scarto! Ossia nei ritagli residuali della viabilità, nelle aiuole, nelle fioriere del parcheggio…

    Non entro quindi nel merito del progetto architettonico, discuto – e punto il dito accusatorio – sul paradigma progettuale alla base del progetto, che è il vecchio modo di fare che abbiamo utilizzato per cinquant’anni a partire dal boom economico del secolo scorso, quando le pressioni della rendita immobiliare portavano a realizzare prima i “palazzi” e poi, nelle aree di scarto che rimanevano, si mettevano i famosi 18 metri quadri ad abitante di verde, necessari per vedersi approvare il progetto dagli uffici comunali.  Che è esattamente l’opposto di quello che la buona pianificazione urbanistica suggerisce oggi: prima si progetta la spina dorsale degli spazi di relazione, del verde, della mobilità sostenibile (l’interesse pubblico) e poi, di conseguenza, si progettano gli edifici (l’interesse privato).

    È come sempre una “questione di priorità” o se vogliamo di “idea di città”.

    Il Polo Pindaro e le aree strategiche che lo circondano.
    Planimetria del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara. Il progetto prevede un supermercato e una palazzina ad uso residenze private per studenti.
    Immagine tratta dai media del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara.
    Locandina della giornata di studio sull'ampliamento del Polo Universitario di Pescara
    27 Marzo 2021

    8 LEZIONI SU HABITAT SOSTENIBILE E CITTA’ DEL FUTURO

    Un esperimento.

    Voglio provare a far uscire dalle mura accademiche un ciclo di 8 lezioni estratte dal mio Corso di Urbanistica, portandolo a casa di tutti coloro che ne sono interessati o semplicemente incuriositi.

    Un ciclo di lezioni di circa un’ora l’una, su tematiche ambientali che spiegano con parole semplici la mia posizione scientifica, e soprattutto il mio desiderio di divulgazione del sapere.

    D’altronde chi se non l’Università pubblica ha il compito di diffondere le conoscenze su tematiche così importanti per il futuro del nostro Pianeta come i cambiamenti climatici, il metabolismo urbano, le politiche ambientali, le smart cities, etc.

    E’ l’ora di voltare pagina.

    Lo dico con calma, senza toni allarmistici, ma nella profonda convinzione che il modello di sviluppo “depredatorio” nei confronti del nostro Pianeta, che ha contraddistinto gli ultimi cento anni di vita della nostra società, vada modificato senza indugi.

    Certamente dobbiamo continuare a progredire, ma dobbiamo farlo nel pieno rispetto degli equilibri naturali.  Non vuol dire cambiare radicalmente stile di vita, ma rinunciare al primato dell’uomo sulla natura, accettando la condizione di far parte di un habitat complesso in continua evoluzione.

    Non essere consapevoli del problema, o anche semplicemente lavarsene le mani, significa non tanto mettere a rischio il futuro del nostro Pianeta (che per milioni di anni ha fatto a meno di noi e potrebbe tranquillamente continuarlo a fare), quanto rendere instabile il futuro delle prossime generazioni.

    Ecco le lezioni

    Sostenibilità

    L’evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile ricostruito attraverso i passaggi storici che lo hanno determinato: dalla caduta del muro di Berlino fino al New Green Deal Europeo

    Economia

    Dal modello di sviluppo economico “depredatorio” della seconda metà del ‘900 al concetto di metabolismo urbano e di economia circolare del futuro.

    Habitat

    Dalle definizioni di habitat ad una riflessione sull’aumento e la concentrazione della popolazione mondiale nei grandi agglomerati urbani, fino al tema del “diritto all’acqua”.

    Clima

    Il fenomeno dei cambiamenti climatici e le azioni di mitigazione e adattamento che possono essere messe in campo per contenerli, dal punto di vista dell’architetto.

    Network

    L’evoluzione lessicale del termine “rete” nella lingua italiana. Dalle reti naturali alle reti infrastrutturali, con uno sguardo al passato, al presente e al futuro.

    Internet

    Dagli albori del web negli anni della Guerra Fredda, al web dinamico 2.0 parlando di sistemi di telecomunicazioni, aspetti sociali e dimensione ecologica delle reti digitali.

    Globalizzazione

    Globalizzazione dei mercati e globalizzazione culturale, attraverso crisi globali, distorsioni sociali e rischi per l’habitat.

    Città

    Che volto avrà la città del futuro? Una riflessione sulla “Complex E-city” di domani, a partire dai problemi degli slums di oggi, dove vive circa un quinto della popolazione mondiale.

    22 Marzo 2021

    Next Generation EU: un’economia a misura d’uomo per affrontare il futuro

    Continua l’esperimento di portare l’Università a casa vostra, soprattutto quando si parla di argomenti così importanti come quelli che riguardano l’ambiente e il futuro del nostro pianeta.

    Domani Venerdì 23 aprile 2021 Ermete Realacci (Fondazione Symbola) tiene una lezione all’interno del mio corso di urbanistica dal titolo “Next Generation EU: un’economia a misura d’uomo per affrontare il futuro“.

    Chi fosse interessato può seguire l’evento cliccando il link qui sotto

    Inizio ore 10:00 puntualissimi!!

    e mi raccomando… entrate in aula qualche minuto prima e spegnete la vostra telecamera e il vostro microfono per non disturbare.

    La lezione durerà circa 45 minuti, poi alla fine ci sarà un dibattito con gli studenti e allora si che potrete fare domande o intervenire con delle vostre considerazioni.

    A domani!

    12 Novembre 2020

    CONVERSAZIONI SULLA CITTA’ DEL FUTURO

    Città post pandemica, crisi climatica, temi della città del futuro.

    Di ciò si è parlato in questo talk inserito nel programma di iniziative culturali promosse dalla Fondazione Palazzo Ducale di Genova, a cui ho aderito con piacere nonostante i rinvii causa Covid.  Avrebbe dovuto tenersi nella splendida cornice della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.  Invece gli organizzatori, il prof. Musso e la prof.ssa Ghiara, erano sul palco, mentre io e Stefano eravamo collegati on line.

    A Genova torno sempre con gran piacere, anche in modalità virtuale!

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