Conferenze

30 Novembre 2024

SUMMER SCHOOL 2024: MASTER PLAN CAMPUS PINDARO

Il 2 dicembre presso l’Aurum di Pescara sono stati presentati i risultati della Summer School 2024 del Dipartimento di Architettura di Pescara, un workshop di 12 giorni full immersion che quest’anno è coinciso con i programmi d’interscambio europei (BIP) e ha visto la partecipazione di circa 200 studenti provenienti da 15 atenei di 12 paesi europei.

L’oggetto dell’esercitazione progettuale è stato l’ampliamento del Campus universitario pescarese, che interessa diverse aree di proprietà pubblica che si affacciano su viale Pindaro. Il programma e la locandina dell’evento si possono scaricare di seguito.

La Summer School è stata il primo contributo dei Dipartimenti Politecnici (Architettura e InGeo) al progetto di ampliamento, ed è servita a elaborare una visione complessiva, il masterplan.

L’impegno dei Dipartimento Politecnici pescaresi proseguirà con il secondo contributo, i laboratori multidisciplinari di laurea appena iniziati, che si concluderanno con le tesi della sessione estiva 2025 (aprile-luglio).

I laboratori di laurea approfondiranno i progetti sui singoli lotti funzionali individuati dal masterplan, e consegneranno al nostro Ateneo il materiale propedeutico che gli consentirà di dare avvio alla successiva fase attuativa, la predisposizione dei bandi di gara per il Progetto di Fattibilità Tecnico Economica previsto dal Codice degli appalti.

Si inizierà dalle aree di nostra proprietà alle spalle del Polo Pindaro dove il masterplan prevede l’edificio della Scuola Politecnica (aule, uffici, laboratori), l’aula magna, la biblioteca centrale del Campus, gli spazi di relazione pubblici, le piazze e le aree verdi.

Oltre alle aree di proprietà dell’Università, il masterplan estende il proprio interesse anche ad altre aree pubbliche, in particolare quelle della ex Caserma Di Cocco (proprietà del Ministero della Difesa) e quelle della Caserma dei Vigili del Fuoco (proprietà Demanio dello Stato).

E’ chiaro che il processo di ampliamento dell’Università su queste aree, soprattutto quella dei VV.FF., ha tempi dilatati perché è necessario prima individuare una delocalizzazione adeguata e soprattutto provvedere a realizzare la nuova caserma.  Si parla quindi di anni, ma è importante fin d’ora sottolineare l’importanza che queste strutture hanno nel progetto complessivo di ampliamento dell’Università.

In quelle aree il Masterplan localizza alcune strutture indispensabili per conferire competitività all’Università pescarese: la casa dello studente con annessa foresteria, nella caserma dei VV.FF., e l’incubatore di impresa per start up e spin off, nella ex caserma Di Cocco e nel parco retrostante (che naturalmente resterebbe di uso pubblico).

E’ nostra convinzione, che nel pieno rispetto delle esigenze operative delle attuali caserme e con i tempi necessari affinché le delocalizzazioni effettivamente rappresentino un valore aggiunto per la loro funzionalità, se si impedisse all’Università di espandersi sull’area delle caserme di viale Pindaro, si compirebbe un duplice errore.

In primo luogo, si ridimensionerebbe l’idea di “cittadella universitaria aperta alla città”, che renderebbe maggiormente competitiva l’Università e rilancerebbe tutta l’area di Porta Nuova.

In secondo luogo, i primi ad essere penalizzati dalla localizzazione attuale, sarebbero proprio i Vigili del Fuoco perché in una città di 120mila abitanti (che per altro sta apprestando a fondersi con due città confinanti), su cui giornalmente ne gravita il triplo, la caserma dei VV.FF. deve essere posta in una posizione baricentrica e soprattutto in diretta connessione con gli svincoli della viabilità veloce.

L’area di Viale Pindaro non ha questi requisiti, anzi ha un ulteriore “problema” rappresentato dai flussi lenti degli studenti che si muovono prevalentemente a piedi, in bicicletta o col mezzo pubblico, che conferiscono all’intera zona una forte propensione verso la pedonalizzazione o quantomeno la limitazione delle velocità di transito (zona 30). Che non sono esattamente le caratteristiche che dovrebbero avere le strade di accesso dei veicoli dei VV.FF.

Se si confermasse la presenza delle caserme nella zona universitaria di viale Pindaro anche nel futuro, si ripeterebbe una situazione che la città ha già subito anni or sono quando si è vista precludere la permeabilità, visiva e funzionale, verso il porto turistico dall’edificio della Guardia di Finanza: del tutto legittimo dal punto di vista delle procedure amministrative, del tutto “insensato” dal punto di vista delle strategie urbanistiche!

Tornando al contributo dei Dipartimenti Politecnici UdA al progetto di ampliamento del Campus di Pescara, possiamo dire che è un’esperienza unica nel suo genere nel panorama nazionale: l’Università che, avendo esigenza di ampliare le proprie strutture, dà vita ad un processo partecipativo “dal basso” coinvolgendo centinaia di persone: decisori pubblici, esperti di settore, portatori di interesse, associazioni di categoria e del terzo settore, l’intera comunità di docenti, studenti e amministrativi.

Un vero e proprio “laboratorio di progettazione partecipata” che vede protagonisti gli stessi fruitori del progetto.

Si tratta – come è evidente – di un’esperienza didattica, che però può dare un apporto fattivo non solo alla comunità accademica, ma a tutta la città contribuendo a dare forma a quell’idea di Cittadella universitaria aperta alla città che tutti noi, da tempo, auspichiamo.

Dal punto di vista delle politiche universitarie pescaresi questo progetto rappresenta una svolta epocale. Dopo decenni di interminabili discussioni accademiche, di “stop and go”, di “allettanti” soluzioni alternative, che di fatto hanno bloccato lo sviluppo dell’Università per molti anni, finalmente la comunità accademica si è trovata d’accordo sul progetto di ampliamento che conferma la vocazione universitaria di questa parte di città. E di questo dobbiamo rendere merito al nuovo Rettore.

Io mi auguro che grazie a questa metodologia di “coinvolgimento dal basso”, vedremo crescere intorno a noi una comunità non solo di studenti e di docenti, ma di residenti, di associazioni, di imprenditori, di commercianti, di professionisti… che si innamora di questo progetto, lo prende a cuore e lo fa suo, avendone intuito l’importanza strategica per l’Università, ma soprattutto per la città!

I diversi lotti funzionali previsti dal masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara
Il masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara. 1 viale Pindaro; 2 strada verde; 3 fermata FS; 4 Parco Di Cocco; 5 Casa dello studente e foresteria; 6 Scuola Politecnica; 7 Laboratori; 8 Biblioteca e aula magna
Le tavole esposte alla mostra del masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara
Alcune immagini tratte dalla mostra del masterplan di ampliamento del Campus d'Annunzio a Pescara
Il Messaggero 03.12.24
Il Centro 03.12.24
15 Novembre 2024

GLORIOSO PASSATO E INCERTO FUTURO DELL’EX CEMENTIFICIO DI PESCARA

Colgo l’occasione della presentazione dello straordinario reportage fotografico di Luciano D’Angelo che verrà presentato in anteprima il 26 novembre 2024 presso il Dipartimento di Architettura di Pescara, per fare una breve riflessione sul futuro dell’ex cementificio di via Raiale a Pescara.

Costruito negli anni Cinquanta in prossimità delle sponde del fiume, è stato al tempo stesso testimone e protagonista della crescita della città adriatica, rappresentando non solo un simbolo dello sviluppo edilizio di quegli anni, ma anche un elemento fondamentale per l’occupazione locale.

La vita produttiva dell’impianto ha cominciato a indebolirsi con la fine della fase di espansione della città, quando dal mercato edilizio è venuta meno la richiesta di cemento da costruzione, ma soprattutto quando sono cominciati a manifestarsi i primi segnali di incompatibilità del cementificio con il tessuto urbano circostante ed i suoi abitanti. Se negli anni del boom economico si era disposti a sacrificare sull’altare dello sviluppo e dell’occupazione le più elementari precauzioni ambientali, venuta meno la fase propulsiva del secolo scorso con la sua contropartita sociale, in tutta Italia incomincia un lento, ma inesorabile processo di dismissione e delocalizzazione dei grandi impianti industriali, che nati ai margini delle città, nel frattempo erano stati inglobati dall’espansione dei tessuti urbani. Ed è così anche per il cementificio di Pescara, che una decina di anni fa è stato dismesso.

La peculiarità di questa struttura consiste in almeno un paio di fattori.

Il primo è legato al luogo dove sorge, a fianco del fiume, lungo il cannocchiale prospettico che collega il mare con la montagna madre, la Majella.  Questo luogo, già di per sé così ricco di significati identitari, è poi entrato nella memoria collettiva dei pescaresi anche in ragione del fatto che è lambito dall’asse attrezzato, e di fatto costituisce una sorta di porta di ingresso della città varcata ogni giorno da decine di migliaia automobilisti.   Una città che, è bene ricordarlo, è certamente giovanissima, se paragonata ai centri storici millenari italiani, ma non per questo priva di segni della sua storia.  E il cementificio, con i suoi fuori scala, con i suoi impianti tecnologici, con le sue ambientazioni post-industriali, come magistralmente ci illustrano le immagini di Luciano D’Angelo, è certamente un luogo della memoria che ci restituisce una connotazione identitaria molto marcata e di grande significato.

Come sappiamo, la conoscenza dei luoghi è legata anche alle velocità di percorrenza.

Se attraversiamo lo stesso territorio con diversi mezzi di locomozione (in auto, in bicicletta, a piedi) le sensazioni che proviamo sono diverse.  Nel caso del cementificio di via Raiale, tutti noi abbiamo una consolidata percezione visuale del luogo visto dall’asse attrezzato alla velocità dell’automobile: i grandi serbatoi che piano piano si avvicinano; l’improvviso fuori scala degli edifici che ci sovrastano quando, subito dopo la curva, passiamo a fianco delle strutture industriali; l’imponenza del groviglio degli impianti tecnologici che per un attimo ci rimanda al suo glorioso passato.  Il tutto si consuma in pochi secondi.

Quasi nessuno di noi ha idea di che sensazioni si provino entrando a piedi nel micromondo della struttura abbandonata: l’atmosfera intrisa di storia industriale, gli scorci visuali tra i giganteschi impianti e gli skyline delle montagne, i silenzi surreali di un luogo circondato dai rumori, le atmosfere cangianti al mutare della luce del sole.  L’immaginazione ci fa rivedere su quel palcoscenico i suoi protagonisti di un tempo: le maestranze che mettevano in scena ogni giorno la rappresentazione della vita di un Italia, orgogliosa ed entusiasta, che stava uscendo dalle macerie della guerra per andare incontro al suo futuro.  I magnifici ritratti di D’Angelo degli ex operai ripresi nei luoghi del loro lavoro, esprimono esattamente queste emozioni.

Ora è il momento di pensare al futuro.

È chiaro che l’ex cementificio debba essere destinato a funzioni compatibili con il luogo dove sorge e che queste debbano avere come prerogativa primaria il servizio pubblico o di uso pubblico.  Ma per il rispetto del significato di quell’impianto per la città, ciò deve avvenire preservandone la memoria storica.  Un’operazione di completa demolizione-ricostruzione che cancelli del tutto il valore testimoniale del sito, sarebbe un’interpretazione riduttiva del contesto storico, ambientale e sociale.

In Europa sono molti gli esempi di ristrutturazione e rifunzionalizzazioni di impianti produttivi dismessi, anche ex cementifici, che nel pieno rispetto delle nuove necessità recuperano le vecchie strutture industriali con sapienti trasformazioni architettoniche che le restituiscono a nuova vita.

Ne sono una dimostrazione le architetture post-industriali di Esch, città nel cuore del bacino minerario del Sud del Lussemburgo un tempo meta dei migranti di tutta Europa, oggi scelta per ospitare gli eventi legati alla capitale europea della cultura 2022. Ma si possono citare anche la casa-studio di Ricardo Bofill, un intervento iniziato negli anni ’70, che ha trasformato, attraverso demolizioni chirurgiche e rifunzionalizzazioni mirate, gli impianti dell’ex cementificio di Barcellona in uno spazio scultoreo in continua evoluzione. Oppure l’ex cementificio West Bund a Shanghai che diventerà un quartiere culturale e ricreativo grazie al progetto conservativo di MVRDV.

Insomma… grazie a Luciano D’Angelo e al suo enorme lavoro, abbiamo elementi su cui riflettere.

Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
Immagine tratta dal libro fotografico di Luciano D'Angelo
6 Ottobre 2022

IL PROGETTO DEGLI HABITAT COSTIERI NELLA RICERCA E NELLA FORMAZIONE

“A che punto sono i processi di trasformazione delle aree costiere italiane? In che modo i cambiamenti climatici, l’erosione, la fruizione turistica, la pressione insediativa stanno incidendo su uno degli ecosistemi più preziosi e delicati della penisola? Quali sono le best practice in ambito nazionale ed internazionale?”.

Per dare risposta a queste domande Legambiente, l’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani, il Dipartimento di Architettura di Pescara e il Corso di Laurea in Scienze dell’Habitat Sostenibile di Pescara hanno organizzato la Conferenza internazionale dei paesaggi costieri “COSTE IN MOVIMENTO”, 6-7 ottobre 2022, Aurum Pescara.

Nel video che segue è riportata la sessione “Il progetto degli habitat costieri nella ricerca e nella formazione“, in cui Carola Hein, Maria Chiara Tosi, Nicola Martinelli e Michelangelo Russo hanno presentato alcuni loro casi di studio, ed io ho provato a trarre le conclusioni.

 

20 Aprile 2021

IL DIFFICILE RUOLO DI CITTA’ UNIVERSITARIA

Si fa presto a riempirsi la bocca col termine “Città universitaria”, ma Pescara e la sua Università sono davvero fatte una per l’altra?

L’ultima volta che sono intervenuto in sede pubblica sul tema dell’edilizia universitaria pescarese è stato poco più di un anno fa e l’ho fatto attraverso il mio blog con un articolo sull’ipotesi di trasferire la sede universitaria pescarese (vai al link), o parte di essa, nell’area dell’ex Cofa, il Consorzio Ortofrutticolo.

Nel post manifestavo tutte le mie perplessità su questa ipotesi, cercando comunque di mantenere un atteggiamento equidistante, tra le due fazioni cittadine che si erano venute nel frattempo a creare: coloro che si erano “messi in testa un’idea meravigliosa” di avere una nuova sede universitaria in riva al mare e coloro che invece si mostravano freddi se non addirittura contrari a quell’ipotesi.  Allora feci un ragionamento piuttosto complesso – una sorta di Swot Analisi – e descrissi i diversi scenari che si sarebbero potuti verificare, mettendo in evidenza i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce, di ognuna delle ipotesi in campo.  A conclusione di quel ragionamento, la mia posizione fu chiara: io ero contrario al trasferimento dell’Università all’ex Cofa!

Le ragioni che mi portavano a quella convinzione erano diverse:

  • prima di tutto perché si sarebbe spaccata in due la comunità accademica pescarese, perché gli spazi a disposizione non erano sufficienti per trasferire tutti i corsi di laurea, per cui alcuni Dipartimenti sarebbero dovuti rimanere in Viale Pindaro;
  • poi la viabilità inadeguata a sopportare un ulteriore carico insediativo;
  • l’assenza del collegamento diretto con la ferrovia;
  • la complessità politico-amministrativa dell’area che poteva rappresentare un rischio di impresa per l’Università (per es. l’iter approvativo non solo del progetto, ma anche delle necessarie opere infrastrutturali aggiuntive sarebbe dipeso non da noi ma da altre amministrazioni);
  • senza contare naturalmente che – guardando la questione dal punto di vista della città – era evidente che: 1) andando via l’Università da viale Pindaro tutta l’area di Porta Nuova ne avrebbe risentito negativamente; 2) l’obiettivo di consentire il pubblico accesso a quelle aree così strategiche per la città, non poteva essere garantito dall’Università, che per sua natura non può consentire la libera circolazione nelle sue aule, nei suoi costosi laboratori, nei suoi uffici. Tuttalpiù si possono lasciare aperti al pubblico alcuni percorsi di attraversamento tra le strutture.

Quello che però emergeva con evidenza da quel dibattito di un anno fa, era la completa mancanza di un’idea strategica del ruolo che l’Università avrebbe dovuto assumere all’interno della città: non c’era un’idea di città universitaria. Gli amministratori locali ci stavano offrendo le loro aree pregiate defunzionalizzate – passatemi l’immagine – così come un mercante arabo offre la propria mercanzia ad un compratore straniero in un bazar del Cairo.   Il Sindaco di Pescara ci accompagnava a visitare l’ex Cofa; quello di Montesilvano la Colonia Stella Maris. Stessa cosa facevano i privati, come i proprietari dell’area ex Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria.  Iniziò una sorta di “tiro alla giacchetta” dell’Università bancomat che sinceramente mi diede fastidio, ma che soprattutto, con la pianificazione urbanistica aveva poco a che fare.  Ma quel che è peggio è che noi stessi, l’Università G. d’Annunzio, non avevamo – e purtroppo non abbiamo tutt’ora – le idee chiare in merito ad un disegno strategico che possa soddisfare le nostre necessità di ampliamento a Pescara.

Io mi prendo naturalmente tutte le responsabilità che mi competono.

Sono Urbanista, per professione e per ruolo accademico, ho svolto i due mandati istituzionali da Direttore del Dipartimento di Architettura di Pescara, ciononostante non sono stato in grado di far capire neppure ai vertici della mia Università che l’errore più grande in questi casi è di andare dietro alle opportunità che si presentano di volta in volta – che prese singolarmente possono anche apparire allettanti – senza una visione complessiva di quello che si vuole ottenere.  In altre parole, alla base della discussione non c’era un’idea strategica di sviluppo dell’Università G. d’Annunzio dentro la città, ma un patchwork di proposte scollegate tra loro, senza né capo né coda.

E la città di Pescara, purtroppo, da questa punto di vista è recidiva: mi riferisco per esempio al pot-pourri di idee sulle Aree di risulta ferroviarie, alle scelte schizofreniche sulla Strada Parco (da alcuni ritenuta un prezioso corridoio ecologico, da altri indicata come parcheggio estivo), fino ad arrivare alla scelta delle aree dove espandere l’Università.

A questo punto direi che è utile fermarsi un attimo e ricordare a tutti quanti come siamo arrivati a questo punto.

È da vent’anni che il nostro Ateneo manifesta l’esigenza di espandere la sua sede pescarese, sia per mancanza di spazi e di dotazioni, sia per l’obsolescenza delle strutture.

La prima ipotesi è del 1998 (Rettore Cuccurullo, DG Napoleone) a seguito della quale vi fu l’adesione al PRUSST “Città lineare della costa”, successivamente ammesso a finanziamento dal Ministero dei LL.PP.

Poi nel 2001 ci fu l’Accordo di Programma, tra Comune Provincia e Università, per la realizzazione del cosiddetto Nuovo Pindaro, nell’area sul retro della sede attuale, che nel frattempo era stata acquisita dall’Università in permuta con il complesso “ex AURUM”.  Il progetto “Nuovo Pindaro” prevedeva aule, laboratori, uffici, biblioteca, oltre a piazze coperte e scoperte e spazi verdi.

Con il cambio di governance di Ateneo nel 2012 (Rettore Di Ilio, DG Del Vecchio) cambiarono anche le prospettive di ampliamento della sede pescarese.  Il progetto Nuovo Pindaro venne congelato e ridimensionato, stralciando le aule e mantenendo solo l’edificio della Biblioteca.

Alla governance attuale insediatasi nel 2017 (Rettore Caputi, DG Cucullo) va il merito di aver investito risorse per l’adeguamento tecnologico del vecchio Polo Pindaro e di avere riproposto il tema dell’ampliamento della sede di Pescara, anche se come dicevo prima, senza avere le idee chiare sul da farsi.

A Caputi voglio dire, con la franchezza che contraddistingue il nostro rapporto di amicizia, che la scelta migliore a questo punto è una sola: portare a compimento il progetto del cosiddetto “Nuovo Pindaro” nelle aree a fianco del Palazzo Micara!  È l’ampliamento “naturale” essendo le aree attaccate a quelle del vecchio Polo Pindaro.  Per altro sono aree di proprietà dell’Università, acquisite all’interno dell’Accordo di Programma del 2001 specificatamente per questa funzione, per cui se non si dovesse dar seguito al progetto previsto dall’Accordo di Programma, si dovrebbero addurre convincenti giustificazioni! Per altro, per preparare le aree all’edificazione si sono già spese diverse centinaia di migliaia di euro per deviare Fosso Bardet, il canale che attraversava l’area, e si è pagata (correttamente) circa un milione di euro la parcella dei professionisti che hanno redatto il progetto esecutivo della nuova Biblioteca e del nuovo Pindaro.  Ma soprattutto continuare con il progetto Nuovo Pindaro significa portare a compimento il masterplan seguendo un disegno strategico, che se venisse interrotto lascerebbe le strutture universitarie “monche”.

OVVIAMENTE il progetto Nuovo Pindaro va aggiornato in considerazione delle nuove esigenze che nel frattempo si sono venute a determinare (laboratori specialistici, performance ecologico-ambientali, etc.). OVVIAMENTE il progetto va integrato con i nuovi assetti del tessuto urbano entro il quale è inserito. OVVIAMENTE vanno fatte le dovute verifiche di fattibilità, a cominciare da quelle economiche sulla capienza del nostro bilancio di Ateneo.   Ma è essenziale a questo punto tirare una linea, assumere una vision complessiva, condividerla con gli Organi di Ateneo e con i Dipartimenti pescaresi, e cominciare a programmare un’attuazione per stralci funzionali, ogni qualvolta il nostro bilancio ce lo consentirà, avendo chiaro il disegno da perseguire, senza più farci distrarre dalle sirene di qualche altra ipotesi immobiliare – pur allettante – che ci venga proposta da chicchessia.

Il Polo Pindaro, sede pescarese dell'Università G. d'Annunzio, e l'area ex Cofa sul retro del porto turistico.
Progetto "Nuovo Pindaro" completo
Progetto "Nuovo Pindaro: la Biblioteca

Ora un cenno ad un paio di altre “aree calde” che si trovano in prossimità del Polo Pindaro di cui si sono occupati gli organi di informazione locali sempre in prospettiva dell’ampliamento delle strutture universitarie.

La prima è quella costituita dalle due caserme prospicienti tra loro, non distanti dall’Università: quella dei VV.FF. e la ex caserma Cocco con annesso parco pubblico.  Sono due aree molto interessanti di proprietà del Demanio dello Stato e del Ministero della Difesa, che potrebbero essere inserite in un ragionamento complessivo di “cittadella universitaria aperta”, così come d’altronde aveva fatto Stefano Civitarese, quando era assessore del Comune di Pescara, con il suo Master Plan “Polo della cultura e della conoscenza”, ispirato per altro, ad un imponente lavoro di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura e raccolto nel libro “Verso Pescara 2027”.

A mio avviso però, l’interesse di poter intervenire su queste aree con un accordo tra amministrazioni pubbliche (quindi con un iter facilitato ex L. 241/90), non sarebbe tanto quello di soddisfare la necessità di nuove aule: sarebbe contraddittorio –  come detto – rispetto alla scelta che abbiamo già assunto di realizzare la nuova Biblioteca sul retro di palazzo Micara.  Le due caserme invece potrebbero essere ottimi contenitori di attività complementari a servizio della didattica e della ricerca universitaria: si potrebbe pensare, ad esempio, ad una casa dello studente (pubblica) con foresteria nell’area della Caserma VV.FF. e a un incubatore di impresa per start up e spin off nell’area ex Cocco in partnership con la Regione, le associazioni di categoria e altri investitori privati. O anche altre funzioni legate ad es. alla terza missione universitaria.

A proposito di case dello studente (pubbliche o private), chiudo il ragionamento con un commento al progetto apparso di recente sui giornali che interessa le aree ex Di Bartolomeo. Si tratta di aree private, adiacenti al Polo universitario, ma sempre aree private sui cui i proprietari vantano legittimi diritti edificatori, per cui i nostri margini di manovra sono esigui, se non nulli.  Ma siccome sono aree su cui in questi anni si è concentrata una moltitudine di progetti elaborati dal Dipartimento di Architettura e dal Dipartimento di Ingegneria (esercitazioni, tesi di laurea, addirittura una Summer School), credo sia doveroso esprimere la nostra opinione.

Dico subito che non condivido l’impostazione progettuale assunta.

E non è un giudizio sulla qualità architettonica del progetto, firmato da un collega che non conosco, ma che ha tutto il mio rispetto. Io discuto a monte – le precondizioni tecniche e funzionali che sono state poste alla base di quel progetto. Gli infiniti esercizi progettuali che abbiamo fatto fare ai nostri studenti in questi anni, pur presentando una gamma di soluzioni molto diversificata, avevano tutte un filo conduttore, un assioma: creare un sistema di relazioni pedonali, ciclabili, di spazi pubblici, di verde… tra il Polo universitario e il mare passando attraverso le aree Di Bartolomeo, la zona stadio e la Pineta Dannunziana.

Il progetto che vedo pubblicato sui giornali locali (queste al momento sono le mie fonti di informazione) attraverso cosa attua questo importante compito di connessione tra Università, Stadio, Pineta e mare?  Attraverso il parcheggio di un supermercato! E il verde? E la connessione pedonale e ciclabile? E gli spazi di aggregazione? Le piazze?

Certo… se si deve raggiungere la cubatura prevista dalle norme del PRG (che non ho controllato, ma immagino siano state verificate dagli uffici competenti del comune di Pescara), una volta che si mette dentro l’area un supermercato, i parcheggi di legge, la palazzina residenziale, gli accessi carrabili… spazio per altre dotazioni non ne rimane tanto.  E allora il verde e gli spazi pubblici dove si mettono? Nelle aree di scarto! Ossia nei ritagli residuali della viabilità, nelle aiuole, nelle fioriere del parcheggio…

Non entro quindi nel merito del progetto architettonico, discuto – e punto il dito accusatorio – sul paradigma progettuale alla base del progetto, che è il vecchio modo di fare che abbiamo utilizzato per cinquant’anni a partire dal boom economico del secolo scorso, quando le pressioni della rendita immobiliare portavano a realizzare prima i “palazzi” e poi, nelle aree di scarto che rimanevano, si mettevano i famosi 18 metri quadri ad abitante di verde, necessari per vedersi approvare il progetto dagli uffici comunali.  Che è esattamente l’opposto di quello che la buona pianificazione urbanistica suggerisce oggi: prima si progetta la spina dorsale degli spazi di relazione, del verde, della mobilità sostenibile (l’interesse pubblico) e poi, di conseguenza, si progettano gli edifici (l’interesse privato).

È come sempre una “questione di priorità” o se vogliamo di “idea di città”.

Il Polo Pindaro e le aree strategiche che lo circondano.
Planimetria del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara. Il progetto prevede un supermercato e una palazzina ad uso residenze private per studenti.
Immagine tratta dai media del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara.
Locandina della giornata di studio sull'ampliamento del Polo Universitario di Pescara
12 Novembre 2020

CONVERSAZIONI SULLA CITTA’ DEL FUTURO

Città post pandemica, crisi climatica, temi della città del futuro.

Di ciò si è parlato in questo talk inserito nel programma di iniziative culturali promosse dalla Fondazione Palazzo Ducale di Genova, a cui ho aderito con piacere nonostante i rinvii causa Covid.  Avrebbe dovuto tenersi nella splendida cornice della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.  Invece gli organizzatori, il prof. Musso e la prof.ssa Ghiara, erano sul palco, mentre io e Stefano eravamo collegati on line.

A Genova torno sempre con gran piacere, anche in modalità virtuale!

16 Dicembre 2019

Università & Città e… auguri di Buon Natale!

Il 17 dicembre 2019 si tiene un interessante convegno sui modelli di città del futuro organizzato dall’OAPPC.

A me è stato assegnato il tema “Università & Città“, un argomento per altro di grande attualità in questi giorni qui a Pescara.

Purtroppo nella stessa data sono relatore in un meeting internazionale sui Climate Changes e ciò mi impedisce di partecipare a questo Convegno.

Ci ho tenuto comunque ad inviare agli organizzatori questo video, che in pochi minuti sintetizza la mia posizione, perché la tematica mi appassiona e perché il Dipartimento di Architettura di Pescara in questi anni ha lavorato moltissimo su questo filone di ricerca.

Il mio breve intervento – pochi minuti – è rivolto quindi ad una platea di tecnici, gli architetti dell’OAPPC di Pescara, ma forse può interessare anche ad altri.  Per questo lo pubblico sul mio Blog.

Calendario alla mano, ne approfitto anche per porgere a tutti voi e alle vostre famiglie

I MIEI PIU’ CALOROSI AUGURI DI BUON NATALE!!!

Programma del Convegno "Quale Città" - Pescara 17.12.19
8 Aprile 2019

UNA SCOMODA VERITA’

Nell’ambito del ciclo di incontri multidisciplinari sui cambiamenti climatici organizzato dal Dipartimento di Architettura di Pescara, Giovedi 11 aprile alle ore 20:00 in aula rossa del Polo Pindaro di Pescara si tiene la proiezione del film “Una scomoda verità vincitore del premio Oscar 2007 come miglior documentario, diretto da G. Guggenheim e avente come protagonista l’ex vice presidente degli Stati Uniti Al Gore. Il documentario lo segue nelle sue conferenze, nei suoi viaggi, nei suoi incontri internazionali, supportando le sue riflessioni con immagini molto significative.

3 Aprile 2018

METAMORFOSI URBANE: DALLA CITTA’ POST-INDUSTRIALE ALLA CITTA’ DIGITALE

Quando sono stato invitato a Sulmona a tenere una conferenza in occasione delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Ovidio, confesso di aver titubato, non essendo io uno studioso di letteratura classica, tantomeno un’esperto di Publio Ovidio Nasone.  L’argomento però – “Le metamorfosi” – era talmente affascinante che non ho resistito.

Il tema della metamorfosi è stato certamente sublimato da Ovidio nei 15 libri del suo poema epico mitologico, ma è un tema universale che ha attraversato la storia della letteratura da quella classica greca e romana, (come non citare l’episodio della maga Circe che trasforma in porci i compagni di Ulisse nell’Odissea di Omero) fino ad arrivare ai grandi autori del 900: Kafka (Gregor Samsa che una mattina si sveglia scarafaggio), Roth (il prof. Kepesh che all’improvviso si ritrova trasformato in un enorme seno), Collodi (Pinocchio che da pezzo di legno diventa burattino per poi trasformarsi in asinello ed infine in bambino), etc.

Essendo io architetto urbanista, studioso di politiche territoriali, il tema ovidiano della metamorfosi non può che condurre il mio pensiero alle metamorfosi urbane, i processi di trasformazione della città intesa come un organismo vivente che si modifica nel tempo cambiando forma, contenuti, relazioni; a volte espandendosi, altre volte contraendosi; a volte in modo ordinato, altre volte in modo caotico; ma sempre reagendo a sollecitazione esterne che provengono dalla società coeva.

Di questo ho parlato l’altro giorno al Piccolo Teatro di Sulmona: un breve excursus dalla città post industriale alla città digitale, sempre tenendo vivo il filo del ragionamento sul parallelismo con il poema epico mitologico di Ovidio.

Devo dire che mi sono divertito!  Spero che anche il pubblico abbia trascorso una serata piacevole.

Irene d'Orazio presidentessa dell'Associazione ARES organizzatrice dell'evento
Il benvenuto del Sindaco di Sulmona A. Casini
Il prof. Giannantonio introduce la conferenza
Paolo Fusero conferenza sulle "Metamorfosi Urbane" - Piccolo Teatro di Sulmona
La locandina della conferenza
L'AltrOvidio_Conferenza Prof. Paolo Fusero

In diretta dalla conferenza del Prof. Paolo Fusero "Metamorfosi urbane. Dalla città postindustriale alla città digitale", sesto appuntamento della rassegna culturale #LAltrOvidio.

Pubblicato da Associazione ARES "Antonio Pelino" su Venerdì 2 febbraio 2018
1 Dicembre 2017

STREET ART E RIGENERAZIONE URBANA: MILLO A PESCARA

Mercoledì 6 dicembre presso il Dipartimento di Architettura di Pescara lo street artist  MILLO presenta l’ultima sua opera: la facciata di un edificio nel quartiere Fontanelle di Pescara.

29 Novembre 2017

SALVAGUARDARE IL PAESAGGIO E LA NATURA

Salvaguardare è il titolo di una tre giorni di conferenze e dibattiti organizzata dall’associazione nazionale Ambiente e/è vita a Villalago (AQ) nello splendido scenario del lago di Scanno all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo.  Sarà l’occasione per discutere di tematiche ecologico-ambientali in un momento storico e in un contesto geografico in cui questi temi sono drammaticamente di attualità.  Parlare oggi di rischi sismici, geologici, idrogeologici, di valanghe, incendi, siccità, alluvioni, non appare più una velleità ambientalista, ma inizia ad assumere solidi contorni scientifici che devono trovare riscontro in concrete politiche di graduale riduzione dei processi di depauperamento dei nostri patrimoni naturali.  A cominciare dal concetto di consumo di suolo zero.

La politica è pronta per questa sfida?

Locandina Convention Villalago (AQ) 2.12.17
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