Pescara: tre desideri per l’anno che verrà
Uno da comune cittadino, uno da urbanista e uno da direttore del dipartimento di architettura.
- Città sicura e inclusiva. Il primo da comune cittadino riguarda il tema della sicurezza in senso ampio. Mi piacerebbe che Pescara si distinguesse per l’inclusione sociale e la sicurezza percepita, a tutti i livelli: da quello drammatico relativo ai casi di femminicidio, alle discriminazioni di genere, alla sicurezza urbana, fino a quella stradale. E non attraverso solo azioni repressive, ma attraverso un insieme sistematico di azioni positive: incontri nelle scuole, convegni, servizi di supporto, illuminazione pubblica, utilizzo diffuso di ICT, etc.
- Città verde. Il secondo desiderio è da studioso delle città. Mi piacerebbe che Pescara si potesse qualificare come modello virtuoso per il raggiungimento degli obiettivi europei del “Green Deal”: azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050. Per far ciò sarebbe importante intercettare i fondi europei e utilizzarli per promuovere progetti e iniziative innovative che preservino l’ambiente e favoriscano la creazione di una coscienza ecologica da parte di tutti i cittadini, in particolare delle giovani generazioni. Lasciarci alle spalle il modello di sviluppo depredatorio, che ha contraddistinto la seconda metà del secolo scorso, e aderire convintamente ad uno maggiormente rispettoso dell’ambiente si può, a patto che ci sia un investimento proporzionale nella ricerca e nella comunicazione. Ci vuole un salto culturale prima ancora che economico-industriale.
- Città universitaria. Mi sono lasciato per ultimo il desiderio a cui forse tengo di più, in quanto Direttore del Dipartimento di Architettura di Pescara, e che in questi anni ha visto oppormi a idee di delocalizzazione della sede universitaria lontano da viale Pindaro (mi riferisco ad esempio all’ipotesi ex Cofa). Le esigenze impellenti del Polo universitario pescarese sono di due ordini: 1) ampliare le proprie strutture (mancano aule, laboratori, uffici e addirittura la biblioteca centrale); 2) riqualificare l’edificio esistente e le aree aperte adiacenti. In questa prospettiva il Polo Pindaro ha un potenziale straordinario di ampliamento sulle aree di proprietà dell’Università sul retro dell’attuale sede, aree che sono state acquisite allo scopo nel 2001, in permuta con l’ex Aurum. Una ulteriore possibilità di ampliamento del Campus Pindaro è rappresentata dall’acquisizione delle caserme prospicienti tra loro poste all’ingresso nord di viale Pindaro: la caserma dei VV.FF. e la ex caserma Cocco. Potrebbero essere inserite in un ragionamento di medio-lungo termine per completare l’idea di “cittadella universitaria” aperta alla città. Casa dello studente e servizi per gli studenti con annessa foresteria ottenuta attraverso la demolizione e ricostruzione della Caserma VV.FF.; incubatore di impresa per start up e spin off ottenuto dalla ristrutturazione della caserma ex Cocco e del parco pubblico retrostante, in partnership con la Regione, investitori privati, Confindustria e altre associazioni di categoria. Il Polo Pindaro diventerebbe così finalmente un Campus universitario a tutti gli effetti, continuando quel processo osmotico già collaudato che ha portato benefici a tutta la zona di Porta Nuova.
Sogni più che desideri? Mah… non lo so… quello che so è che “se uno sogna da solo è solo un sogno, ma se sono molti a sognare insieme allora è certamente l’inizio di una nuova realtà”.