Abruzzo

28 Settembre 2023

UNA LUNGA STORIA D’AMORE

Dal 1 novembre sarò di nuovo Direttore del Dipartimento di Architettura di Pescara.

I miei colleghi mi hanno chiesto di riprendere la guida del Dipartimento dopo una pausa di tre anni.

Ero già stato eletto Direttore per due mandati dal 2014 al 2020 e poi la legge Gelmini, non consentendo tre mandati consecutivi, mi aveva “rimandato a casa”, o meglio in aula a fare lezione.

Nel frattempo, ho continuato ad occuparmi di questioni varie di Ateneo, cercando di dare il mio contributo.  Poi è arrivato il momento del rinnovo della carica di Direttore del Dipartimento e nonostante non mi fossi candidato, i miei colleghi, in testa il Direttore uscente, con fare delicato ed elegante come quando si chiede la mano ad una fanciulla – mi hanno chiesto se fossi disponibile ad assumere per la terza volta il ruolo di Direttore.

Inutile dire che questa manifestazione di stima e di affetto mi ha emozionato prima ancora di gratificarmi… è una lunga storia d’amore.

Siamo sempre stati un gruppo molto unito, anche nei momenti più complicati in cui abbiamo portato in Ateneo posizioni minoritarie, forse per la nostra propensione alla progettualità, forse anche per una connaturata diffidenza che nutriamo verso il “pensiero unico”.

Ora c’è solo da lavorare tutti insieme mettendo in pratica alcuni principi che, peraltro, avevo indicato nel mio recente programma elettorale alla carica di Rettore:

  • l’orgoglio di appartenere alla nostra comunità accademica UdA,
  • l’importanza di valorizzare il contributo dei singoli facendolo convergere su obiettivi collettivi,
  • il benessere lavorativo personale all’interno della crescita complessiva del nostro Dipartimento.

Con i nostri studenti stringeremo un “gentlemen agreement” basato sul reciproco impegno, nel rispetto dei rispettivi ruoli, per qualificare ancora di più l’offerta formativa dei nostri quattro corsi di laurea.  Saremo al loro fianco nelle loro battaglie a cominciare dalle richieste di avere servizi e strutture adeguate a far diventare il Polo Pindaro un Campus universitario degno di questo nome.

Nei rapporti con l’Ateneo sono convinto che il Dipartimento di Architettura possa assumere un ruolo maggiormente incisivo sulle questioni di sua competenza.  In questi ultimi anni siamo stati tenuti ai margini dei processi decisionali, ad esempio, sulle politiche edilizie della nostra Università, dove invece avremmo potuto dare un contributo costruttivo, essendo argomenti sui quali possiamo vantare un know how scientifico consolidato.

Anche nei rapporti con le amministrazioni pubbliche possiamo esprimere un ruolo maggiormente fattivo: non dobbiamo essere identificati come uno strumento attraverso cui gli enti locali perseguono i loro obiettivi politici, ma possiamo, anzi, dobbiamo essere gli ideatori di visioni strategiche capaci di rilanciare la competitività dei nostri territori in sintonia con i nostri valori.  Le nostre competenze scientifiche devono essere messe al servizio degli enti territoriali (dai più grandi ai più piccoli), allo stesso tempo però non dobbiamo rinunciare al ruolo di stimolo culturale e se necessario anche di voce critica nei confronti dell’operato delle amministrazioni pubbliche.

Il nostro manifesto culturale è insito nelle tematiche di cui ci occupiamo. Per noi temi come il consumo di suolo, la rigenerazione urbana, l’eco-design, i valori storici, paesaggistici, ambientali, sociali, etc., non sono solo degli argomenti da dibattere nei convegni accademici, ma sono dei comportamenti virtuosi che abbiamo faticosamente acquisito dai nostri studi, e che sentiamo il dovere di diffondere nella società civile non certo per frenarne la crescita, ma al contrario per contribuire ad aumentarne la competitività in una logica di sviluppo sostenibile.

Insomma… c’è molto lavoro da fare!

Il prof. Paolo Fusero eletto per la terza volta Direttore del Dipartimento di Architettura dell'Università G. d'Annunzio
Il Messaggero 03.10.23
17 Gennaio 2023

INIZIA LA CORSA ELETTORALE PER IL NUOVO RETTORE DELL’UNIVERSITA’ G. D’ANNUNZIO

Mi candido!

Dopo essermi consultato con molti colleghi, in questi mesi, ed aver ascoltato le loro riflessioni sul futuro della nostra Università, mi sono reso conto dell’utilità di una candidatura proveniente dal Polo di Pescara, complementare a quelle che ci potranno essere dall’area medica del Campus di Chieti, che tradizionalmente esprime i Rettori della nostra Università potendo contare sui due terzi della forza elettorale.

Ho la assoluta convinzione che un cambio di prospettiva in tal senso possa essere molto utile alla nostra Università e che i benefici risulterebbero evidenti per entrambe le sedi, per entrambe le città e per tutti i Dipartimenti, a cominciare da quelli dell’area medica di Chieti che ovviamente godrebbero della massima attenzione.

Ho già partecipato alle elezioni del 2017 e proprio da quell’esperienza traggo la convinzione che il confronto elettorale sia un momento straordinario in cui la comunità accademica nel suo complesso è chiamata a riflettere su sé stessa, discutere progetti, proporre strategie, ampliare i propri orizzonti.  Da questa fase scaturisce quel crogiuolo di idee che sarà la preziosissima dote consegnata al prossimo Rettore.  Ben vengano dunque più candidature!

Saluto e ringrazio il Rettore uscente, prof. Caputi. Sergio è un amico, prima ancora che un collega. A lui va riconosciuto il merito di aver guidato con impegno la nostra Università in un periodo particolarmente tormentato: le vicende giudiziarie ereditate dalla precedente amministrazione, la pandemia, ora la crisi energetica e l’aumento dei costi di gestione.

Certo, ci sono state alcune sue decisioni che non ho condiviso, a cui mi sono opposto nella mia qualità di Consigliere di Amministrazione, ad esempio quelle relative alla politica edilizia universitaria o all’idea di trasformare la nostra Università in una Fondazione privata, ma ho sempre espresso il mio dissenso pubblicamente, anche dal mio blog, con la franchezza e il rispetto che contraddistingue il nostro rapporto.

Adesso aspetto il 23 gennaio, data di scadenza per la presentazione delle candidature, per potermi confrontare con gli altri colleghi candidati, ma già ora voglio augurare a loro e a tutta la comunità accademica dell’Università G. d’Annunzio una “buona campagna elettorale”, basata sul fair play, sulla stima e il rispetto reciproco.  Guardando al futuro della d’Annunzio sono fiducioso, non intravedo in questa competizione alcun pericolo da scongiurare, ma solo prospettive di crescita per la nostra Università e per i nostri territori di appartenenza.

Dalle urne non uscirà un vincitore e uno sconfitto, ma una comunità scientifica più motivata, ricca di progetti, di idee e di obiettivi per il futuro.

Il Centro 17.01.23
Il Centro 04.01.23
20 Aprile 2021

IL DIFFICILE RUOLO DI CITTA’ UNIVERSITARIA

Si fa presto a riempirsi la bocca col termine “Città universitaria”, ma Pescara e la sua Università sono davvero fatte una per l’altra?

L’ultima volta che sono intervenuto in sede pubblica sul tema dell’edilizia universitaria pescarese è stato poco più di un anno fa e l’ho fatto attraverso il mio blog con un articolo sull’ipotesi di trasferire la sede universitaria pescarese (vai al link), o parte di essa, nell’area dell’ex Cofa, il Consorzio Ortofrutticolo.

Nel post manifestavo tutte le mie perplessità su questa ipotesi, cercando comunque di mantenere un atteggiamento equidistante, tra le due fazioni cittadine che si erano venute nel frattempo a creare: coloro che si erano “messi in testa un’idea meravigliosa” di avere una nuova sede universitaria in riva al mare e coloro che invece si mostravano freddi se non addirittura contrari a quell’ipotesi.  Allora feci un ragionamento piuttosto complesso – una sorta di Swot Analisi – e descrissi i diversi scenari che si sarebbero potuti verificare, mettendo in evidenza i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce, di ognuna delle ipotesi in campo.  A conclusione di quel ragionamento, la mia posizione fu chiara: io ero contrario al trasferimento dell’Università all’ex Cofa!

Le ragioni che mi portavano a quella convinzione erano diverse:

  • prima di tutto perché si sarebbe spaccata in due la comunità accademica pescarese, perché gli spazi a disposizione non erano sufficienti per trasferire tutti i corsi di laurea, per cui alcuni Dipartimenti sarebbero dovuti rimanere in Viale Pindaro;
  • poi la viabilità inadeguata a sopportare un ulteriore carico insediativo;
  • l’assenza del collegamento diretto con la ferrovia;
  • la complessità politico-amministrativa dell’area che poteva rappresentare un rischio di impresa per l’Università (per es. l’iter approvativo non solo del progetto, ma anche delle necessarie opere infrastrutturali aggiuntive sarebbe dipeso non da noi ma da altre amministrazioni);
  • senza contare naturalmente che – guardando la questione dal punto di vista della città – era evidente che: 1) andando via l’Università da viale Pindaro tutta l’area di Porta Nuova ne avrebbe risentito negativamente; 2) l’obiettivo di consentire il pubblico accesso a quelle aree così strategiche per la città, non poteva essere garantito dall’Università, che per sua natura non può consentire la libera circolazione nelle sue aule, nei suoi costosi laboratori, nei suoi uffici. Tuttalpiù si possono lasciare aperti al pubblico alcuni percorsi di attraversamento tra le strutture.

Quello che però emergeva con evidenza da quel dibattito di un anno fa, era la completa mancanza di un’idea strategica del ruolo che l’Università avrebbe dovuto assumere all’interno della città: non c’era un’idea di città universitaria. Gli amministratori locali ci stavano offrendo le loro aree pregiate defunzionalizzate – passatemi l’immagine – così come un mercante arabo offre la propria mercanzia ad un compratore straniero in un bazar del Cairo.   Il Sindaco di Pescara ci accompagnava a visitare l’ex Cofa; quello di Montesilvano la Colonia Stella Maris.  Altri enti pubblici ci offrivano la Caserma dei VV.FF. o l’ex Caserma Cocco.  Stessa cosa facevano i privati, come i proprietari dell’area ex Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria.  Iniziò una sorta di “tiro alla giacchetta” dell’Università bancomat che sinceramente mi diede fastidio, ma che soprattutto, con la pianificazione urbanistica aveva poco a che fare.  Ma quel che è peggio è che noi stessi, l’Università G. d’Annunzio, non avevamo – e purtroppo non abbiamo tutt’ora – le idee chiare in merito ad un disegno strategico che possa soddisfare le nostre necessità di ampliamento a Pescara.

Io mi prendo naturalmente tutte le responsabilità che mi competono.

Sono Urbanista, per professione e per ruolo accademico, ho svolto i due mandati istituzionali da Direttore del Dipartimento di Architettura di Pescara, ciononostante non sono stato in grado di far capire neppure ai vertici della mia Università che l’errore più grande in questi casi è di andare dietro alle opportunità che si presentano di volta in volta – che prese singolarmente possono anche apparire allettanti – senza una visione complessiva di quello che si vuole ottenere.  In altre parole, alla base della discussione non c’era un’idea strategica di sviluppo dell’Università G. d’Annunzio dentro la città, ma un patchwork di proposte scollegate tra loro, senza né capo né coda.

E la città di Pescara, purtroppo, da questa punto di vista è recidiva: mi riferisco per esempio al pot-pourri di idee sulle Aree di risulta ferroviarie, alle scelte schizofreniche sulla Strada Parco (da alcuni ritenuta un prezioso corridoio ecologico, da altri indicata come parcheggio estivo), fino ad arrivare alla scelta delle aree dove espandere l’Università.

A questo punto direi che è utile fermarsi un attimo e ricordare a tutti quanti come siamo arrivati a questo punto.

È da vent’anni che il nostro Ateneo manifesta l’esigenza di espandere la sua sede pescarese, sia per mancanza di spazi e di dotazioni, sia per l’obsolescenza delle strutture.

La prima ipotesi è del 1998 (Rettore Cuccurullo, DG Napoleone) a seguito della quale vi fu l’adesione al PRUSST “Città lineare della costa”, successivamente ammesso a finanziamento dal Ministero dei LL.PP.

Poi nel 2001 ci fu l’Accordo di Programma, tra Comune Provincia e Università, per la realizzazione del cosiddetto Nuovo Pindaro, nell’area sul retro della sede attuale, che nel frattempo era stata acquisita dall’Università in permuta con il complesso “ex AURUM”.  Il progetto “Nuovo Pindaro” prevedeva aule, laboratori, uffici, biblioteca, oltre a piazze coperte e scoperte e spazi verdi.

Con il cambio di governance di Ateneo nel 2012 (Rettore Di Ilio, DG Del Vecchio) cambiarono anche le prospettive di ampliamento della sede pescarese.  Il progetto Nuovo Pindaro venne congelato e ridimensionato, stralciando le aule e mantenendo solo l’edificio della Biblioteca.

Alla governance attuale insediatasi nel 2017 (Rettore Caputi, DG Cucullo) va il merito di aver investito risorse per l’adeguamento tecnologico del vecchio Polo Pindaro e di avere riproposto il tema dell’ampliamento della sede di Pescara, anche se come dicevo prima, senza avere le idee chiare sul da farsi.

A Caputi voglio dire, con la franchezza che contraddistingue il nostro rapporto di amicizia, che la scelta migliore a questo punto è una sola: portare a compimento il progetto del cosiddetto “Nuovo Pindaro” nelle aree a fianco del Palazzo Micara!  È l’ampliamento “naturale” essendo le aree attaccate a quelle del vecchio Polo Pindaro.  Per altro sono aree di proprietà dell’Università, acquisite all’interno dell’Accordo di Programma del 2001 specificatamente per questa funzione, per cui se non si dovesse dar seguito al progetto previsto dall’Accordo di Programma, si dovrebbero addurre convincenti giustificazioni! Per altro, per preparare le aree all’edificazione si sono già spese diverse centinaia di migliaia di euro per deviare Fosso Bardet, il canale che attraversava l’area, e si è pagata (correttamente) circa un milione di euro la parcella dei professionisti che hanno redatto il progetto esecutivo della nuova Biblioteca e del nuovo Pindaro.  Ma soprattutto continuare con il progetto Nuovo Pindaro significa portare a compimento il masterplan seguendo un disegno strategico, che se venisse interrotto lascerebbe le strutture universitarie “monche”.

OVVIAMENTE il progetto Nuovo Pindaro va aggiornato in considerazione delle nuove esigenze che nel frattempo si sono venute a determinare (laboratori specialistici, performance ecologico-ambientali, etc.). OVVIAMENTE il progetto va integrato con i nuovi assetti del tessuto urbano entro il quale è inserito. OVVIAMENTE vanno fatte le dovute verifiche di fattibilità, a cominciare da quelle economiche sulla capienza del nostro bilancio di Ateneo.   Ma è essenziale a questo punto tirare una linea, assumere una vision complessiva, condividerla con gli Organi di Ateneo e con i Dipartimenti pescaresi, e cominciare a programmare un’attuazione per stralci funzionali, ogni qualvolta il nostro bilancio ce lo consentirà, avendo chiaro il disegno da perseguire, senza più farci distrarre dalle sirene di qualche altra ipotesi immobiliare – pur allettante – che ci venga proposta da chicchessia.

Il Polo Pindaro, sede pescarese dell'Università G. d'Annunzio, e l'area ex Cofa sul retro del porto turistico.
Progetto "Nuovo Pindaro" completo
Progetto "Nuovo Pindaro: la Biblioteca

Ora un cenno ad un paio di altre “aree calde” che si trovano in prossimità del Polo Pindaro di cui si sono occupati gli organi di informazione locali sempre in prospettiva dell’ampliamento delle strutture universitarie.

La prima è quella costituita dalle due caserme prospicienti tra loro, non distanti dall’Università: quella dei VV.FF. e la ex caserma Cocco con annesso parco pubblico.  Sono due aree molto interessanti di proprietà del Demanio dello Stato e del Ministero della Difesa, che potrebbero essere inserite in un ragionamento complessivo di “cittadella universitaria aperta”, così come d’altronde aveva fatto Stefano Civitarese, quando era assessore del Comune di Pescara, con il suo Master Plan “Polo della cultura e della conoscenza”, ispirato per altro, ad un imponente lavoro di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura e raccolto nel libro “Verso Pescara 2027”.

A mio avviso però, l’interesse di poter intervenire su queste aree con un accordo tra amministrazioni pubbliche (quindi con un iter facilitato ex L. 241/90), non sarebbe tanto quello di soddisfare la necessità di nuove aule: sarebbe contraddittorio –  come detto – rispetto alla scelta che abbiamo già assunto di realizzare la nuova Biblioteca sul retro di palazzo Micara.  Le due caserme invece potrebbero essere ottimi contenitori di attività complementari a servizio della didattica e della ricerca universitaria: si potrebbe pensare, ad esempio, ad una casa dello studente (pubblica) con foresteria nell’area della Caserma VV.FF. e a un incubatore di impresa per start up e spin off nell’area ex Cocco in partnership con la Regione, le associazioni di categoria e altri investitori privati. O anche altre funzioni legate ad es. alla terza missione universitaria.

A proposito di case dello studente (pubbliche o private), chiudo il ragionamento con un commento al progetto apparso di recente sui giornali che interessa le aree ex Di Bartolomeo. Si tratta di aree private, adiacenti al Polo universitario, ma sempre aree private sui cui i proprietari vantano legittimi diritti edificatori, per cui i nostri margini di manovra sono esigui, se non nulli.  Ma siccome sono aree su cui in questi anni si è concentrata una moltitudine di progetti elaborati dal Dipartimento di Architettura e dal Dipartimento di Ingegneria (esercitazioni, tesi di laurea, addirittura una Summer School), credo sia doveroso esprimere la nostra opinione.

Dico subito che non condivido l’impostazione progettuale assunta.

E non è un giudizio sulla qualità architettonica del progetto, firmato da un collega che non conosco, ma che ha tutto il mio rispetto. Io discuto a monte – le precondizioni tecniche e funzionali che sono state poste alla base di quel progetto. Gli infiniti esercizi progettuali che abbiamo fatto fare ai nostri studenti in questi anni, pur presentando una gamma di soluzioni molto diversificata, avevano tutte un filo conduttore, un assioma: creare un sistema di relazioni pedonali, ciclabili, di spazi pubblici, di verde… tra il Polo universitario e il mare passando attraverso le aree Di Bartolomeo, la zona stadio e la Pineta Dannunziana.

Il progetto che vedo pubblicato sui giornali locali (queste al momento sono le mie fonti di informazione) attraverso cosa attua questo importante compito di connessione tra Università, Stadio, Pineta e mare?  Attraverso il parcheggio di un supermercato! E il verde? E la connessione pedonale e ciclabile? E gli spazi di aggregazione? Le piazze?

Certo… se si deve raggiungere la cubatura prevista dalle norme del PRG (che non ho controllato, ma immagino siano state verificate dagli uffici competenti del comune di Pescara), una volta che si mette dentro l’area un supermercato, i parcheggi di legge, la palazzina residenziale, gli accessi carrabili… spazio per altre dotazioni non ne rimane tanto.  E allora il verde e gli spazi pubblici dove si mettono? Nelle aree di scarto! Ossia nei ritagli residuali della viabilità, nelle aiuole, nelle fioriere del parcheggio…

Non entro quindi nel merito del progetto architettonico, discuto – e punto il dito accusatorio – sul paradigma progettuale alla base del progetto, che è il vecchio modo di fare che abbiamo utilizzato per cinquant’anni a partire dal boom economico del secolo scorso, quando le pressioni della rendita immobiliare portavano a realizzare prima i “palazzi” e poi, nelle aree di scarto che rimanevano, si mettevano i famosi 18 metri quadri ad abitante di verde, necessari per vedersi approvare il progetto dagli uffici comunali.  Che è esattamente l’opposto di quello che la buona pianificazione urbanistica suggerisce oggi: prima si progetta la spina dorsale degli spazi di relazione, del verde, della mobilità sostenibile (l’interesse pubblico) e poi, di conseguenza, si progettano gli edifici (l’interesse privato).

È come sempre una “questione di priorità” o se vogliamo di “idea di città”.

Il Polo Pindaro e le aree strategiche che lo circondano.
Planimetria del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara. Il progetto prevede un supermercato e una palazzina ad uso residenze private per studenti.
Immagine tratta dai media del progetto sulle aree private Di Bartolomeo, prospicienti la sede universitaria di Pescara.
Locandina della giornata di studio sull'ampliamento del Polo Universitario di Pescara
16 Dicembre 2019

Università & Città e… auguri di Buon Natale!

Il 17 dicembre 2019 si tiene un interessante convegno sui modelli di città del futuro organizzato dall’OAPPC.

A me è stato assegnato il tema “Università & Città“, un argomento per altro di grande attualità in questi giorni qui a Pescara.

Purtroppo nella stessa data sono relatore in un meeting internazionale sui Climate Changes e ciò mi impedisce di partecipare a questo Convegno.

Ci ho tenuto comunque ad inviare agli organizzatori questo video, che in pochi minuti sintetizza la mia posizione, perché la tematica mi appassiona e perché il Dipartimento di Architettura di Pescara in questi anni ha lavorato moltissimo su questo filone di ricerca.

Il mio breve intervento – pochi minuti – è rivolto quindi ad una platea di tecnici, gli architetti dell’OAPPC di Pescara, ma forse può interessare anche ad altri.  Per questo lo pubblico sul mio Blog.

Calendario alla mano, ne approfitto anche per porgere a tutti voi e alle vostre famiglie

I MIEI PIU’ CALOROSI AUGURI DI BUON NATALE!!!

Programma del Convegno "Quale Città" - Pescara 17.12.19
13 Novembre 2019

TRASFERIRE IL POLO UNIVERSITARIO DI PESCARA NELL’AREA EX COFA? NO GRAZIE

Premessa

L’Università G. d’Annunzio come è noto ha due sedi: il Campus di Chieti e il Polo di Pescara. Di recente le cronache locali si sono molto occupate dell’ipotesi di trasferimento della sede pescarese da viale Pindaro all’area ex COFA, un’area dismessa adiacente al porto turistico e al fiume fino a qualche anno fa occupata dal Mercato ortofrutticolo (COFA per l’appunto significa Consorzio Orto Frutticolo d’Abruzzo).

La questione non è banale, anzi è piuttosto complessa e per essere affrontata ha necessità di tempo: analisi, riflessioni, elaborazione di scenari alternativi, insomma di tutto quello che non si può fare sui social che invece prediligono un linguaggio asciutto, comunicativo, “di pancia”.  O bianco o nero!

Ma questa volta non è questione di colore, né tantomeno di cori da stadio.  È in gioco una fetta di futuro non solo della nostra Università, ma anche della nostra città, dell’area metropolitana Chieti-Pescara, e della Regione Abruzzo.

Quindi, come è abituato a fare chi fa il mio mestiere, bisogna prendere in considerazione le varie ipotesi, confrontarle, verificarne la fattibilità non solo tecnica (urbanistica ed economica), ma anche sociale (politica e collettiva).  Insomma, bisogna intraprendere un percorso di approfondimento e di ampia partecipazione alle scelte, che possa poi garantire le condizioni concrete per la trasformazione.

Va detto a beneficio dei non abruzzesi, che quest’area dismessa insieme ad un’altra la cosiddetta Aree di risulta (uno spazio adibito a parcheggio situato di fronte alla stazione di Pescara) sono due “spine nel fianco” delle amministrazioni che si sono succedute: aree potenzialmente straordinarie, sulle quali si sono concentrate una moltitudine di idee progettuali, che però in tutti questi anni non sono mai riuscite a tradursi in progetti reali di trasformazione urbana.

Breve cronistoria dell’ampliamento del Polo Pindaro

È da vent’anni che l’Ateneo G. d’Annunzio manifesta all’Amministrazione Comunale di Pescara l’intenzione di realizzare una serie di interventi finalizzati allo sviluppo e all’ampliamento della sede pescarese. Alla prima richiesta dell’aprile 1998 (Rettore Cuccurullo, DG Napoleone), con la quale si chiedeva al Comune la disponibilità di aree attigue all’esistente complesso universitario di viale Pindaro, è seguita nell’estate del 1999 la proposta di adesione al PRUSST “Città lineare della costa”, programma successivamente ammesso a finanziamento dal Ministero dei LL.PP.

Contestualmente veniva perfezionato, tra Comune Provincia e Università, l’ Accordo di Programma conseguente al Programma Integrato di Intervento denominato “Polo Universitario-Giudiziario” (siamo agli inizi del 2001) che prevedeva la realizzazione di nuove strutture universitarie da articolare su due aree d’intervento: la prima quella dove poi furono effettivamente realizzate le Segreterie studenti (l’edificio che si affaccia sulla rotonda dell’Agip), e la seconda per l’appunto dove avrebbe dovuto sorgere il Nuovo Pindaro, nell’area sul retro della sede attuale, acquisita dal Comune di Pescara in permuta con il complesso “ex AURUM”, già di proprietà dell’Ateneo.  Il “Nuovo Pindaro” prevedeva un edificio lineare posto parallelamente al tribunale dove sarebbero dovute andare le aule, i laboratori e gli uffici dei dipartimenti; un secondo edificio per la nuova biblioteca con spazi studio per gli studenti. I due edifici erano arricchiti da piazze pubbliche coperte e spazi verdi.

Con il cambio di governance di Ateneo nel 2012 (Rettore Di Ilio, DG Del Vecchio) cambiano anche le prospettive di ampliamento della sede pescarese.  Il progetto Nuovo Pindaro viene ridimensionato stralciando l’edificio destinato alle attività didattiche e mantenendo solo l’edificio della Biblioteca.  Il resto è storia recente: nella primavera scorsa il progetto della biblioteca viene sottoposto al parere del Provveditorato delle OO.PP.  Nella relazione del Provveditorato, resa pubblica nei giorni scorsi dagli organi di informazione, si evincono una serie di osservazioni critiche sul sistema di fondazioni adottato e si ritiene il progetto “non meritevole di approvazione”, invitando i progettisti ad ulteriori approfondimenti prendendo in considerazioni un’altra tipologia di fondazioni (in altre parole a sostituire le fondazioni “a platea” con quelle “a pali profondi”). A onor del vero va detto che probabilmente la scelta dei progettisti di optare per le fondazioni a platea fu condizionata dal fatto che l’edificio “Micara” che sorge nella stessa area è stato realizzato con questa tipologia di fondazioni.  Comunque poco male, i progettisti cambiarono le fondazioni e consegnarono all’amministrazione universitaria il progetto revisionato secondo il parere del Provveditorato.  Il progetto della Biblioteca però, nonostante avesse quasi concluso l’iter approvativo, fu “congelato” dalla nostra amministrazione universitaria: non rientrava più nelle nostre priorità dotare la sede di Pescara della biblioteca centrale.

Un assioma: le impellenti esigenze di ampliamento del Polo Pindaro

Sono quindi due decenni che la sede pescarese dell’Università d’Annunzio manifesta la necessità di ampliare le proprie strutture.  L’esigenza espressa inizialmente da Cuccurullo e congelata da Di Ilio, è stata ripresa dal nuovo Rettore Caputi insediatosi nel 2017, che fin da subito dimostra la sua volontà di investire sulle strutture universitarie della città adriatica.

D’altronde l’edificio principale di viale Pindaro è stato costruito nella seconda metà degli anni ’80, ha quasi trent’anni e li dimostra tutti!  Proprio per questo è attualmente in fase di ristrutturazione con un impegno economico complessivo di qualche milione di euro.

Come tutti i colleghi sto seguendo i lavori edilizi e il trasloco temporaneo degli uffici che si stanno effettuando in questi mesi e posso dire a ragion veduta che le esigenze in termini di spazi sono pressanti: servono nuove aule per la didattica, un auditorium, uffici per docenti e tecnici e amministrativi, laboratori specialistici, aree aperte di uso comune, aree riservate allo studio individuale degli studenti, etc.  E serve una biblioteca centrale che possa diventare il cuore pulsante del campus, baricentrica, dotata di mediateca, caffetteria, sale riunioni, spazi pubblici all’aperto, etc.

Le tre ipotesi di ampliamento

Sgomberato il campo dai dubbi sulle necessità di ampliamento e di rigenerazione del Polo Pindaro, vediamo quali sono ad oggi le ipotesi sul tappeto:

  1. Progetto di ampliamento sulle aree retrostanti. Sarebbe il progetto Nuovo Pindaro che andrebbe però aggiornato sulla base di nuove esigenze nel frattempo intercorse, sia in termini di dotazioni (nuovi laboratori, nuove esigenze per aule e uffici) sia soprattutto in termini di fondazioni, per rispondere alle criticità evidenziate dal Provveditorato.
  2. Trasferimento della sede nelle aree ex Cofa. E’ un’idea recente maturata questa estate che prende in considerazione l’ipotesi di uno scambio con la Regione Abruzzo, proprietaria delle aree dell’ex Mercato ortofrutticolo, anch’essa alla ricerca di una sede unificata per i propri uffici sparsi in città.
  3. Progetto “Città della conoscenza”. È un progetto maturato dalla scorsa amministrazione di centro sinistra (Sindaco Alessandrini, assessore Civitarese), per altro sulla base di uno studio precedentemente elaborato dal Dipartimento di Architettura di Pescara dal titolo #VersoPescara2027, dove si indica la possibilità di utilizzare gli edifici della ex Caserma Cocco e della attuale caserma dei Vigili del Fuoco per attività a servizio dell’Università, non aule o uffici, ma studentati e incubatori di impresa.

Quale delle tre ipotesi è preferibile?

Non c’è una risposta corretta e due errate.  Come succede spesso nell’analisi urbanistica di processi di trasformazione urbana complessi, si possono distinguere scenari differenziati tra loro alternativi. Analizziamoli sinteticamente evidenziandone aspetti positivi e criticità.

Scenario_1: Ampliamento Polo Pindaro.

Aspetti a favore:

  • è lo scenario naturale. Esiste un progetto che andrebbe aggiornato e modificato secondo le nuove esigenze;
  • gli spazi e gli indici edificatori sono coerenti con le esigenze universitarie;
  • i terreni sono di proprietà dell’Università, ottenuti dalla permuta dell’ex Aurum proprio a questo scopo;
  • la zona è già ricca di servizi di supporto (attività commerciali, ristorazione, case in affitto, etc.) ed ben servita dal trasporto pubblico (piste ciclabili, svincoli stradali, ferrovia);
  • si continuerebbe ad investire sul Polo Pindaro in sintonia con i recenti investimenti.

Aspetti contro:

  • i problemi geotecnici evidenziati dal parere del Provveditorato richiedono un rafforzamento delle fondazioni e quindi costi aggiuntivi da stimare;
  • l’area del Polo Pindaro è stata oggetto di inondazioni causate da fenomeni di precipitazioni estreme, per questo motivo l’amministrazione comunale ha recentemente provveduto a deviare il Fosso Bardet (il canale che prima attraversava l’area) e ad attuare importanti lavori di potenziamento del collettore e dei sistemi di smaltimento delle acque del viale;
  • il vecchio edificio Pindaro, per quanto ristrutturato, rimane un edificio di trent’anni che ha evidenziato nel tempo una serie di problematiche tecniche dovute all’età;
  • anche gli impianti e le attrezzature dell’edificio Micara hanno problematiche evidenti.

Scenario_2: ex Cofa

Aspetti a favore:

  • l’area è molto interessante, forse la più attraente di Pescara;
  • si potrebbe progettare un Campus tutto nuovo, tecnologicamente avanzato, secondo le esigenze dell’Università in termini di didattica, ricerca e spazi di relazione;
  • sarebbe il Campus più moderno d’Italia e ciò sicuramente rappresenterebbe un valore aggiunto in termini di attrattività;
  • un concorso internazionale di Architettura garantirebbe la qualità architettonica dell’intervento.

Aspetti contro:

  • la situazione amministrativa e politica dell’area è particolarmente complessa. Lo stesso iter autorizzativo potrebbe rivelarsi incerto e ciò rappresenta un rischio di impresa per chi deve investire (tempi incerti);
  • ci sono da verificare i vincoli e le normative esistenti (PRG, Piano alluvioni, esondabilità e geologia dei terreni, etc.)
  • la viabilità è al momento inadeguata. Il carico insediativo portato dall’Università si andrebbe a sommare alla saturazione dei flussi automobilistici sul terminale dell’asse attrezzato. Non ci sarebbe poi la possibilità di un collegamento diretto con la ferrovia;
  • è da verificare se le aree pubbliche della Regione possano contenere tutte le volumetrie di cui necessitiamo per trasferire l’intero Polo universitario di Pescara. Sono infatti assolutamente contrario a prendere in considerazione un’ipotesi di trasferimento parziale (solo alcune facoltà).  Verrebbe meno l’idea di Campus necessaria per creare comunità accademica, creare sinergie tra i corsi di studio e servizi condivisi.

Scenario_3: ex Caserma Cocco e Caserma VVFF

Aspetti a favore:

  • interessante l’idea di rifunzionalizzare le due caserme per attività complementari a servizio della didattica e della ricerca universitaria;
  • si potrebbe pensare ad esempio ad una casa dello studente (Caserma VVFF) e a un incubatore di impresa per start up e spin off (ex Cocco) con una partnership con la Regione, le associazioni di categoria e altri investitori privati.

Aspetti contro:

  • le due caserme per tipologia, stato di conservazione e ubicazione non si prestano ad un utilizzo diretto dell’Università (aule, laboratori, uffici, etc.) e quindi su quelle aree devono essere altri soggetti pubblici e privati gli investitori principali (Regione, ADSU, Ministero);
  • i tempi tecnici e amministrativi per realizzare questa ipotesi sono lunghi (ad esempio bisogna trovare un’area idonea per trasferire l’attuale caserma dei VVFF).

RIASSUMENDO.  La questione può avere quindi risposte diverse a secondo del punto di vista dalla quale si analizza.  Proviamo quindi a fare uno sforzo mettendoci di volta in volta nei panni di ciascuno dei tre attori che hanno un ruolo in questa vicenda misurandone convenienze e rischi (in realtà ce ne sono anche altri di attori, ad esempio i privati proprietari delle aree limitrofe all’ex Cofa, ma ora per semplicità di ragionamento limitiamoci a questi tre).

  1. Dal punto di vista dell’Università.  L’idea di un Campus tutto nuovo, per altro nel luogo più strategico della città, è sicuramente accattivante.  Non si può dire diversamente. Una competizione internazionale garantirebbe un progetto architettonico di qualità e la nostra sede potrebbe diventare una delle più attrattive della fascia medio adriatica. Quali sono gli elementi critici di questa ipotesi?  A parte l’elenco di criticità tecniche (in parte superabili) riportato in precedenza, è il rischio di impresa che induce prudenza.  La complessità politico amministrativa di quest’area potrebbe dare incertezza sui tempi di realizzazione delle opere. Anche le carenze infrastrutturali (viabilità, mezzi di trasporto pubblici, parcheggi) andrebbero sanate con investimenti che non dipendono dalla nostra volontà.  Il quadro economico poi va valutato con molta attenzione e verificato nel suo complesso, anche perché un conto è operare all’interno di uno scambio tra enti pubblici (es. L. 241/90), un altro è mettere a bilancio il costo di acquisto di terreni privati qualora le aree pubbliche fossero insufficienti a soddisfare le nostre esigenze di ampliamento.  Per altro la Corte dei Conti potrebbe intervenire dicendo la sua in considerazione della permuta con l’ex Aurum di cui si è detto.  Infine un ragionamento sulle capacità dell’intervento di generare un processo osmotico con la città: l’Università è forse la più grande azienda abruzzese, se non per fatturato, per numero di fruitori.  Come tutte le Università ha la capacità di creare intorno a sé un indotto di attività che rendono viva la parte di città in cui è localizzata: attività commerciali, attività di servizio, spazi di relazione, case in affitto, etc.  Spostarsi in nuova parte di città significa rimettere in moto da capo il meccanismo e naturalmente ci vuole tempo per metterlo a regime; bisogna anche capire in che modo la zona della Marina può essere spontaneamente sensibile alla pressione osmotica dell’Università.
  2. Dal punto di vista della Città.  Quale potrebbe essere l’ideale processo di trasformazione delle aree ex Cofa per Pescara e i suoi cittadini?  Non c’è dubbio che la soluzione migliore sarebbe localizzare lì una dotazione territoriale di scala ampia e di fruizione pubblica che faccia da attrattore per flussi di visitatori anche internazionali.  Le città moderne si distinguono anche per l’attrattività delle loro dotazioni territoriali: a Genova si va per visitare l’acquario, a Bilbao per il museo Guggenheim, a Parigi Euro Disney è diventata un’attrazione che richiama visitatori da tutto il mondo al pari della Tour Eiffel.  Per quale motivo si viene a Pescara? La città ha una serie di importanti attrezzature alla scala territoriale: porto, aeroporto, polo giudiziario, stadio, shopping area diffusa, la stessa Università, etc., ma sono ancora insufficienti per giustificare l’inserimento della città nei grandi circuiti economici e turistici europei.  La Vision che il Dipartimento di Architettura un paio di anni fa ha costruito con la ricerca #VersoPescara2027, suggeriva di rafforzare le dotazioni territoriali della città con alcune proposte strategiche che vadano nella direzione di conferirle nuova attrattività, e quindi riconoscibilità, che si traduce in maggiore competitività nel panorama europeo.  Qual è l’elemento critico di questo ragionamento?  È evidente che sia la fattibilità economica!  L’attuale momento di recessione economica globale, se pur con timidi segnali di ripresa, non garantisce alcuna sicurezza di investimento né privato, né tantomeno pubblico per questa tipologia di funzioni.  In questo momento non temo smentita nel dire che se non è l’Università che investe, l’area ex Cofa è destinata a rimanere congelata per molti altri anni. E allo stesso modo mi sento di dire che se l’Università va via da viale Pindaro, tutta l’area di Porta nuova ne risentirebbe negativamente.  Anche se fosse sostituita dalla Regione, che ha altri flussi di utilizzatori e altre fasce orarie di utilizzo.
  3. Dal punto di vista degli Enti locali.  E infine quali ragioni spingono la Regione Abruzzo a scambiare le aree con l’Università per soddisfare le reciproche esigenze di ampliamento e concentrazione?  Le tipologie degli edifici del Polo Pindaro sono adeguate alle esigenze dell’Ente regionale?   L’Amministrazione comunale di Pescara (prima ho parlato di Città di Pescara, c’è una sottile differenza) in questa vicenda non ha il “portafoglio”, ma ha un ruolo centrale perché “da le carte”: l’iter autorizzativo.  Il Comune sa perfettamente che, se non investe l’Università, l’area ex Cofa è destinata a rimanere defunzionalizzata per chissà quanto tempo ancora.  Però ha capito anche l’importanza della vocazione pubblica e attrattiva dell’area.  Per questo (almeno leggendo sui giornali il dibattito politico) tenderebbe a volere la “botte piena e la moglie ubriaca”: un po’ di Università all’ex Cofa, però un po’ anche in viale Pindaro; la Regione a Pindaro, però altre attività attrattive legate al turismo all’ex Cofa; volumetrie che richiamino investitori all’ex Cofa, però anche ampi parchi pubblici, etc.  Ma attenzione: è proprio il pot-pourri di idee che bisogna evitare!   Bisogna avere un’idea di città, una strategia di futuro e perseguirla con coerenza!

CONCLUSIONI (finalmente direte voi…)

Qui ritorno schematico.

  1. Bene ha fatto il Rettore a sottolineare la necessità di ampliamento del Polo universitario di Pescara. Ricordiamoci che la precedente amministrazione aveva ridimensionato il progetto di ampliamento del Polo Pindaro riducendolo alla sola Biblioteca.
  2. Bene ha fatto il Rettore a guardarsi intorno per valutare le diverse possibilità di ampliamento che offre il mercato. Ha fatto quello che farebbe un buon padre di famiglia che di fronte alle necessità di comperare una nuova casa, riflette se gli conviene ampliare l’appartamento che già possiede ricavandone alcune stanze in più, oppure comperarne uno nuovo più grande in un’altra parte della città.
  3. Ora però il Rettore deve passare dalle enunciazioni ai fatti e farsi promotore di un’idea strategica (un master plan) di sviluppo edilizio, non decidendo da solo, ma facendosi supportare da esperti nell’analisi costi/benefici di tutte le opzioni; sono necessarie attente verifiche di fattibilità tecnica, economica, sociale.  Poi bisogna portare la discussione negli organi deputati, Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione, e nei Dipartimenti pescaresi chiamati in causa in prima persona.
  4. È inoltre necessario condividere un percorso di partecipazione con tutte le forze attive sul territorio (sociali, economiche, culturali, etc). È chiaro che l’Università non ha nessuna convenienza a forzare la mano su una specifica soluzione, se la stessa dovesse comportare evidenti reazioni di contrasto in città.  Guidare questo percorso di partecipazione però è compito del Comune, non certo dell’Università.
  5. L’Università ha fatto quello che doveva fare, guardarsi intorno per capire come soddisfare la sua esigenza di spazi. Ora deve decidere una volta per tutte dove sia opportuno investire i propri sforzi, non solo economici, in piena sintonia con la città.  Perché il potenziamento delle strutture universitarie, a cominciare dalla realizzazione della Biblioteca, è un obiettivo strategico decisivo per il futuro non solo dell’Università G. d’Annunzio, ma di tutto l’ambito geografico metropolitano abruzzese.

Il mio orientamento, alla fine di queste riflessioni è chiaro: trasferire il Polo Universitario di Pescara all’ex Cofa? NO, grazie!  Bisogna ridurre al minimo e, laddove possibile, rinunciare a qualsiasi impegno economico inerente all’ampliamento del patrimonio edilizio UdA su aree diverse da quelle di proprietà attigue a quelle esistenti.  Portare in discussione, negli organi accademici, prima una delibera quadro che sancisca i principi (l’idea di sviluppo) e poi un programma edilizio dettagliato, Master Plan per la riqualificazione del Campus di Chieti e del Polo di Pescara (aggiornamento del “Nuovo Pindaro”).  Infine una volta condiviso il progetto complessivo di sviluppo, bisogna programmare un’attuazione per stralci funzionali ogni qualvolta il nostro bilancio ce lo consenta o ogni qualvolta si presentino risorse straordinarie, senza più farci distrarre dalle “sirene” di proposte – pur allettanti – che però non rientrano in questo disegno strategico.

Area ex Cofa zenitale
Polo Pindaro zenitale
06 - Panoramica aree ex Cofa
Progetto "Nuovo Pindaro" completo
Planimetria generale Nuovo Pindaro - visione notturna
Biblioteca - Planimetria (i settori 7, 8 e 9 sono il sedime dove dovrebbero sorgere gli edifici delle aule dei dipartimenti)
Progetto "Nuovo Pindaro: la Biblioteca
Biblioteca - Ingresso
Biblioteca Visione notturna lato piazza
Biblioteca - vista dall'interno
Biblioteca - Ingresso
Biblioteca - Piano terra
Biblioteca - sezione longitudinale
Biblioteca - Sezione longitudinale

Rassegna stampa del 13-14 novenbre 2019

Il Messagero 14 novembre 2019
Il Centro 14 novembre 2019
MaPerò - Blog di Lilli Mandara
Rete8 14.11.19
TG£ Abruzzo 14.11.19

Rassegna stampa del 30 novembre 2019

Il Centro 30.11.19

Rassegna stampa del 12-13 dicembre 2019

Il Messaggero 13.12.2019
Il Centro 13.12.2019
MaPerò - Blog di Lilli Mandara
16 Settembre 2019

UNIVERSITA’ & HABITAT SOSTENIBILE | ECOMOB 2019

Si è appena concluso EcoMob 2019, l’Expo di cultura ecosostenibile che si è tenuto a Pescara dal 13 al 15 settembre 2019 presso gli spazi espositivi del Porto turistico.

Il Dipartimento di Architettura dell’Università G. d’Annunzio ha partecipato con un suo stand dove ha organizzato un programma di iniziative scientifiche tese a illustrare le sue attività didattiche e di ricerca.

Non sono mancati i momenti ludici come il gioco delle eco-costruzioni per bambini che avuto un tale successo che stiamo pensando addirittura di brevettarlo (lo rifaremo sicuramente alla Notte dei Ricercatori il 27 settembre!).

E’ stata anche l’occasione per presentare in anteprima l’ultimo nato nell’offerta didattica del Dipartimento: il nuovo corso di laurea in fase di attivazione (l’inaugurazione è prevista nell’a.a. 2020-21) sui cambiamenti climatici e sulle tematiche ecologico ambientali connesse ai processi di trasformazione delle città e dei territori.

L’interesse su questi temi sta finalmente uscendo dalle aule universitarie e dai laboratori di ricerca e sta interessando sempre di più il mondo della produzione e dei media.  Basta dare un’occhiata alle mille novità esposte in Expo dai produttori di bici elettriche o altri mezzi di trasporto urbano ecologico.

Siamo sempre più convinti che questa sia la strada da percorrere e che il sistema Universitario abbia il ruolo importantissimo di diffondere la cultura della sostenibilità, formando nuove generazioni di tecnici in possesso di competenze multidisciplinari sulle tematiche ambientali e sui rischi ad esse connessi, a cominciare da quello globale dei cambiamenti climatici.  E soprattutto siamo convinti che l’Università abbia il compito educare nuove generazioni di cittadini rispettosi dell’ambiente e consapevoli dell’importanza delle proprie azioni.

“Stay tuned” con il nuovo corso di laurea in Scienze dell’habitat sostenibile!!

5 Aprile 2019

10 ANNI FA… L’AQUILA

10 anni fa, nel cuore della notte, tutti noi che viviamo in Abruzzo ci siamo svegliati di soprassalto catapultati in uno dei peggiori incubi che possano capitare… la percezione di essere impotenti di fronte a qualcosa enormemente più grande di te. La sensazione destabilizzante che stia finendo il mondo che conosci, dove la tua casa è il tuo rifugio. Tutto si muove, anche quello che non è possibile che si possa muovere… E poi quel rumore agghiacciante, mai sentito prima, di mura che stridono. In quell’eternità di poche decine di secondi, l’istinto ti guida: i più fortunati si precipitano dai figli piccoli, dagli affetti più cari, tentando di proteggerli. I più sfortunati…

Questo è il mio racconto da Pescara, dove le case bene o male sono rimaste in piedi; pensate a L’Aquila… al buio, alla confusione, alla polvere delle macerie negli occhi e nei polmoni. E senti urlare, ma non sai da dove. E senti freddo perché un attimo prima eri sotto le coperte.

Non voglio scrivere nulla di più in questo post, solo fermarmi e ricordare.

22 Giugno 2018

“LE CITTA’ COME I SOGNI SONO FATTE DI DESIDERI E DI PAURE” … La Strada Parking di Pescara

La vicenda trentennale

Trent’anni fa la dismissione della vecchia linea ferroviaria che tagliava in due la città donò a Pescara un’opportunità meravigliosa: disporre del vecchio tracciato ferroviario per un utilizzo pubblico. La nuova strada che si venne a realizzare fu denominata “Via Castellamare Adriatico”, ma tutti la ribattezzarono “Strada Parco” per la rigogliosa presenza di piante ed alberi ai suoi lati, ma soprattutto per il ruolo identificativo che venne fin da subito ad assumere, diventando meta privilegiata di pedoni, ciclisti, anziani e bambini.  Come in una metamorfosi ovidiana la linea che divideva si stava trasformando nell’asse che unificava.

La vicenda si cominciò a complicare, quando nei primi anni novanta le amministrazioni comunali di Silvi, Città S. Angelo, Pescara e Francavilla ottennero un finanziamento di circa 60 miliardi di lire per la realizzazione di un sistema metropolitano di filobus pubblici su sede protetta e la Strada Parco fu individuata come possibile tracciato. È in quel momento che iniziarono le prime manifestazioni di dissenso da parte dei cittadini che in breve tempo si organizzarono in comitati allo scopo di opporsi al progetto. Il conseguimento del finanziamento e le successive modifiche al progetto originario, determinate in parte da oggettive condizioni di irrealizzabilità e in parte dalle proteste dei cittadini, diedero luogo ad una successione di scelte amministrative che alla prova dei fatti si sono rilevate inefficaci se non addirittura contraddittorie, prova ne sia che dopo trent’anni la questione della Strada Parco è ancora aperta.

Sarebbe interessante sgomberare il campo dai pregiudizi e analizzare scientificamente i motivi che hanno trasformato l’acquisizione di un finanziamento pubblico da un fattore di merito ad un problema collettivo, generando un forte effetto NIMBY e determinando un impasse politico che da allora è divenuto una costante spina nel fianco delle amministrazioni pubbliche di ogni colore che si sono succedute in città.  E’ come se il complesso iter amministrativo per l’ottenimento del finanziamento avesse gradualmente allontanato le soluzioni ideali (da un punto di vista sociale), dalle soluzioni possibili (da un punto di vista tecnico-politico), facendo rientrare questo caso di studio tra gli esempi poco virtuosi di utilizzo di fondi pubblici.

Oggigiorno le questioni sul tappeto sono almeno due: l’utilizzo della strada parco nell’immediato ed il suo ruolo nel sistema urbano di mobilità sostenibile nel medio-lungo periodo.

Strada Parking?…

Come ogni anno con la stagione estiva gli amministratori pubblici pescaresi sono chiamati a dare una risposta su come soddisfare la bulimia di parcheggi per raggiungere gli stabilimenti balneari soprattutto da parte dei residenti nella cintura collinare metropolitana.  L’amletico dubbio è sempre lo stesso: utilizzare o meno la strada parco come parcheggio estivo a pagamento.  I proprietari degli stabilimenti balneari spingono verso questa soluzione; i comitati della strada parco e le associazioni ambientalistiche si oppongono. Siccome ambedue le fazioni rappresentano bacini elettorali consistenti, gli amministratori non sanno che pesci prendere. Ed è proprio questo il punto: avere chiare le idee sul modello di città che si vuole perseguire.

E’ evidente che non ci possano essere soluzioni ottimali in assoluto, ma che la bontà delle decisioni sia in relazione alle priorità che si vogliono assumere.  Si ha come obiettivo facilitare l’accessibilità dell’auto privata ai principali poli di attrazione economica della città? Allora va bene la “strada parking”!  Si vuole perseguire un’idea di città ecosostenibile basata su un sistema di “soft mobility”? Allora le auto sulla strada parco non sono accettabili!  In ambedue le opzioni però bisogna comprendere bene vantaggi e svantaggi, progettare soluzioni sistematiche adeguate (a breve e a lungo termine) e operare uno sforzo comunicativo che possa far comprendere le strategie adottate contribuendo a modificare le abitudini e i comportamenti dei cittadini.  Ma soprattutto bisogna pensarci in tempo e non considerare il problema solo in fase emergenziale (che anche quest’anno sarebbe arrivata l’estate penso si potesse prevedere…!).

… No grazie!

La mia posizione personale sull’argomento, è netta: ritengo un errore trasformare la strada parco in un parcheggio, seppur temporaneo, perché significa non aver compreso l’enorme fortuna che ci è capitata a seguito della defunzionalizzazione del vecchio tracciato ferroviario.  Pescara e Montesilvano  grazie a quella dismissione si sono trovate in mano – come fosse piovuto dal cielo – un corridoio ecologico potenziale di livello internazionale paragonabile ad altri esempi di greenway europee.  Se si hanno esigenze, comprensibilissime, di aumentare la dotazione di parcheggi estivi per facilitare un bacino di utenza che va ad alimentare le attività economiche balneari, si possono mettere in campo soluzioni alternative.  Mi pare che alcune proposte in tal senso ci siano state, ad esempio quella di organizzare un servizio di bus navetta (meglio sarebbe se fossero elettrici e di piccole dimensioni… ma per adesso accontentiamoci!) che percorrendo la strada parco in un’unica direzione di marcia da sud a nord formino un anello con il lungomare collegando le spiagge ai parcheggi scambiatori (in primo luogo la aree di risulta della stazione, ma io direi anche i parcheggi delle Naiadi, quello della Stella Maris e del cinema multisala di Montesilvano, e forse anche altri).  Ci si potrebbe addirittura spingere oltre e dire che si potrebbe pensare che il senso unico di percorrenza dell’anello dei bus navetta potrebbe invertirsi nell’arco della giornata in ragione dell’origine-destinazione dei flussi di traffico, per aumentare la velocità commerciale del servizio… ma non esageriamo.  In ogni caso ciò consentirebbe alla strada parco di poter mantenere il suo ruolo primario di corridoio verde per pedoni e ciclisti garantendo al tempo stesso la possibilità di un trasporto pubblico adeguato e compatibile con le caratteristiche del tracciato.

Desideri e paure

Vi invito a seguirmi in un ragionamento.  La risposta tradizionale alla richiesta di migliorare l’accessibilità ai centri urbani è sempre stata l’aumento dell’offerta di infrastrutture:  più strade, più parcheggi.  In questo modo le politiche urbanistiche italiane hanno governato il boom economico del dopoguerra dando inizio alla stagione delle grandi opere infrastrutturali e dei grandi piani di espansione delle città.  Oggigiorno però le condizioni sono radicalmente cambiate e l’equazione “più infrastrutture = meno traffico” non torna più!  Ci si è resi conto che superata una certa soglia nell’utilizzo dell’auto privata, la necessità di infrastrutture non aumenta più in modo lineare, ma in modo esponenziale e quindi la corsa al soddisfacimento della domanda può diventare una corsa surreale che vede continuamente spostarsi in avanti la linea del traguardo.  In pratica una maggiore disponibilità di infrastrutture e di parcheggi induce un maggior utilizzo dell’auto privata: il gatto che si morde la coda!

La maggiore sensibilità verso le tematiche ecologico ambientali, la grande sfida alle cause dei cambiamenti climatici, i costi (non solo in termini economici) dei sistemi di mobilità tradizionale, hanno reso necessario un cambio di paradigma nei trasporti e nelle modalità di accesso della maggior parte delle capitali occidentali.  A Copenhagen, Amsterdam, Strasburgo i sistemi alternativi pubblici e privati per il tragitto casa-lavoro sono di gran lunga più diffusi dell’utilizzo dell’auto privata.  A nessun abitante di NY verrebbe in mente di andare a Manhattan in auto!  A Londra si progettano grattacieli come lo Shard di Renzo Piano che attraggono decine di migliaia di persone al giorno, ma non prevedono posti auto.

E’ ovvio che ciò sia possibile perché in queste città vi è un servizio pubblico di trasporto performante e vi sono reti ciclopedonali integrate che possono effettivamente considerarsi concorrenziali all’utilizzo del mezzo di trasporto privato.  Ma l’esperienza ci dice che questi modelli (che sono culturali prima ancora che infrastrutturali) saranno molto probabilmente adottati anche da noi: è solo una questione di tempo e di ricambio generazionale.  Perché ciò sia possibile è necessario però che fin da ora i  sistemi di trasporto pubblico siano incentivati e al tempo stesso sia disincentivato l’utilizzo dell’auto privata.  I comportamenti virtuosi devono essere indotti da politiche virtuose capaci di attenuare le iniziali resistenze al cambiamento insite nella natura umana attraverso alternative valide, strategie convincenti e campagne comunicative efficaci.

Insomma… anche in questo caso siamo chiamati ad un salto culturale, non certo indolore, rispetto a dei comportamenti consolidati.   Ma come scriveva Calvino “le città come i sogni sono fatte di desideri e di paure, che noi possiamo affrontare avendo ben chiara la meta da raggiungere!  E qui – ahimè – ritorniamo al punto di partenza: quale idea di città vogliamo perseguire?

Nell'immagine di copertina: la "strada parking" in versione estiva. Qui sopra la strada parco come si presenta normalmente.
La strada parco in una insolita veste invernale con la neve.
Il Messaggero 30.06.18
www.primadanoi.it - 25.06.18
10 Maggio 2018

INDAGINE DELLA GUARDIA DI FINANZA SUI DOCENTI DI ARCHITETTURA E INGEGNERIA

Si è conclusa proprio in questi giorni l’indagine della Guardia di Finanza in tutto il territorio nazionale sugli incarichi extra istituzionali dei docenti delle Facoltà italiane di Architettura e Ingegneria.  Il Dipartimento di Architettura di Pescara ha avuto 11 docenti sottoposti ad accertamenti al termine dei quali non è stato contestato nessun illecito (solo un vizio procedurale per un docente).

Desidero pubblicamente ringraziare la Guardia di Finanza che ha svolto il suo compito con grande professionalità e circospezione. Gli accertamenti del rispetto delle regole sono alla base di una società civile e democratica, per cui ben vengano: le nostre porte saranno sempre aperte!

L’occasione mi induce nel contempo a manifestare la mia preoccupazione per il clima di diffidenza e denigrazione che in questi anni stiamo registrando nei confronti del mondo della scuola, dell’università e della cultura in generale. La figura del professore negli ultimi decenni ha perso progressivamente autorevolezza nella società italiana: prova ne siano i livelli stipendiali – tra i più bassi d’Europa – o gli episodi di bullismo e di aggressione fisica a danno dei professori che le cronache di questi giorni stanno portando alla luce.

Ed è per questo che, per quanto riguarda lo svolgimento di attività extraistituzionali da parte dei professori universitari, tengo a ribadire che non è solo un diritto dei docenti poterle svolgere – nelle forme sancite dalla legge – ma è anche un loro dovere scientifico!  Come possono insegnare materie così professionalizzanti come l’Architettura e l’Ingegneria, se non hanno la possibilità di sperimentarle sul campo?

Provate a pensare ad un’altra scienza, la medicina: sareste contenti se vostro figlio, studente di chirurgia, avesse dei docenti che non sono mai entrati in una sala operatoria?

Il Centro 09.05.18
3 Aprile 2018

METAMORFOSI URBANE: DALLA CITTA’ POST-INDUSTRIALE ALLA CITTA’ DIGITALE

Quando sono stato invitato a Sulmona a tenere una conferenza in occasione delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Ovidio, confesso di aver titubato, non essendo io uno studioso di letteratura classica, tantomeno un’esperto di Publio Ovidio Nasone.  L’argomento però – “Le metamorfosi” – era talmente affascinante che non ho resistito.

Il tema della metamorfosi è stato certamente sublimato da Ovidio nei 15 libri del suo poema epico mitologico, ma è un tema universale che ha attraversato la storia della letteratura da quella classica greca e romana, (come non citare l’episodio della maga Circe che trasforma in porci i compagni di Ulisse nell’Odissea di Omero) fino ad arrivare ai grandi autori del 900: Kafka (Gregor Samsa che una mattina si sveglia scarafaggio), Roth (il prof. Kepesh che all’improvviso si ritrova trasformato in un enorme seno), Collodi (Pinocchio che da pezzo di legno diventa burattino per poi trasformarsi in asinello ed infine in bambino), etc.

Essendo io architetto urbanista, studioso di politiche territoriali, il tema ovidiano della metamorfosi non può che condurre il mio pensiero alle metamorfosi urbane, i processi di trasformazione della città intesa come un organismo vivente che si modifica nel tempo cambiando forma, contenuti, relazioni; a volte espandendosi, altre volte contraendosi; a volte in modo ordinato, altre volte in modo caotico; ma sempre reagendo a sollecitazione esterne che provengono dalla società coeva.

Di questo ho parlato l’altro giorno al Piccolo Teatro di Sulmona: un breve excursus dalla città post industriale alla città digitale, sempre tenendo vivo il filo del ragionamento sul parallelismo con il poema epico mitologico di Ovidio.

Devo dire che mi sono divertito!  Spero che anche il pubblico abbia trascorso una serata piacevole.

Irene d'Orazio presidentessa dell'Associazione ARES organizzatrice dell'evento
Il benvenuto del Sindaco di Sulmona A. Casini
Il prof. Giannantonio introduce la conferenza
Paolo Fusero conferenza sulle "Metamorfosi Urbane" - Piccolo Teatro di Sulmona
La locandina della conferenza
L'AltrOvidio_Conferenza Prof. Paolo Fusero

In diretta dalla conferenza del Prof. Paolo Fusero "Metamorfosi urbane. Dalla città postindustriale alla città digitale", sesto appuntamento della rassegna culturale #LAltrOvidio.

Pubblicato da Associazione ARES "Antonio Pelino" su Venerdì 2 febbraio 2018
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